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Dopo la tre giorni in Val di Susa: report

Da pochissimi giorni si è conclusa la tre giorni di assemblee e dibattiti al Presidio No TAV di Venaus. Dall’11 al 13 luglio decine e decine di persone, da tutta Italia e da tutta Europa, hanno partecipato alle assemblee tematiche.
Ciò che più emerge da questa tre giorni è la necessità di ricomporre le diverse lotte che, nell’ultimo anno, in Italia come in molti parti d’Europa, hanno caratterizzato il quadro politico e sociale di molte città. Ricomporre le lotte riuscendo a praticare resistenza e creare conflitto, come da venti anni si fa in Val di Susa e come continua ancora ad accadere, spinti dalla stessa voglia di sempre attraversare questa Valle, giù fino al cantiere del TAV.
L’anno politico appena concluso è stato molto caldo in Italia, diverse lotte hanno attraversato tante città: dalla lotta per la casa e all’opposizione costante al Jobs Act ed allo Youth Guarantee, alle lotte territoriali legate alle grande opera e alla devastazione ambientale, come il TAV, l’ EXPO, e il MUOS. In particolare, le riforme del lavoro, l’italiano Jobs Act e l’europeo Youth Guarantee, che sembrano avere la stessa impostazione di sfruttamento e precarietà, seppure spacciati per garanzie e metodi per combattere la crescente disoccupazione giovanile. Ma noi queste garanzie non siamo ancora riusciti a vederle. Non le vediamo nel governo e nelle sue manovre di austerity e di repressione bei confronti di ogni movimento di rottura presente in Italia; non le vediamo in quella Europa che pare aver trovato in Renzi il miglior alleato per finire di distruggere quella concezione di diritto a casa e lavoro a cui ancora ci appelliamo.
In questi tre giorni le assemblee hanno affrontato ampiamente tutti i temi fondamentali dell’anno trascorso, e si sono confrontate in prospettiva di un prossimo autunno: blocco metropolitano e sciopero sociale diventano parole chiave nella costruzione dei conflitti prossimi. Centrale la riappropriazione dei propri territori,  dalle montagne della Val di Susa alla sughereta di Niscemi. Nel fare questo, cresce la necessità di tessere una tela tra le lotte territoriali esistenti, sebbene spesso portate avanti con metodi diversi, a seconda dei contesti.
Come nella notte un lungo serpente di più di 500 persone ha attraversato, con determinazione, i boschi per arrivare fin sotto le reti, a dimostrazione che il territorio è di chi lo vive e lo ama e non di chi lo scempia e lo militarizza, allo stesso modo noi attraverseremo in molti di più le strade di tutte le nostre città, uniti, per riprenderci tutti quello che pian piano ci stanno togliendo.
 
Di seguito riportiamo il testo redatto a conclusione dell’ultima partecipatissima assemblea al Presidio.

Il consolidamento del blocco di governo renziano e delle riforme, nel contesto del semestre di presidenza europea, segna una seconda fase delle politiche di austerity, in cui timide concessioni ai ceti medi ai fini di una stabilizzazione degli equilibri fra blocchi sociali convivono con l’approfondimento dell’attacco al reddito e il peggioramento delle condizioni di vita complessive. Il modello di questa riproduzione sociale nella crisi è ormai esplicitamente caratterizzato dall’esercizio di una funzione di saccheggio sui territori e le loro risorse, il disciplinamento della povertà tramite lavoro, la frammentazione e l’indebolimento di ampie fasce sociali. I processi di marginalizzazione prodotti dall’iniziativa capitalistica approfondiscono le differenze esistenti e operano nuovi tagli sociali: un segmento generazionale, fra gli altri, è oggetto di un’esclusione senza precedenti, tanto sul terreno sociale quanto su quello produttivo, di valorizzazione delle proprie capacità, di soddisfazione dei propri bisogni. La risposta istituzionale si incarna nel modello Expo2015: enormi profitti per chi ci specula, lavoro gratuito o sottopagato rigorosamente a termine e precario per noi.

