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Da qui non uscirò, questa casa non la mollerò!

Oggi per il comitato di lotta per la casa CASAXTUTTI e per le famiglie in emergenza abitativa, che ormai da quasi un mese vivono all’interno della palazzina di via Calatabiano, è stata una lunga giornata di lotta.
Quando infatti alle 9 e 30 una volante di Polizia Municipale si è presentata sotto lo stabile, pretendendo di entrare all’interno per dei controlli alla struttura e per identificare tutti coloro che si trovavano all’interno della palazzina, la risposta che è arrivata dagli occupanti è stata forte e chiara: nessuno sarebbe entrato a casa loro.
E mentre sotto la palazzina un folto presidio di solidali bloccava l’ingresso della palazzina, le famiglie si sono barricate sul tetto della palazzina, per difendersi da un palese tentativo di sgombero, spacciato per un finto controllo di routine.
Poco più di mezz’ora dopo che gli occupanti si sono barricati sul tetto, sotto il palazzo sono arrivate quattro unità di Vigili del Fuoco accompagnati da parecchi agenti della DIGOS.
Niente di tutto ciò ha intimorito gli occupanti ed i solidali, che hanno continuato a resistere ribadendo la chiara volontà di non voler uscire dallo stabile e la necessità di avere una casa. Una situazione che chi lotta per la propria dignità, e per avere una casa, è abituato a subire da anni.
Come di consueto in certe circostanze, le istituzioni non si sono minimamente preoccupate di esprimersi sull’argomento ma hanno volontariamente ignorato la situazione, rendendosi perfino irreperibili per l’intera giornata, come nel caso dell’assessore Villari, il quale ha abilmente ignorato persino le chiamate dei giornalisti.
Nonostante tutto, la tenace resistenza non si è fermata e per oggi abbiamo avuto la nostra piccola vittoria: due Vigili del Fuoco, dopo più di due ore di trattative, sono stati accompagnati all’interno dello stabile per certificarne le condizioni di agibilità.sgombero
Il resoconto del sopralluogo è stato una brutta sorpresa per qualcuno: lo stabile è agibile, secondo gli stessi Vigili del Fuoco.
E quindi, dopo una mattinata di resistenza, gli occupanti hanno visto tutte le forze dell’ordine presenti smobilitarsi di fronte all’evidenza delle ragioni degli occupanti.
Solidali ed occupanti hanno festeggiato questa piccola vittoria, ben sapendo però che non è il momento di abbassare la guardia.
Nonostante i molti tentativi di dialogo con Comune e proprietari, non è ancora stata trovata una sintesi politica che possa garantire un tetto a queste famiglie, e quindi la loro lotta non è ancora finita, ed oggi ce lo hanno ribadito: non smetteranno di lottare finché non avranno un tetto sopra la testa, e finché non avranno riacquistato la dignità persa da anni di menefreghismo e indifferenza istituzionale.
La tenacia e la solidarietà di oggi ci hanno dimostrato che resistere si può.

Per strada non si può dormire, se la casa non ce la danno ce la prendiamo!

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Gli effetti della crisi stanno colpendo prepotentemente molte fasce sociali che, ad oggi, si ritrovano in grave difficoltà economica. Difficoltà che, sicuramente, ricadono sull’emergenza abitativa: le famiglie non riescono ad arrivare a fine mese ed il 40% del budget familiare, in media, è speso per pagare l’affitto.

I dati del Ministero degli Interni parlano chiaro: sul territorio nazionale gli sfratti aumentano in percentuale di anno in anno. Nel 2014 sono stati 69.015 gli appartamenti dovuti lasciare per morosità. Le richieste di esecuzione presentate all’Ufficiale Giudiziario sono 150.076 e gli sfratti eseguiti con l’intervento dell’Ufficiale Giudiziario ammontano a 36.083.

Concentrandoci sulla sola provincia catanese sono allarmanti le percentuali di sfratti: nel 2014 più di 3112 richieste di esecuzione (14,58 % in più rispetto all’anno precedente), 943 gli sfratti eseguiti sul territorio catanese (6,58 % in più rispetto all’anno precedente) e il 95% di questi avviene per morosità incolpevole. Ma non solo, nel 2014, in controtendenza con le percentuali sopra citate, vi è una diminuzione di richieste di accesso ad ammortizzatori sociali, quali affitti agevolati o moratorie per sfratti, e di alloggi popolari. La controtendenza è da interpretare come una mancanza di fiducia verso istituzioni ed enti che non sono mai riusciti a dare una benché minima risposta all’emergenza. Al tempo stesso, amministrazioni ed enti non si curano dei bisogni e delle necessità delle persone, ma pensano sempre più spesso ad essere co-partecipi a giochi speculativi dall’immobiliare alle faraoniche opere inutili.

Come comitato di lotta per la casa Casa x tutti, da tempo ormai lottiamo quotidianamente per porre un freno al crescere dell’ emergenza abitativa. Bloccare sfratti, ritardarli è una pratica che abbiamo messo in pratica e che continueremo a ripetere, ma spesso non basta. Nonostante le pressioni fatte agli organi competenti, le migliaia di famiglie in emergenza abitativa non hanno trovato alcuna risposta.

