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Presidio antifascista, sabato 24 gennaio

Domenica 18 gennaio, un gruppo di 50 fascisti di Casa Pound, provenienti anche da altre città vicine, aggerediscono 8 compagni davanti al CSA Dordoni di Cremona. E’ persino intervenuta la polizia che, caricando i compagni, ha permesso a più del gruppo di fascisti di andar via, indisturbati.

Durante l’aggressione, Emilio, un compagno del Dordoni, viene colpito e continua ad essere picchiato nonostante si trovi per terra, privo di sensi. Emilio è ancora in prognosi riservata e, dopo aver rischiato grosso, ieri si è risvegliato dal coma e sembra rispondere bene agli stimoli.

Emilio si è svegliato dal coma ed è vivo, ma ha rischiato grosso (e probabilmente perderà la vista da un occhio). Rimane a questo punto non solo la preoccupazione per le condizioni cliniche di un compagno, ma anche la rabbia. Come infatti spesso accade, fin da subito i mass media hanno cercato di costruire una narrazione distorta della realtà, descrivendo i fatti come “uno scontro tra curve ultras opposte” o “rissa tra bande”. Noi però sappiamo bene i fatti e riconosciamo che ciò che è successo a Cremona è un vero e proprio agguato, voluto e pensato, di mano fascista. La stessa Casa Pound che, già l’indomani dell’accaduto, ha cercato in tutti i modi di distorcere i fatti, addirittura ipotizzando che Emilio si fosse colpito da solo con un spranga che impugnava lui stesso.

Rabbia questa che non è rimasta isolata a Cremona ma che si è moltiplicata e divulgata in tantissime città italiane. Non si contano infatti i comunicati di solidarietà e moltissimi sono stati i presidi e i cortei organizzati in moltissime città.

Noi conosciamo bene le provocazioni fasciste e le libertà che certe realtà politiche di estrema destra provano a prendersi. Soprattuto, conosciamo molto bene quei “bravi ragazzi” che di giorno organizzano iniziative solidaristiche (rigorosamente per “italiani in difficoltà”) e la notte vanno in giro per la città, picchiando chi prima gli capita sotto mano.

Solidale e vicino al compagno Emilio e a tutti i compagni del CSA Dordoni di Cremona, il Koordinamento AutOrganizzato Studentesco indice un presidio solidale e antifascista davanti la Feltrilelli sabato 24 gennaio alle ore 17.00, in concomitanza alla manifestazione antifascista nazionale indetta dal CSO Dordoni a Cremona.

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Convinti dell’importanza dell’antifascismo e della necessità di riproporlo in ogni città, con ogni mezzo, siamo accanto ai compagni di Cremona e, ancora una volta, scendiamo in piazza per dire che siamo tutt* antifascist*!

Il fascismo non passerà, mai.

Aperta la raccolta materiali per la PALESTRA POPOLARE CATANIA

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Da tempo siamo convinti che lo sport, inteso non solo come attività fisica ma come impegno e attvità collettiva, sia non solo un ottimo strumento di aggregazione, ma anche veicolo messaggi importanti.

L’esperienza al CSO Contrasto di Picanello, in cui ci eravamo già cimentati in una piccola palestra autogestita, ci ha portati a decidere di provare a mettere in piedi in pieno centro cittadino una Palestra Popolare, che sappia insegnarci non solo diverse discipline fisiche. Infatti crediamo che lo sport possa essere un ottimo veicolo di aggregazione e socialità dal basso e sincera, di antifascismo e antirazzismo.

Ci metteremo ancora una volta in gioco insieme a chiunque voglia aiutarci e accompagnarci, ospitati dal Centro Sociale Auro che ci mette gentilmente a disposizione dei locali che verranno adibiti appositamente ad uso della palestra.

L’apertura è prevista per il 1° febbraio. Nell’attesa di stabilire un calendario stabile di attività, invitiamo chiunque voglia contribuire a questo progetto ad aiutarci. Infatti è aperta la raccolta di materiali utili alla palestra (ovviamente anche usati) come:

specchi, tatami, attrezzi, pesi, corde, sacchi&guantoni, protezioni, colpitori, ecc.

Per qualsiasi info sulla palestra, sui materiali o su corsi che vorreste proporre: tel. 3400537604

#renziscappa anche da Catania

Oggi, la passerella di Renzi al Sud non è andata come pensava.

Da un paio di giorni eravamo a conoscenza dell’intenzione del premier di  mettere piede a Catania. In soli due giorni decine i cambiamenti dell’agenda delle visite e sempre meno il tempo da dedicare alla visita della città. Ma la voglia di contestarlo, di cacciarlo aumentava. Dopo le follie del piano casa, dopo il Jobs Act e l’ultimo voto alla Camera alla legge delega, dopo la sua idea di buona scuola, dopo gli sfratti e gli sgomberi che aumentano… non potevamo non accoglierlo a modo nostro.

