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25Aprile di lotta in Portogallo

E’ una giornata di festa qui in Portogallo, tanto per la memoria della fine del regime fascista quanto per la consapevolezza di una resistenza ancora dovuta e voluta al regime finanziario che, sotto il nome di Troika, opprime le vite di chi non arriva più a fine mese o si ritrova senza un tetto.

E’ in questa giornata di festa che i Movimenti hanno deciso di “liberare” due edifici abbandonati, occupandoli e riempiendoli, di socialità e cultura resistenti.

La prima occupazione è avvenuta a Porto, nella mattinata, a conclusione del corteo è stata rioccupata la “Escola da Fontinha”.

escola

La seconda avviene già nella mattinata, ma è solo alla grande manifestazione del pomeriggio che viene pubblicizzata, ed è l’ex “Ministèrio da Educação e Cultura”.

ministerio

Non è un caso che si sia scelto il Ministèrio, questo è, infatti, simbolo della speculazione e del degrado al tempo stesso: palazzo storico di valore inestimabile, lasciato al degrado e che pare sia da poco passato in mano a qualche banca.

Primo obiettivo dell’ occupazione è infatti far pronunciare assessori e ministri sul passato, presente e futuro dello stabile, ma non è solo questo.

Nel programma già online fino al primo di Maggio si conta di creare una mobilitazione e una consapevolezza maggiore sulle potenzialità che edifici occupati possono avere in una città come Lisbona.

Insomma, staremo a vedere come in questi giorni si evolveranno le cose, un primo passo è stato fatto e questo è fondamentale perchè “Quello che non appartiene alla lotta è restare paralizzati dalla paura.”

 

La nostra lotta è internazionale, e come tale va vissuta.

Qui il link del blog per seguire l’occupazione del Ministèrio:

http://todasaoministerio.blogspot.pt/p/inicio.html

Che si fotta la Troika! E’ il Popolo che più ordina!

Dal nostro corrispondente.

La contrarietà alla Troika da parte di tutto il popolo portoghese è sicuramente palese.

A palesarla è stata, in continuità con le precedenti, la manifestazione di ieri: “Que se Lixe a Troika! O povo è que mais ordena!”.

Le città coinvolte dentro e fuori il paese sono 26, e con soglie di partecipazione altissime:

Angra do Heroismo 50;  Barcelona 30.000; Beja 1.000; Braga 7.000; Caldas da Rainha 3.000; Castelo Branco 1.000; Chaves 200; Coimbra 20.000; Entroncamento 300; Estocolmo 15.000; Guarda 500; Horta 160; Lisboa 800.000; Londres 100.000; Marinha Grande 3.000; Paris 100; Portimão 5.000; Porto 400.000; Santarém 500.000; Setúbal 7.000; Sines 120.000; Tomar 200.000; Torres Novas 250.000; Viana do Castelo 1.000; Vila Real 1.800.

Preparatori a questa data erano stati sicuramente una serie di eventi pubblici come l’interruzione dei parlamentari cantando la canzone della rivoluzione, murales, creazione di cartelli e striscioni da portare al corteo, fino alla cacciata del primo ministro dall’università di diritto, proprio tre giorni fa.

Mural do movimento "Que se lixe a Troika!"

Così arriva il giorno tanto atteso, il 2M; a Lisbona ci si aspetta numeri altissimi, e così è..

L’appuntamento pubblico è alle 16 nella piazza Marques Pombal, almeno quattro sono i cortei ufficiali che da varie parti della città raggiungono la piazza, ma altrettanti, se non di più, sono i cortei spontanei che si formano per le strade di Lisbona che portano a Marques.

Già circa mezz’ora prima delle 16 è impossibile raggiungere il punto di concentramento, così ci si deve accontentare di fermarsi a 500m dalla piazza, immersi in una marea umana; si contano circa 800.000 persone.

Alle 16 il blindato che apre la manifestazione ci impiega mezz’ora a divincolarsi tra la folla e raggiungere la testa del corteo, e così, per le 16,30 si comincia.

Un’elicottero sorvola il cielo, ma pochissima la polizia lungo le strade.

Ad aprire è lo striscione con la frase della convocazione ma alle spalle si può vedere solo un fiume di persone, ingestibile ma composto.

