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DAX VIVE NELLE LOTTE – Murales&Aperitivo

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Ricordare è necessario per riaffermare la verità su quella notte, per ribadire che chi ha compagni non muore mai.

Domenica 15 marzo – ore 18:30

Proiezioni, murales e aperitivo per ricordare “Dax” Davide Cesare, ucciso a morte in un agguato fascista.

Nella notte tra il 16 e 17 marzo 2003, verso le 23,00 in via Brioschi, a Milano, zona Navigli, tre ragazzi escono da un pub, il “Tipota“, uno dei tanti locali frequentati dai giovani che popolano la quotidianità di questa fetta di metropoli; ad aspettarli fuori un gruppetto di neofascisti, il padre e i due figli, armati di coltelli, sono Federico, Mattia e Giorgio Morbi (28, 17 e 54 anni all’epoca del fatto), elementi già conosciuti dai compagni del quartiere. L’aggressione si rivela violenta e veloce, ma soprattutto premeditata, nel tipico stile mafioso con cui sono soliti rispondere a quelle che ritengono “offese all’onore”: quelle di chi da sempre lavora contro razzismo e ignoranza, quelle di chi si oppone in prima persona al ritorno di ideologie che su questi sentimenti pongono le loro basi. Alla fine Davide Cesare, “Dax”, rimane a terra, riceve dieci coltellate: colpito alla gola, alla schiena e in altri punti vitali, cade al suolo. Anche una volta a terra, continuano ad infierire su di lui. Vicino a Dax, c’è Alex, che viene accoltellato otto volte alla schiena. Anche lui rimane a terra. Un terzo ragazzo, Fabio, è ferito. Tutto si svolge in pochi secondi e dopo aver colpito vigliaccamente, i tre aggressori si dileguano.

Partono le chiamate e dopo poco arrivano anche polizia e carabinieri, che bloccano le strette stradine di via Broschi con le auto di pattuglia, (come testimoniato dai video reperibili facilmente in rete) contribuendo così al ritardo delle ambulanze, bloccate nel traffico, mentre i ragazzi feriti restano a terra. Segue la corsa all’ospedale San Paolo. Sulla prima ambulanza viene caricato Dax, dopo qualche minuto anche Alex viene trasportato al Policlinico. Operato d’urgenza ai polmoni, si salva per miracolo, Dax non ce la farà, morirà dissanguato prima di arrivare in ospedale.

Nel frattempo tra i compagni partono le telefonate per raggiungere i loro amici in ospedale, già presidiato dalle forze dell’ordine in tenuta antisommossa. Una ventina di ragazzi si raduna all’interno del pronto soccorso aspettando notizie. Poi l’annuncio: Dax non ce l’ha fatta. La rabbia, il dolore, l’amarezza per quanto accaduto si fa palpabile. Nel frattempo si moltiplica, dentro e fuori al pronto soccorso, la presenza delle forze dell’ordine. La tensione è altissima.

Le forze dell’ordine, che fino ad allora avevano presidiato l’ospedale, fanno partire una violenta carica, il questore di allora Vincenzo Boncoraglio cercherà di giustificare il pestaggio affermando che la carica fu fatta “per riportare la calma tra i giovani che sia pur in un momento di dolore hanno occupato il pronto soccorso”. Come riportano le testimonianze dei presenti “sono lunghi minuti di pura violenza poliziesca, durante i quali gli agenti, con manganelli, calci, pugni e mazze da baseball, si accaniscono sui ragazzi, spaccando teste, nasi, denti, braccia. Pestaggi, ragazzi immobilizzati a terra, ammanettati, sanguinanti“ trascinati nelle auto dei carabinieri.

I medici e gli infermieri si mobilitano per soccorrere i feriti, increduli e attoniti di fronte a questa ferocia. A farne le spese oltre ai ragazzi anche i cittadini che si trovavano al momento all’interno dell’edificio. Il professor Marco De Monti, chirurgo vascolare, era di guardia al Pronto Soccorso. Con lui, l’infermiere professionale Alfredo Cavasin: «Io ero qui dentro, impegnato nel disperato tentativo di vedere se ci fosse ancora qualcosa da fare per quel giovane, che l’équipe dell’auto medica aveva intubato sul luogo del ferimento. Ma purtroppo era già morto quando è arrivato. Presentava una profonda ferita sulla destra del collo, appena sotto la nuca, un altro colpo di arma da taglio al torace, e numerose coltellate alla schiena. Non ho visto cosa succedeva fuori. Posso soltanto dire che ho sentito urla e rumori che provenivano dal viale d’accesso al Pronto Soccorso, poi altre urla più vicine, e i rumori di un grosso tafferuglio». Dopo aver tentato inutilmente di rianimare Davide Cesare, hanno curato il ferito portato in ambulanza («Una coltellata a livello del rene destro, ma l’ecografia ci ha dimostrato che era superficiale, e abbiamo potuto dimetterlo»). Poi è iniziato l’incredibile. Raccontano: «Invocando aiuto, hanno cominciato ad entrare dall’atrio persone insanguinate. Era sangue fresco, botte appena prese. Abbiamo medicato sette giovani, e un vigilante dell’ ospedale. C’erano due giovani con il naso rotto. Uno è stato ricoverato, per essere operato in chirurgia maxillo-facciale».