Ma se la proletarizzazione violenta dei più giovani punta ad indebolirne il potenziale rivendicativo, è esattamente su questo piano, quello di un’inclusione non produttiva ma conflittuale, che si apre per noi la possibilità di ricomporre-contro un territorio sociale frammentato e disperso. La ricomposizione politica della nostra controparte non è infatti priva di ambivalenze nella misura in cui per i soggetti che pagano la crisi si chiude, col blocco di consensi attorno a Renzi, ogni spazio di rappresentazione nell’arena istituzionale. Di questa contrapposizione sociale, spontanea, diffusa, ma che fatica ad assumere dimensione collettiva noi vogliamo essere aggregatori e catalizzatori.

Per questo desideriamo sperimentare, quest’autunno, delle forme di sciopero sociale e metropolitano che sappiano eccedere tanto le forme classiche e categoriali di astensione dal lavoro, quanto l’attivazione esclusiva dei percorsi già esistenti, raccogliendo la sfida del blocco della città e dei suoi flussi, dell’aggressione della controparte nei suoi punti di accumulazione e di estrazione di valore. Ripartendo dalla ricchezza delle lotte che hanno attraversato i nostri territori, ma consapevoli di non potercene accontentare. Nel corso di quest’anno, molteplici esperienze di riappropriazione e lotta per la casa hanno saputo declinare il tema del reddito a partire da bisogni sociali concreti, proponendo un fronte sociale di opposizione alla crisi, costruendo le condizioni per una nuova disponibilità alla lotta – perché i processi di impoverimento sono anche un attacco ai nostri rapporti collettivi di forza. Ora pensiamo sia importante scommettere sull’interlocuzione con segmenti della composizione sociale inediti, atipici, estranei ai nostri contesti ma la cui effervescenza eccede e travalica il cliché del bacino elettorale per destre e populismi. Per questo l’opposizione alle tasse, che si è già mostrato terreno di contrapposizione sociale in forme ambigue e/o individuali, può diventare un tema politico da sperimentare, a fronte della funzione di diretta sottrazione di reddito per alimentare il sistema delle grandi opere e la concentrazione di ricchezze che riveste ormai la tassazione, in assenza di qualunque intento redistributivo. Allo stesso modo il semestre italiano di presidenza europea e il calendario delle sue kermesse può rappresentare per noi un orizzonte di possibilità per un conflitto sociale diffuso contro le politiche dell’Unione Europea e della troika su lavoro, reddito, flussi migratori, istruzione, fisco, finanza e grandi opere.

Invitiamo perciò tutte le realtà di lotta, movimenti territoriali, sindacati di base e conflittuali a sperimentare percorsi di attivazione sui propri territori che ci portino a sedimentare processualità verso la costruzione di due giornate di mobilitazione collettiva nell’autunno: uno sciopero sociale metropolitano il 16 ottobre che si inserisca nella settimana di mobilitazione europea per il diritto all’abitare “Stop evictions – take the city” e un altro, sempre di respiro europeo, il 14 novembre in prossimità della giornata delle lotte studentesche internazionali. Inoltre, in vista della contestazione all’Expo di Maggio 2015, invitiamo tutte le realtà di lotta a partecipare alle assemblee nazionali di confronto, riflessione, proposte politiche che si convocheranno a Milano per immaginare insieme un’opposizione europea alle politiche della crisi.

Infine, con lo sguardo rivolto all’autunno che ci attende e in un’estate di lotte territoriali dalla Val Susa alla Sicilia No Muos, non possiamo che pensare a Paolo, Luca, Graziano, Francesco, Lucio e tutti i compagni e le compagne che in questo momento sono in carcere o ai domiciliari per la generosità con cui hanno partecipato alle nostre comuni lotte. Li rivogliamo al nostro fianco al più presto. Così come, mentre prende avvio l’invasione israeliana della striscia di Gaza, siamo al fianco di tutti gli uomini e le donne palestinesi vittime di un’ennesima aggressione contro i popoli in lotta. Con lo sguardo rivolto al cimitero del Mediterraneo dove si consuma la tragedia di tante vite respinte, non possiamo che considerare guerre, invasioni e politiche di frontiera altrettanti dispositivi capitalistici contro cui va proiettato l’orizzonte delle nostre lotte.

