Se c’erano soldi da spendere ieri, sono stati spesi. E tanti. Il grosso numero di polizia e carabinieri schierato a difesa di Salvini, per consentirgli di intervenire alla chiusura della campagna elettorale a San Giovanni La Punta, è infatti da maxi spesa. Ad essere militarizzato in realtà è un intero paese. La piazza principale è chiusa, così come tutte le vie d’accesso, il parcheggio comunale e la villa sono costantemente presidiati. Insomma, un’occupazione militare non avrebbe saputo fare meglio. Oltre questa muraglia umana e militare, c’è poi “popolo” de i “NoiconSalvini”, numericamente insignificante: over 50 riciclati dal MPA di Lombardo, giovani e meno giovani nostalgici del ventennio e legati a CasaPound. Tutti lì ad attendere l’intervento de “il comandante”, che ha parlato solo per 15 minuti, ripetendo la sua solita retorica razzista, ma evitando attentamente di insultare i meridionali, ovviamente. Oltre questa triste e spenta scena, la contestazione. Centinaia di persone hanno risposto all’appello apparso sul web, chiamata all’orgoglio meridionale e antirazzista. Bandiere siciliane, cartelli “antilega”, musica e striscioni colorano e ravvivano il composito presidio, che tenta più volte di accedere alla piazza ma viene respinto dalla polizia. In circa in 200, sotto le parole d’ordine “Mai con Salvini”, abbiamo manifestato tutto il nostro orgoglio meridionale e, nonostante l’imparità numerica evidente, abbiamo tentato più volte di sfondare il muro a protezione del leader del carroccio. Un lancio di uova e ortaggi è seguito ai respingimenti. Ci si è mossi poi in corteo per le vie del paese, tra l’approvazione di chi era rimasto alle finestre, per raggiungere il punto più vicino al palco e riprendere la contestazione.
Sempre più forze dell’ordine, e sempre con più forza, sono necessarie per difendere la casta di parlamentari che occupano le poltrone nei palazzi del potere. Sempre più isolata una classe dirigente si rifugia in situazioni di repressione e trincea per riuscire a sopravvivere. Questo il primo dato emerso dalla giornata di ieri. Salvini, così come Renzi, non può più girare, tenere comizi, visitare le piazze, mostrarsi in pubblico senza un vero e proprio processo di militarizzazione. L’ epoca del leader simpatico ai più è nata e morta con Berlusconi; nonostante il processo di personalismo della politica, il consenso diffuso è totalmente assente. Un altro dato che abbiamo notato sta nella composizione della contrapposizione. Bellissima e rassicurante la spontaneità della partecipazione. Il territorio catanese, difficile e spinoso, ha dimostrato ieri di riconoscere “il bluff” leghista e di sentire vivo l’orgoglio di una terra martoriata e denigrata. Questo rende poco fertile il terreno elettorale di Salvini. Quella di ieri quindi è stata una giornata d’indignazione spontanea e genuina, cma he ci stimola molti spunti di riflessione. Primo, e non in termini di importanza, l’assenza dell’opposizione elettorale a Salvini. Persino le liste più “a sinistra” hanno evitato la piazza, segno questo ancor più evidente di una distanza abissale tra i soggetti coinvolti nella vita politica istituzionale e qualsiasi prospettiva di rottura espressa in termini di mobilitazione e movimento, espressione dell’opposizione al capitale ed ai neofascismi. Secondo, l’assenza di soggettività politiche e sociali attive nel e per il territorio di San Giovanni La Punta. Non è stato possibile infatti trovare una “base” che, forte del proprio intervento sul territorio, potesse permettere la giusta amalgama tra la città e la provincia. E questo, in termini di lavoro sul territorio, è sicuramente una nota dolente, che non può non farci riflettere ulteriormente tra i rapporti tra centri cittadini e periferie provinciali. Terzo, la piazza di ieri era decisamente molto giovane e l’assenza massiccia di una o più generazioni, non solo in termini di partecipazione spontanea ma anche politica e militante, si è notata. Nella riproposizione di momenti di opposizione a Salvini e nella costruzione di nuove mobilitazioni, questa per noi sarà una buona base di confronto e lavoro, nell’ottica di rendere vivi i territori, capaci di generare nuovi conflitti, riappropriazioni, rivoluzioni.