Nonostante il grande afflusso sono pochissimi i gruppi organizzati, ed anche per questi, la parola “organizzati”, è un complimento.

Il motivo, ci spiegano, è dettato dalla storia del Portogallo, che solo adesso comincia a prendere atto dell’ esistenza di una politica “fuori da partiti o sindacati”, per necessità più che per volontà.

Persino i partiti ed i sindacati storici, oggi all’opposizione, non sono poi così convinti di volersi esporre in una lotta contro la dittatura della finanza.

Ed infatti l’unico pubblicamente al corteo è un nuovo partito: “Movimento Alternativa Socialista”, che cerca di raccogliere lo scontento generale che i grandi partiti continuano a produrre.

Ma torniamo a noi, il corteo, ci mette quasi due ore a svuotare la piazza del concentramento, insomma, quando la testa arriva, c’è chi ancora deve partire.

La percezione è dimostrata da una coppia di turisti francesi che avrebbero voluto percorrere una delle vie attraversate dal corteo: la ragazza chiede al fidanzato di salire su di una cassetta della posta per vedere quanto mancasse alla coda, così il ragazzo si arrampica, si sporge, e voltandosi, le dice sorridendo: “Senza fine”.

 

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Una volta riempitasi la piazza conclusiva c’è una breve assemblea in cui si manifestano 2 imperativi: dimissioni del governo e fine della troika.

Tutto si conclude con un’emozionante coro del canto della rivoluzione: “Grandola, Vila Morena”, in contemporanea con tutte le altre città.

Un’ infinità di pugni alzati; donne e uomini, vecchi e bambini nella speranza di un cambiamento.

Insomma, tanto il malcontento e tanta la speranza, a mancare è la capacità organizzativa e progettuale di una piazza sempre più piena, ma che continua a chiedere più che a pretendere.

Stessa crisi, misure e percezioni diverse

dal nostro corrispondente a Lisbona

La crisi è sicuramente globale, ma la percezione di questa e le misure applicate dai governi sono differenti.

In un paese come il Portogallo, che si trova sotto la ormai famosa “Troika”, la crisi si sente nel quotidiano.

Tutto viene tassato, tutto aumenta e la vita diventa davvero difficile; daltronde quando si è abituati ad usufruire di servizi di qualità a poco prezzo i cambiamenti si vedono e si sentono:

affitto, costo servizi e del cibo spesso raddoppiano, mentre stipendi e penzioni diminuiscono vertiginosamente, per non parlare della difficoltà di trovare un impiego.

Probabilmente, a tutto ciò, chi vive in regioni come la Sicilia, è già abituato e quasi quasi sa già da piccolo di doverci convivere, ma chi è abituato a quei “diritti sociali”, per cui spesso si è lottato, si sente davvero tradito.

troika

 

E così le piazze si riempiono con assiduità e si riempiono di tutte le generazioni, ad aiutare è certo il ruolo dei grandi sindacati che ancora sono capaci di coinvolgere tutte le categorie di lavoro ma ben consapevoli che, da soli, non bastano.

E’ infatti proprio la componente giovanile a tenersi a debita distanza dai partiti di opposizione e dai sindacati, solidarietà sì, ma con diffidenza.

Quella che si è tenuta ieri 14 Febbraio a Lisbona è infatti solo preparatoria alla manifestazione nazionale del 2 Marzo che vedrà la partecipazione di tutti i movimenti sociali oltre che delle sigle istituzionali.

La rabbia c’è tutta e la consapevolezza della complessità della situazione anche, ma c’è anche una classe politica che quando può prova ad accontentare il volere della gente, alcune misure previste dalla troika, infatti, sono state bloccate.

Le parole d’ordine però, che ormai accomunano le piazze senza badare ai confini, sono “Mudar de polìtica e de governo!” “Cambiare la politica e il governo!”, segno che finchè i governi continueranno a sottostare al volere di un’ economia finanziaria ed applicare misure neoliberiste come soluzione alla crisi, nessuna piazza resterà a lungo vuota.

 

Governo dei professori: BOCCIATO!