Per strada però, non si può dormire. Ad essere messa in discussione è anche la dignità di chi per impossibilità economica, si ritrova, da un giorno all’altro in mezzo ad una strada.

Che fare quindi? Come rispondere alla negazione di un diritto fondamentale?

Oggi, per noi, occupare non è solo giusto, ma necessario!

Con 13mila nuclei familiari che avrebbero bisogno di una casa, di cui la metà in emergenza, non possiamo tollerare che vi siano altrettanti, e forse più appartamenti lasciati vuoti.

Il gioco è semplice: le imprese immobiliari comprano gli stabili, li lasciano vuoti ed attendono che il crescere della richiesta faccia salire i prezzi.

Non possiamo accettarlo!

Abbiamo deciso di ridare vita ad un palazzo vuoto ed al tempo stesso riprenderci una dignità ed una speranza negata.

Questa pomeriggio in circa 30, tra famiglie e singoli, in emergenza abitativa abbiamo deciso di trovare casa nello stabile di via Calatabiano 49. Una palazzina di proprietà dell’impresa immobiliare Fincob srl lasciata da anni in stato di abbandono, come migliaia di altri edifici in città, all’interno di uno dei quartieri storici di Catania, il Borgo. Con l’occupazione a scopo abitativo dello stabile di via Calatabiano 49, vogliamo oltre ad una casa, denunciare non solo gli affari speculativi dei privati con la complicità delle amministrazioni pubbliche, ma anche i continui fallimenti delle politiche socio-abitative del Comune.

Se possono, oggi, i movimenti di lotta per la casa ridare nuova linfa alla lotta al capitalismo e creare nuovi conflitti che facciano emergere le contraddizioni che viviamo quotidianamente spesso in sordina, è una scommessa tutta da giocare. Il nostro però non è affatto un gioco, né tanto meno un insieme di numeri e bilanci. La nostra è una lotta per un presente diverso, è sottrarre le nostre vite al giogo del capitale.

Questo, è il nostro 7 novembre, con un occhio al passato ed uno al presente, nella certezza che il futuro la nostra controparte se lo dovrà sudare.

Invitiamo tutti e tutte a raggiungerci sin da subito in via Calatabiano 49.

Per la giornata di domani è fissato un “Pranzo solidale” per tutti coloro i quali vogliano sostenere la causa.

Lunedì 9 novembre, alle ore 10:00 si terrà, invece, una conferenza stampa del Comitato, di fronte l’immobile.

Comitato di lotta per la casa Casa X Tutti

 

 

 

Irene e Sergio ai domiciliari – solidarietà!

In questi ultimi giorni d’agosto le misure repressive contro la lotta per il diritto all’abitare sono riprese, indiscriminate e violente, come sempre. Dallo sgombero dello studentato occupato a Roma, Degage, al divieto di dimora a Bologna per un attivista che si era opposto allo sgombero di un’altra casa occupata, Labas. In questo contesto, di pochissime ore la notizia dell’ennesimo abuso subito da una compagna e un compagno di Messina, attivisti alla Ugo Foscolo Occupata, attualmente entrambi agli arresti domiciliari.

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Stamane a Messina si è svolto un presidio in solidarietà a dei senzatetto, in cerca di alloggio, accampati vicino all’università in segno di protesta. Vigili, carabinieri e digos, accorsi a smontare l’accampata e rispedire tutti a casa, hanno incontrato la resistenza passiva di compagni e solidali, decisi nell’impedire lo smantellamento del presidio. Dopo un breve consulto tra le forze dell’ordine presenti, digos compresa, Irene e Sergio sono stati portati in questura per “essere identificati” (come se non fosse sufficiente, in questo caso, la consueta identificazione sul posto tramite la consegna del documento d’identità). Dopo svariate ore passate in questura (da mezzogiorno a quasi le sei del pomeriggio), a Irene e Sergio è stato comunicato di essere agli arresti domiciliari, in attesa del processo per direttissima che si svolgerà mercoledì mattina. I reati contestati ai due sono resistenza a pubblico ufficiale e lesione, nello specifico ai danni di un vigile urbano che si è fatto male mentre provava a smontare una tenda, in un momento in cui i due accusati erano decisamente lontani dal suddetto vigile.

Da nord a sud si riconosce come il clima, circa la questione abitativa, si riscaldi sempre più ad estate nemmeno finita, e come ogni pretesto sia buono per colpire, in un modo o in un altro, compagne e compagni in maniera quasi “scientifica”. Persino resistere in maniera passiva diventa un reato, talmente grave a quanto pare da meritare misure come gli arresti domiciliari. In questo caso poi, digos e carabinieri hanno dovuto prima discutere da parte chi prendere dal mucchio del presidio mattutino. La scelta è ricaduta “a caso” su due compagni attivi alla Ugo Foscolo Occupata, ex scuola occupata da diversi mesi a Messina e fonte di grande dibattito cittadino, teatro anche di tentativi “a basso tono” di sgombero. Insomma, una situazione paradossale e di grave abuso che, appunto, si accosta con troppa facilità ai contesti di gravi abusi che in questi giorni si sono vissuti a Roma e Bologna.