Assemblea plenaria di Venaus dei movimenti contro austerity e precarietà – 13 Luglio 2014

Poletti, il Jobs Act te lo spieghiamo noi!

Il 9 giugno, il Dipartimento di Scienze Poltiche ha ospitato un seminario dal titolo “IL JOBS ACT, IL PIANO DEL GOVERNO PER FAVORIRE IL RILANCIO DELL’OCCUPAZIONE E RIFORMARE IL MERCATO DEL LAVORO ITALIANO”.  La cosa ci puzzava, e non poco: non si è mai visto un seminario con degli interventi blindati e senza nemmeno un professore, in questo casi di diritto magari, che tenga le redini del seminario stesso.

Abbiamo deciso di presentarci a Scienze Politiche quindi, sia perché non ci piacciono le prese in giro sia perché volevamo dire la nostra sul Jobs Act. Alle 12.00 si è tenuta un’assemblea nel cortile della centrale, dove, con diversi interventi, abbiamo approfondito meglio i veri significati del piano casa e del Jobs Act, confrontandoci sulle reali conseguenze di tali leggi. Insieme, in assemblea, abbiamo deciso di aspettare il ministro del lavoro Poletti, per dirgli in faccio ciò che pensiamo della sua legge.

10414655_522496031207081_3293802811886900472_nAppena arrivato nel cortile, lo abbiamo accolto calorosamente con fischi e cori. Arrivati in aula, siamo stati immediatamente raggiunti dal direttore del dipartimento lamentandosi perché non avevamo chiesto il permesso, né per l’assemblea né per la contestazione… come se dovessimo chiedere il permesso per sederci in cortile o esprimere dissenso. Dopo un colorito dibattito con gli organizzatori del seminario-farsa, abbiamo ottenuto di poter fare un intervento. Intanto, gli interventi dall’aula mostravano palesemente il vero volto dell’incontro: una passerella politica per il PD e gli amici suoi, Confindustria e CGIL compresi. Palesemente, diverse persone hanno ribadito che “è inutile parlare della legge 78 (il Jobs Act), perché è certamente una misura valida. Ne attendiamo gli esiti per esprimerci. Intanto ci complimentiamo col Ministro”. Come unico “contraddittorio” la CGIL… come se non sapessimo che da mesi sta dietro al governo per avere anche solo un incontro, elemosinando attenzioni e continuando a tenere la coda tra le gambe pittosto che chiamare uno sciopero generale dietro l’altro, vista la situazione abberrante.

Abbiamo dunque preso parola per espirmere prima di tutto il grande disgusto per quella passerella, ennesima opera di evangelizzazione del governo Renzi. Abbiamo poi spulciato la legge, spiegando alla platea perché il Jobs Act ha come unica conseguanza la precarizzazione a vita e lo sfruttamento del lavoratore, bello e buono. Forse eravamo gli unici dei presenti ad esserci letti davvero la legge.

Poletti nel risponderci ha naturalmente ritirato fuori la storia che lui ha iniziato a lavorare a sei anni e via tutta la tiritera su quanto il alvoro sia importante. Tra una battuta alla Bersani e un’altra, però, Poletti ha certamente detto delle cose che non sono passate inosservate, almeno a noi. Da vero democratico, come il partito di cui fa parte, ha palesemente ammesso che sì, bello il dialogo, bello parlare con tutti, ma comunque a decidere è il geverno che, sino a quando è sicuro di quello che fa, continua per la sua strada senza stare a sentire nessuno (alla faccia dei democratici!). Inoltre, ha anche ammesso che non ne può più di lavoratori reintegrati nei posti di lavoro dalle sentenze giudiziarie, dopo esseri stati buttati fuori perché impegnati nella lotta comune per il rispetto dei diritti di tutti: meglio lasciarli fuori se creano  problemi alle imprese.

Eccolo il ministro del lavoro, un uomo che crede fermamente nei valori della precarizzazione, che incentiva lo sfruttamento e tifa per il ricatto sul posto di lavoro. Un governo come quello Renzi non poteva chiedere di meglio.