Gli abitanti delle vicine case di via San Vigilio sono abituati alle sirene delle ambulanze e delle forze dell’ordine. «Ma questa volta erano tante, troppe. Ci siamo affacciati e abbiamo contato non meno di una trentina di automezzi, tra polizia e carabinieri. C’era un fuggi-fuggi, con una settantina di persone che scappavano e agenti che le inseguivano». L’obiettivo è chiaro: reprimere preventivamente le possibili risposte collettive all’omicidio fascista. «È stata una mattanza», racconta qualcuno. Perché i giovani sarebbero stati manganellati con i calci dei fucili, gettati in terra, malmenati. La verità avrebbero potuto dirla le telecamere a circuito chiuso, ma non erano in funzione. E c’erano gli altri pazienti (tra cui una ragazzina), spaventatissimi. Con grande professionalità, medici e infermieri li hanno rassicurati, spostandoli nell’area pediatrica. Al 118 è stato segnalato che il Pronto Soccorso veniva chiuso per tutta la notte. Ma molte altre sono le testimonianze, come il comunicato dell’USI SANITA del 17 marzo 2003 sui tragici fatti della notte del 16 marzo e sui pestaggi effettuati dalle forze dell’ordine all’interno del pronto soccorso dell’ospedale San Paolo.

I giorni successivi si mette in moto la macchina della disinformazione. Questura e giornalisti tentano di ridurre i fatti a una banale ‘rissa tra balordi’, nascondendo la matrice politica dell’accaduto. Per legittimare le brutalità poliziesche avvenute dentro al pronto soccorso, sempre il questore Boncoraglio dichiara che gli agenti erano stati costretti a intervenire per impedire “che i giovani portassero via la salma dell’amico”. Fin da subito è stato necessario per i compagni di Dax difendere e riaffermare la verità

Olly Riva a sostegno della Palestra Popolare

Sono passati ormai 11 anni dall’ultima volta che gli Shandon di Olly Riva si esibirono a Catania con tutta la forza del loro ska/punk rock melodico che li ha resi celebri. Questa volta Olly viene a festeggiare i suoi 22 anni di onorata carriera artistica cominciati con il punk dei Crummy Stuff, lo skacore degli Shandon passando per lo swing del progetto Olly Meets The Good Fellas e negli ultimi anni il rock’n’soul dei The Fire e Olly Riva & the SoulRockets. Accompagnato alla chitarra da Jack Giacalone Il duo eseguirà in chiave acustica i migliori arrangiamenti del repertorio delle sue band per una serata densa di vibrazioni punk rock, soul e rock’n’roll.

Ad riscaldare le vostre orecchie ci pensa Antonio pulvirenti classe 81. Uno dei selezionatori /dj alternativi più apprezzati delle nostre zone. Ha collaborato con organizzazioni del calibro d Barbara Disco Lab,Virgin Radio,Blow Rock,Chiave,Krossover ecc ecc!!

I proventi della serata andranno a finanziare la neonata Palestra Popolare Catania.

La Palestra Popolare Catania è un progetto del Collettivo Aleph ed è situata all’ interno dei locali del Cento Sociale Auro.
E’ un progetto di sport dal basso, totalmente autofinanziato, non mira al profitto ma valorizza sport, aggregazione, comunità.
E’ aperta a tutti i sessi e tutte le età.
E’ antifascista e ripudia ogni forma di razzismo e omofobia.

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“Expo tra inganni e sfruttamento”

Anche quest’anno il Koordinamento AutoOrganizzato Studentesco organizza un ciclo di seminari, che puntano a rendere il mondo della formazione un luogo di autoformazione, in cui ogni studente può realmente decidere cosa sapere!

