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Contro Crocetta e il PD

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Ieri, nella ricorrenza della rivolta del Vespro, siamo scesi in piazza contro Crocetta ed il PD. 

Ieri, come tante altre volte, abbiamo deciso di schierarci in maniera netta a difesa dei territori.                    

Essere e sentire la Sicilia come comunità, come soggetto ferito ma in lotta, è oggi necessario per chi, come noi, crede che i nodi di espressione più esplicita dei meccanismi di sfruttamento del capitale si palesino nella concretezza dei territori, per chi vede nella dimensione regionale un’arena di conflitto reale che non dimentica i processi di globalizzazione o gentrificazione ma li evidenzia nelle sue espressioni più palesi, più comprensibili.

Quella di Palermo è stata una piazza composita, piena e variegata, da attraversare per comprenderne la radicalità delle rivendicazioni. Contro un governo regionale bugiardo, che a promesse di rivoluzione ha sostituito miseria, tagli e svendita dei territori, sono scesi a manifestare tutti coloro i quali non vogliono più sentirsi schiavi di politiche percepite lontane, lontanissime nelle decisioni ma vicinissime negli effetti devastanti. Il corteo diretto a Palazzo d’ Orleans, sede della Presidenza della Regione, ha ben scandito gli infiniti atti del governo Crocetta e dei precedenti, tutti a discapito dei siciliani: tagli alla sanità, alla cultura ed al sistema scolastico, uso clientelare o approssimativo delle risorse.

Come Gela, Niscemi, Marsala, Comiso, Sigonella e tanti altri luoghi in cui ci siamo sentiti chiamati alla difesa dei territori, in cui abbiamo voluto, insieme a compagni da tutta la Sicilia, allargare le istanze e coltivare i conflitti, così ieri a Palermo abbiamo creduto in una risposta dal basso a questo governo fantoccio. Per noi che continuiamo a dire che andare via significa desertificare le proprie città, i propri territori e darla vinta a chi ci vuole sradicati e flessibili, manovrabili come le pedine della dama, pronti a partire senza colpo ferire, mettendo in discussione così la capacità di costruire rapporti, progetti durevoli di vita; per noi forse è più semplice pensarla così. Siamo attivisti e militanti di collettivi studenteschi, centri sociali, comitati di lotta per la casa, realtà più o meno organizzate e strutturate, e da tempo abbiamo imparato cosa significa condividere difficoltà, esigenze e bisogni. Molte scelte politiche a livelli di governo regionale e nazionale hanno, se non incentivato, nemmeno contrastato apertamente la desertificazione verso cui sta andando il Sud, il depauperamento delle sue risorse, lo svilimento del suo capitale umano. Insieme abbiamo capito che la messa in comune di esigenze e l’organizzazione della rabbia collettiva possono essere delle risposte, possono creare delle opportunità, altrettanto valide a quelle che spingono migliaia a partire. Questo e molto altro ci tiene legati alla nostra terra, questo e molto altro ci permette di credere che, in fondo, ha un senso rimanere, questo e molto altro ci permette di urlare a gran voce “Crocetta vattinni” ed affermare che il PD, come altri, rappresenta “criminalità organizzata” ai nostri danni.

Non è certo il tempo di facili sogni, ma di ricomposizione.

Un’ azione collettiva che si può conquistare solo nella pratica, fatta di scelte, errori e successi.

Laboratorio Sicilia? Sì, ma di resistenza.

12106857_403785293079328_5718053701883823231_n Circa un migliaio ieri le persone che a Marsala hanno sfilato dietro uno striscione che recitava “la Sicilia non è laboratorio di guerra”. L’ennesimo abuso della potenza statunitense ha portato in piazza movimenti, comitati e associazioni che hanno percorso le vie di Marsala in una manifestazione dalla composizione ricca e trasversale esprimendosi inequivocabilmente contro ogni guerra e militarizzazione dei territori. Ma i “mille” di ieri non sono scesi in piazza a Marsala per difendersi ma per rilanciare. Quello che la giornata del 31 ottobre ci lascia è la determinazione di una Sicilia che non è disposta ad essere l’ingranaggio di nessuna guerra, che non è disposta ad essere sfruttata e devastata da nessuno, non importa quanto lontano la cabina di regia della controparte e quanti muscoli possa mostrare. Dalla prospettiva privilegiata di chi le questioni territoriali prova a guardarle da dentro, scopriamo che ogni giorno di più ed ogni giorno più intensamente quest’isola è un laboratorio sì, ma di lotte. Lotte che nel territorio siciliano abitano e al territorio vogliono parlare.

Un laboratorio che può essere fucina di conflitti e che sarà tutto in espansione se sapremo cogliere ed attraversare le contraddizioni della nostra isola, con lo sguardo lungo all’orizzonte.

Contro il MUOS solo Resistenza!

Qualche mese fa la sentenza certamente positiva e il sequestro dell’impianto MUOS a Niscemi fecero sperare, anche se in maniera celata, molte persone, a Niscemi e non solo. Da parte nostra, per quanto sia stata una tappa certamente considerevole, l’entusiasmo non è mai stato troppo: a prescindere quindi dalle nostre convinzioni e prese di posizione, è la storia stessa del movimento che non ci ha resi particolarmente entusiasti della sentenza del TAR.