Siamo andati a sporcare la bella vetrinetta del governo Renzi, con le nostre parole, i nostri fischi e i nostri slogan. Abbiamo dimostrato che quanto urliamo “NO JOBS ACT! NO PIANO CASA!” sappiamo esattamente di cosa parliamo. Siamo quei giovani studenti, precari, disoccupati o neet a cui tanti si riferiscono. Siamo stanchi che tutti parlino di noi sempre più a sproposito, soprattutto durante un seminario-farsa in cui l’età media degli intervenuti è decisamente poco giovanile. Siamo stanchi di essere determinati da leggi che assomigliano sempre di più a leggi repressive, epocali per la loro violenza. Siamo stanchi e l’unici luglio, insieme a tante e tanti altri saremo a Torino, in occasione del vertice europeo sull’occupazione giovanile. Se Europa chiama i giovani, allora ai giovani la parola.

Renzi stai sereno, a Scienze Politiche mancavi… ma ci vediamo l’undici luglio a Torino, anche se saremo da due parti opposte della piazza.

CONTRO-ASSEMBLEA SUL JOBS ACT

Il nove giugno si terrà nell’aula magna di Scienze Politiche un seminario dal titolo “IL JOBS ACT, IL PIANO DEL GOVERNO PER FAVORIRE IL RILANCIO DELL’OCCUPAZIONE E RIFORMARE IL MERCATO DEL LAVORO ITALIANO”. Il tentativo ennesimo di far passare il decreto sul mondo del lavoro varato dal governo Renzi come la soluzione al problema della disoccupazione, giovanile e non.
In realtà, noi sappiamo bene che il decreto del 20 marzo del 2014 ha come unici risultati la conferma della precarizzazione della vita lavorativa, rendendo possibile per i datori di lavoro stipulare contratti a tempo determinato senza causali e permettendo fino a un massimo di otto rinnovi di contratto in tre anni. Inoltre, si cancella del tutto il senso formativo dell’apprendistato, rendendolo una forma come un’altra di contratto a tempo.

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Attesissimo il Ministro del Lavoro Poletti, uno dei fautori di questo sfacelo che, insieme ad altri, tenterà di camuffare ancora una volta le verità che si celano dietro atti ministeriali e riforme. Lo spesso Poletti a capo di Legacoop, ovvero il mondo delle “cooperative rosse” che in questi mesi ha svelato il suo volto meschino da sfruttatore, che niente ha a che vedere con gli ideali di cooperazione ed egualianza a cui fanno cenno.
Purtroppo per lui, però, noi il Jobs Act ce lo siamo andati a leggere tempo fa e abbiamo smascherato le vere conseguenze di tale decreto: la liberalizzazione dei contratti di lavoro con la conseguente affermazione dello status di precario a vita del lavoratore.
(Qui maggiori informazioni )
Contro il tentativo del governo Renzi di camuffare l’ennesimo taglio delle garanzie dei lavoratori, contro l’ennesima manovra che precarizza e indebolisce in ruolo del lavoratore, indiciamo un’assemblea lunedì 9 giugno alle ore 12.00 nel cortile di Scienze Politiche per confrontarci sul vero volto meschino del Jobs Act.
Interverranno:
Collettivo Scienze Politiche Catania;
Casa X Tutti Catania (comitato di lotta per la casa);
– Collettivo Aleph
In questa città non c’è spazio né per le menzogne né per il governo Renzi, non c’è spazio per Poletti e il suo modello di sfruttamento. Vi attendiamo lunedì 9 giugno, alle ore 12.00, nel cortile di Scienze Politiche (Via Vittorio Emanuele II, 49)

PIANO CASA: cos’è e ultimi aggiornamenti

Le follie del governo Renzi non finiscono mai.

Dopo aver messo le mani sul mondo del lavoro, con un decreto che più che salvare ammazza definitivamente le garanzie per i lavoratori, tocca adesso al così detto “piano casa”.