Oltre allo sgomento per l’assurda situazione verificatasi stamattina a Messina, esprimiamo la nostra solidarietà ad Irene e Sergio, certi che da mercoledì saranno liberi di uscire di casa e continuare i loro percorsi di lotta.

Assemblea Abitare nella Crisi – 24 luglio, Venaus

Venerdì 24 luglio, al presidio di Venaus durante il campeggio resistente no tav, si è svolta un’ assemblea di Abitare nella Crisi sul tema del diritto all’abitare. La partecipazione è stata molto alta e gli interventi molto ricchi. Presenti diverse esperienze di sportelli e occupazioni abitative: Roma, Firenze, Pisa, Brescia, Torino, Palermo, Catania e molte altre città, da quelle metropolitane a quelle “provinciali”.

È emerso dalle analisi di tutti i partecipanti la palese incapacità, e spesso disinteresse, da parte del governo di risolvere in maniera definitiva e adatta l’emergenza abitativa. Emergenza questa che continua ad aumentare, prendendo forme di disagio sociale sempre più feroci (basti pensare alle ultime notizie di cronaca che raccontano di suicidi avvenuti pochi giorni prima di sfratti e pignoramenti). Il merito del movimento per il diritto all’abitare sta nella presenza nei territori sottoforma di sportelli, permettendo così una presenza e una costanza che, se certamente va migliorata, ha anche il merito di aver intercettato molte situazioni limite e averle rese storia di emancipazione comune attraverso il blocco degli sfratti e le occupazioni abitative comuni.  Agli sfratti, che per molti sono diventati una triste quotidianità, si aggiungono gli effetti dell’art. 5 del piano casa. La risposta istantanea del movimento in questo caso è stato quello di iniziare una campagna per il blocco dei distacchi delle utenze e l’inizio della pratica degli allacci abusivi per le abitazioni di decine e decine di famiglie. 

Allo stato attuale, il movimento per il diritto all’altare continua il suo lavoro nei territori, giornaliero e costante. Molte occupazioni abitative sono nate e altre sono state sgomberate, in alcuni comuni la pressione degli sportelli e degli occupanti hanno costretto alla resa amministrazioni che hanno assegnato alloggi a intere famiglie. Ma i tempi del 19 ottobre e degli tsunami sembrano troppo lontani. La repressione, feroce e accanita, verso queste forme di autorganizzazione e autodeterminazione, non ha risparmiato nessuno: sgomberi, manganellate e anche arresti. È innegabile però riconoscere il valore di quelle giornate di mobilitazione comune, sul piano fattuale e simbolico. Se quindi è fondamentale il lavoro costante e giornaliero nei territori, senza il quale non esisterebbe nessun movimento, è anche comune l’esigenza di ritornare a costruire momenti comuni di mobilitazione, allargando il tema della casa ad altri strettamente collegati ad esso. Parlare dell’emergenza abitativa infatti non significa occuparsi solo di sfratti e occupazioni ma coinvolge, oggi più di ieri, i temi dei mutui, dei pignoramenti e della fiscalità. Inoltre, emerge con prepotenza l’esigenza di occuparsi degli effetti dell’art. 5 del Piano Casa non solo in termini di distacchi delle utenze ma anche rispetto alla negazione di altri servizi fondamentali, quali istruzione, sanità e trasporti, per dirne alcuni. Inoltre, un ulteriore compito che deve coinvolgere tutte e tutti riguarda la potenziale rimonta di soggetti di estreme destre, come Casa Pound, Lega Nord e Forza Nuova che, seminando odio razziale e diffidenza, raccoglie in certi luoghi l’esigenza di intere famiglie portandole a temi nazionalisti e razzisti. Sta quindi a tutte e tutti costruire el proprio lavoro territoriale, i giusti anticorpi a queste ancora piccole, eppure esistenti, derive fasciste.

La centralità della lotta per il diritto all’abitare così non dipende solo ed esclusivamente dall’emergenza abitativa in sé o dalla variegata composizione sociale che la attraversano, ma anche dalla potenzialità che questa lotta, estendendosi in questi termini, esprime come fulcro di molte altre lotte comuni presenti nei territori. Lotta alla casa quindi come centro del conflitto in senso più largo, “luogo” di ricomposizione di un blocco sociale unico che possa rivendicare diritti perduti e corrosi.

Decisi a ritornare di comune accordo a una posizione di “attacco”, rifiutando quel subdolo tentativo di ridurre gli atti di resistenza ed autorganizzazione per avere una casa come meri problemi di ordine pubblico, l’intenzione è quella di ritornare a vivere momenti comuni di lotta ed analisi. Nessuna ricetta pronta dunque per i singoli territori, che comunque devono continuare a lavorare nel proprio contesto. 

Dopo due anni dall’ultima volta, dalla Val di Susa riecheggia un unico coro: VOGLIAMO UNA SOLA BRANDE OPERA, CASA E REDDITO PER TUTTE E TUTTI!