Pochi giorni fa, dopo mesi di attesa, udienze e rimandi, arriva la tanto attesa sentenza (non definitiva) del CGA che, appunto, ribalta la situazione. Non convinta degli studi fino ad ora fatti, dei chilometri di relazioni scritte da diverse parti, ha pensato bene di istituire un nuovo gruppo di “esperti” per valutare l’impatto delle antenne MUOS sul territorio circostante in diverse situazioni. Questo nuovo gruppo questa volta è formato da un esperto del CUN, uno del CNR e tre scelti dai Misteri dei Trasporti, Salute ed Ambiente. Inutile qui dilungarsi sul fatto che, naturalmente, la bontà e l’imparzialità di quello che uscirà nei prossimi mesi da questo nuovo gruppo è fortemente messa in discussione, semplicemente per la forte coesione tra governo italiano e statunitense in tema di difesa e politiche militari. Quindi su questo non ci soffermeremo. Tornando quindi alla faccenda della sentenza, non vogliamo nemmeno esordire con “lo sapevamo”, non è nel nostro stile e non fa parte del nostro modo di stare all’interno del movimento. Una cosa però è certa: se si pensava che uno spiraglio si fosse aperto, si sta rapidamente richiudendo. Quindi forse è arrivato il momento di capire come ritornare in piazza a parlare di guerra, devastazione del territorio, militarizzazione e quant’altro.

Non a caso quindi nella notte tra il 6 e il 7 settembre, un gruppo di attivisti ha deciso10407111_392259324231925_7564774225022425912_n di rispondere in maniera chiara alla sentenza del CGA. Diversi pezzi di rete sono stati tagliati in modo tale da costringere la marina militare a cambiare diversi metri di rete. Gesto simbolico (e nemmeno tanto) che fa pensare come la ripresa, per esempio, di azioni dirette di disturbo e (soprattutto) danneggiamento alla base sia necessaria.

Quando in tante e tanti abbiamo iniziato ad opporci al MUOS, nessuno pensava che sarebbe stato stato semplice lottare e vincere; avevamo tutti chiaro in testa che sarebbe stata una lotta di lunga durata, sulle spalle di attiviste e attivisti che raramente avrebbero avuto un supporto istituzionale reale e degno. Eccoci ancora qui quindi. Tornare indietro non si può, e nessuno ne ha intenzione.

11954670_392259277565263_2166071666606204872_nNaturale è stato, durante il taglio, appendere uno striscione in solidarietà agli arresti avvenuti nella notte precedente in Val di Susa a danno di alcuni notav. Dalla Valle all’Isola non solo la lotta non si arresta, ma la solidarietà non manca mai.

 

 

Tra mimose e cesoie: il nostro otto marzo No MUOS

Una giornata piena quella di oggi a Niscemi, che fin dalla mattina ha visto una Piazza Emanuele III piena di bandiere no MUOS e non solo. Tanti infatti gli interventi e tanta la voglia di mettersi in gioco dopo la sentenza del TAR. Dopo l’appuntamento in piazza, velocemente ci si sposta al presidio no MUOS in Contrada Ulmo, luogo del concentramento del corteo. Poco dopo le 15.30, il corteo parte e si avvia verso la base della marina militare. In centinaia si sfila, in un pomeriggio che sembra essere pieno di divieti: quello della questura, che ha deciso che il corteo non può avvicinarsi a meno di 150 metri dal cancello principale della base; quello del meteo, che sembra non essere molto a favore. Eppure, nonostante ciò, il corteo continua e determinato si avvicina alla base. Prima di arrivare al cancello principale, due bambocci raffiguranti Obama e Renzi vengono bruciati, simboli entrambi di un nemico che rende le persone presenti unite nel gridare “No al MUOS, no alla guerra!”.

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Rogo dei bambocci di Renzi e Obama
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Corteo verso la base

Con una base blindata e difesa da molte forze di polizia italiana all’interno, il corteo arriva fin davanti l’ingresso principale. Qui, mentre un gruppo di mamme no MUOS riempie il grigio e triste cancello uno con moltissime mimose colorate, un altro gruppo di donne no MUOS non distanti taglia simbolicamente la rete della base, nonostante l’intervento della polizia presente all’interno della stessa.

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Base blindata
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Nei pressi del cancello 1
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Verso il taglio delle reti
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Mimose al cancello 1

La giornata di oggi è stata una giornata piena: contro la pioggia e contro i divieti, il corteo in Contrada Ulmo ha prima di tutto risposto ad un’esigenza, quella di coniugare la lotta contro il MUOS e quella che molte donne, ogni giorno, intraprendono nella loro vita. Non è un giorno o un corteo che cambiano le sorti della nostra terra, così come non basta un solo giorno – come l’otto marzo – o un solo corteo per riscattare la figura femminile. Non viviamo in questa illusione e non vogliamo lanciare questo messaggio. Siamo molto soddisfatte della giornata di oggi, ma non può bastarci.

Quando abbiamo accostato l’immagine delle compagne dello YPJ e quella delle mamme No MUOS, lo abbiamo fatto perché ci sono delle cose che caratterizzano entrambe le esperienze di resistenza: la volontà di liberazione, la passione e la dura costanza, legate tutte da un grande amore per la libertà. Questo otto marzo ci è servito proprio per ricordare, prima a noi e poi ad altri, che passione, costanza e volontà sono elementi imprescindibili per ogni tipo di lotta, sia essa per la smilitarizzazione del territorio, sia essa per l’autodeterminazione di ogni popolo e ogni donna.

Torniamo a casa infreddolite dalla pioggia ma contente, perché se è vero che non basta un giorno o un solo corteo per risollevare le sorti di tutte e tutti, è anche vero che oggi a Niscemi c’era tanta passione e soprattutto tanto amore per quella libertà ancora tutta da conquistare.