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“Expo tra inganni e sfruttamento” – Monastero dei Benedettini, aula A7 – Giovedì 12 marzo ore 11:00

“Nutrire il pianeta, energia per la vita”: com’è possibile coniugare Nestlè e diritto all’acqua, Mc Donald’s e diritto al cibo, le multinazionali dell’agribusiness e i piccoli agricoltori del sud del mondo? A poco meno di due mesi dall’apertura dei cancelli di Expo 2015, andremo a decostruire la finta retorica ambientalista ed etica per scoprire qual è il vero volto di questa fiera, che si rivela ogni giorno che passa come la vetrina per quellle mutinazionali che contribuiscono da decenni a devastare il pianeta.
Una retorica che permette al nuovo capitalismo green di presentarsi con parole vicine alle istanze ambientaliste e animaliste per coprire uno sfruttamento sempre più profondo e ingannevole della Terra, degli animali e degli esseri umani. Un linguaggio tanto ingannevole da far passare come “volontariato” quelle che in realtà sono vere e proprie prestazioni lavorative non retribuite e che saranno la reale struttura occupazionale su cui si svolgerà la fiera.

Ne parleremo con:
Francesca Sparta, attivista antispecista che si occupa da anni di ecologismo e liberazione animale. Ha partecipato alla scrittura del dossier sui partner di Expo Slow Food, Coop Italia e Eataly “Nessuna faccia buona, pulita e giusta a Expo 2015” http://boccaccio.noblogs.org/…/dossier-A5-con-pagina-bianca… uscito a Maggio 2014 e ad altri articoli sullo stesso argomento e sullo sfruttamento degli animali e del pianeta.

Tra mimose e cesoie: il nostro otto marzo No MUOS

Una giornata piena quella di oggi a Niscemi, che fin dalla mattina ha visto una Piazza Emanuele III piena di bandiere no MUOS e non solo. Tanti infatti gli interventi e tanta la voglia di mettersi in gioco dopo la sentenza del TAR. Dopo l’appuntamento in piazza, velocemente ci si sposta al presidio no MUOS in Contrada Ulmo, luogo del concentramento del corteo. Poco dopo le 15.30, il corteo parte e si avvia verso la base della marina militare. In centinaia si sfila, in un pomeriggio che sembra essere pieno di divieti: quello della questura, che ha deciso che il corteo non può avvicinarsi a meno di 150 metri dal cancello principale della base; quello del meteo, che sembra non essere molto a favore. Eppure, nonostante ciò, il corteo continua e determinato si avvicina alla base. Prima di arrivare al cancello principale, due bambocci raffiguranti Obama e Renzi vengono bruciati, simboli entrambi di un nemico che rende le persone presenti unite nel gridare “No al MUOS, no alla guerra!”.

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Rogo dei bambocci di Renzi e Obama
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Corteo verso la base

Con una base blindata e difesa da molte forze di polizia italiana all’interno, il corteo arriva fin davanti l’ingresso principale. Qui, mentre un gruppo di mamme no MUOS riempie il grigio e triste cancello uno con moltissime mimose colorate, un altro gruppo di donne no MUOS non distanti taglia simbolicamente la rete della base, nonostante l’intervento della polizia presente all’interno della stessa.

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Base blindata
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Nei pressi del cancello 1
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Verso il taglio delle reti
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Mimose al cancello 1

La giornata di oggi è stata una giornata piena: contro la pioggia e contro i divieti, il corteo in Contrada Ulmo ha prima di tutto risposto ad un’esigenza, quella di coniugare la lotta contro il MUOS e quella che molte donne, ogni giorno, intraprendono nella loro vita. Non è un giorno o un corteo che cambiano le sorti della nostra terra, così come non basta un solo giorno – come l’otto marzo – o un solo corteo per riscattare la figura femminile. Non viviamo in questa illusione e non vogliamo lanciare questo messaggio. Siamo molto soddisfatte della giornata di oggi, ma non può bastarci.

Quando abbiamo accostato l’immagine delle compagne dello YPJ e quella delle mamme No MUOS, lo abbiamo fatto perché ci sono delle cose che caratterizzano entrambe le esperienze di resistenza: la volontà di liberazione, la passione e la dura costanza, legate tutte da un grande amore per la libertà. Questo otto marzo ci è servito proprio per ricordare, prima a noi e poi ad altri, che passione, costanza e volontà sono elementi imprescindibili per ogni tipo di lotta, sia essa per la smilitarizzazione del territorio, sia essa per l’autodeterminazione di ogni popolo e ogni donna.

Torniamo a casa infreddolite dalla pioggia ma contente, perché se è vero che non basta un giorno o un solo corteo per risollevare le sorti di tutte e tutti, è anche vero che oggi a Niscemi c’era tanta passione e soprattutto tanto amore per quella libertà ancora tutta da conquistare.