Il “piano casa” aveva già fatto parlare di sé un mesetto fa, quando Lupi (Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti), Padoan (Ministro dell’Economia e delle Finanze) e l’immancabile Renzi hanno presentato il decreto “Misure urgenti per l’emergenza abitativa, per il mercato dellecostruzioni e per Expo 2015.” Già in quell’occasione abbiamo potuto saggiare la ratio alla base di questo piano per “salvare l’emergenza abitativa”. L’art. 5 del suddetto decreto recita: “Chiunque occupa abusivamente un immobile senza titolo non puo’chiedere la residenza ne’ l’allacciamento a pubblici servizi in relazione all’immobile medesimo e gli atti emessi in violazione di tale divieto sono nulli a tutti gli effetti di legge.” Infatti, se prima era possibile chiedere e ottenere la residenza nella casa occupata e dunque poter stipulare i contratti per le utenze, grazie a questo decreto non sarà più possibile. Inoltre, nello stesso decreto, si rende possibile la vendita di tutti quegli immobili di proprietà pubblica per solo il 50%.

Mosse assolutamente logiche queste, tipiche di chi è capace, dall’alto dei suoi palazzi, di leggere i segnali che arrivano dalla società e prendere delle decisioni consone e utili. Dopo innumerevoli “tzunami” a livello nazionale, ovvero giornate in cui in diverse città d’Italia si sono occupate case per famiglie e studenti; dopo centinaia di picchetti antisfratto nell’ultimo anno; dopo il 19 ottobre scorso in cui 100.000 persone hanno chiesto a gran voce casa e reddito per tutte e tutti, questa la risposta.

Ma non finisce qui. Come da prassi, ciò che nasce come decreto deve essere approvato dal Parlamento, prima o poi. E dunque approda in Commissione Bilancio il suddetto decreto per essere valutato, eventualmente modificato, e poi spedito in Parlamento.

Poteva la Commissione lasciare così com’è questo già disastroso testo? Giammai! Al peggio non c’è mai fine. La proposta accettabile, per quanto altamente moderata e poco incisiva nel complesso, di prevedere sgravi fiscali per gli affitti dei meno abbienti, è stata bocciata per dar posto ad un’altra proposta, l’aumento del costo dei prodotti energetici usati come combustibili per uso civile. Si prevede che tale aumento frutterà 13 milioni di euro, che serviranno per coprire parte dei 25 milioni di spesa per l’EXPO 2015 a Milano. Ancora non si sa la quantità in denaro degli aiuti promessi ai meno abbienti per il pagamento degli affitti però sappiamo per filo e per segno quanto ci costa l’EXPO 2015 e quanto verremo spremuti per sostenere tale follia.

E dovevamo forse aspettarcelo da un decreto che mette insieme il diritto all’abitare e l’EXPO 2015. Se apparentemente le due questioni non hanno nulla in comune, nell’Italia oligarchica e mafiosa di oggi tutto è assolutamente collegato. Ancora una volta si taglia e si tartassa chi è in difficoltà per dare spazio e risorse non a servizi sociali, non ai sussidi bensì all’ennesima superflua grande opera, utile solo alle cosche mafiose.399670_176456792510611_42482859_n

Con questa logica naturalmente non vogliamo avere niente a che fare. Se Renzi & co. non riescono (o non vogliono) capire l’emergenza abitativa per quella che è, noi invece la capiamo perché la vediamo coi nostri occhi e la viviamo sulla nostra pelle.

La scelta del governo, e non solo, è quella di garantire speculazioni, svendite del patrimonio immobiliare pubblico, giochi a ribasso e il lavoro dei grandi colossi, palazzinari di professione. Che non si sorprenda nessuno se le case vuote continueranno ad essere occupate, se la luce o l’acqua verranno recuperate da allacci abusivi, se le piazze continueranno ad essere riempite da gente di ogni tipo che chiede un diritto basilare, quello di avere un tetto sotto il quale dormire. Ancora una volta, la scelta dello stato è quella di reprimere e, ancora una volta, la repressione non veste solo la veste del manganello usato durante gli sgomberi ma quello della legge, pensata bene, approvata a larga maggioranza e applicata.

Così come abbiamo imparato a resistere ai manganelli, resisteremo anche a quella legge ingiusta, infrangendola.

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