Poco meno di un anno fa cadeva il governo Berlusconi e il governo Monti prendeva il suo posto. Governo, questo, di professori che avrebbe dovuto risanare la precaria situazione economico-finanziaria del paese, col PIL in calo, la disoccupazione in crescita e lo spread arrivato a livelli record. Quasi tutti i partiti parlamentari hanno, fin da subito, costituito le fondamenta di questo governo tecnico, appoggiando e sostenendo la sua presenza in parlamento. Per mesi, se da un lato c’erano i Bersani, gli Alfano e i Casini che giustificavano il loro comportamento presentandolo come “atto di responsabilità” e “unica via possibile” per il paese, dall’altro Monti e il suo governo promettevano sviluppo e crescita dopo aver “messo a posto” i conti. Dopo quasi un anno possiamo permetterci di fare un bilancio e possiamo anche permetterci di puntare il dito contro qualcuno.

– Il PIL è in calo, con stime che arrivano anche al -2,5%;
– la disoccupazione bussa pericolosamente all’11% e un giovane su tre è disoccupato;
– il tanto temuto spread, dopo una breve pausa, sembra non scendere volentieri;
– di soldi investiti in una qualsiasi attività che possa aiutare e incentivare non se ne vede l’ombra.
L’imperativo di quasi un anno di governo tecnico è stato “TAGLIARE!”: tagliare in nome dell’Europa (incarnata in frau Merkel), tagliare in nome della BCE, tagliare in nome del fiscal compact, tagliare in nome del pareggio in bilancio. Tra i tagli anche aumenti delle imposte spaventosi, oltre che l’introduzione di nuove tasse, per cui i servizi sono stati ridossi all’osso, l’incubo delle privatizzazioni è sempre in agguato e per qualsiasi persona normale, con uno stipendio normale (o un non-stipendio normale) è diventato praticamente impossibile vivere.A fronte di questa situazione, diverse aree di movimento (e non) hanno lanciato un’importante data nazionale, il 27 ottobre, per dire che non possiamo stare più a queste regole del gioco, che dopo un anno di tagli chiamati “riforme” l’esasperazione è arrivata a livelli estremi e che, se un anno fa la situazione economica reale del paese era difficile, ora è disastrosa. “No Monti day” è il giorno in cui si dice no alla riforma delle pensioni, no alla riforma del lavoro, no a questa finta lotta contro i privilegi, no al rincaro delle tasse per le solite fasce di reddito, no al taglio di servizi statali primari, no allo svilimento e alla disperazione.Se la realtà nazionale sembra già così complessa, quelle locali lo sono ancora di più, soprattutto se si volge lo sguardo a sud. In una città come Catania, umiliata e sfruttata da anni, il linguaggio della crisi e del sacrificio si parla da tempo, prima ancora che i telegiornali si accorgessero che “c’è la crisi”. I lavoratori sono già da anni sfruttati, magari in nero, e sottopagati, le istituzioni sono sempre state assenti, volgendo lo sguardo dalla parte opposta dei quartieri popolari, quelli che hanno più bisogno, quelli che sono stati lasciati alla mercé mafiosa. Quando si vive in una città dove la dispersione scolastica è molto diffusa, dove le risposte a domande e bisogni spesso vengono da chi ha interesse a mantenere la città nel degrado, dove o ti arruoli con la mafia o ti arruoli nell’esercito, le risposte del governo nazionale sono improponibili, impossibili da sostenere.

Anche Catania deve scendere in piazza il 27 ottobre per reagire ad anni di governi locali irresponsabili e impreparati, ad un anno di governo delle banche, a sciacalli che offrono precari posti di lavoro o buste della spesa per essere votati, guadagnando sulle difficoltà altrui. I nostri “no” sono in realtà dei “sì”, delle spinte propositive che portano a vedere la scuola e l’istruzione in generale come l’unico modo per riscattarsi, che pensano che delegare ad altri la responsabilità di migliorare le cose non sia più possibile e che sia ora, insieme, di prenderci le attenzioni che ci spettano e di crearci delle opportunità.

Facciamo appello alle realtà di movimento della città e ai singoli individui di mettere in piazza idee, desideri, mani e corpi, di costruire insieme un movimento di opposizione sociale dal basso, che punti alla riappropriazione delle proprie esistenze e delle proprie scelte, non più disposti a sottostare a nessun tipo di diktat.

(Per adesioni aleph@paranoici.org)