La passerella al Sud, tra Catania e Reggio Calabria che è riuscita… se non con tante contestazioni.

Come non accogliere a dovere Renzi a Catania, città che soffre da anni una crisi spaventosa. Tassi di sispersione scolastica altissima, 13.000 e più le persone che attendono una casa popolare dal 2006, senza aver ricevuto ancora risposta, città dove le scuole cadono a pezzi, dove il tasso di disoccupazione è altissimo e l’unica alternativa per i giovani è farsi sfruttare e sottopagare in un call centre (o andare all’EXPO a Milano e lavorare gratis): questa è la catania che viviamo. Catania gestita da un’amministrazione oggi, ma anche ieri, incapace di rispondere alle esigenze della città, che taglia ai servizi (come nel caso degli asili nido) o da risposte inadeguate alla città. La Catania che aspettava Renzi quest’oggi, la VERA Catania, era questa, fatta di precari, disoccupati e studenti, non quella di Bianco e la sua giunta in giacca e cravatta, fiera di avere un premier che ha tagliato milioni di fondi a tante città, comepresa la nostra.

Al momento della visita al Palazzo Comunale le centinaia di manifestanti sono state, inizialmente, confinate lontano dalla visita.
Quando gli studenti, di scuole e università, e i precari hanno raggiunto la piazza in corteo si sono trovati subito uno schieramento di celere a bloccare l’accesso alla piazza. Con decisione nessuno è indietreggiato e, metro dopo metro, tra gli scudi e i manganelli degli sbirri, la piazza è stata raggiunta. Immediatamente il NO a Renzi si è diventato anche un un “NO alla chiusura della piazza”, improvvisamente blindata e resa inaccessibile, se non sul fondo. Era impensabile rimanere così lontani, accettare di essere relegati ad un angolo di una città che è nostra. Così al grido “Questa piazza è pubblica!”, metro dopo metro,  è stato  raggiunto l’accesso del palazzo ormai chiuso e protetto. Visto lo stato delle cose e la piazza sempre più calda, Renzi ha deciso di entrare ed uscire dal retro, evitando ogni possibile confronto con la “città reale” (manovra che è costretto a fare in ogni suo tour fuori da palazzo chigi).
Una volta andato via Renzi, la protesta è diventato un nuovo corteo che ha attraversato la “pescheria” di Catania, in cui tanta è stata la solidarietà ricevuta, per arrivare dentro l’Università di lettere e lingue.

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Corteo di studenti e precari vuole raggiungere il Comune

Renzi, prima di arrivare nella nostra città, ha dichiarato (riferendosi a noi, i “manifestanti”) che prima o poi ci saremo stancati. Invece no caro Matteo, non ci siamo stancati dei tuoi cambiamenti di programma, non ci siamo stancati ad essere strattonati dagli sbirri che, ancora una volta, ti fanno da guardia e ti salvano dal “paese reale”, non ci siamo stancati di scendere in piazza, di fare i nostri picchetti antisfratto, di resistere agli sgomberi e di dire “no”. Ci siamo stancati però di essere sfruttati, sottopagati e resi precari; ci siamo stancati dell’iniquità e dell’ipocrisia di certa politica; ci siamo stancati di essere continuamente ignorati, come hai fatto tu oggi, barricato dentro un palazzo circondato da poliziotti.

Piazza e palazzo blindati: Renzi entra dal retro
Piazza e palazzo blindati: Renzi entra dal retro

Oggi come Catanesi, studenti, precari, disoccupati, lavoratori e sfruttati abbiamo dimostrato che la città è di chi la vive e che un morso alla volta ce la riprendiamo se ci viene negata!
#EatTheCity è un modo di vivere la città!

SE IL CENTRO STORICO VIENE TOCCATO

Da settimane a Catania si fa un gran parlare di violenza gratuita, spaccio, abusivismo, prostituzione, e chi più ne ha più ne metta. Solo gli ultras in questo momento si salvano, ma non ci sorprenderebbe se venissero tirati in ballo anche loro.

Tutto buttato lì in un calderone che persino la migliore strategia della tensione ne apprezzerebbe.

E così in tanti si indignano per lo stato della città, in tanti invocano polizia a protezione della sicurezza.

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Ma di quale sicurezza parliamo? Sicurezza di chi?

Non vogliamo qui screditare o non dar peso agli episodi di violenza accaduti nel centro storico. Vogliamo piuttosto dargli più peso rispetto le “letture” approssimative fatte da molti quotidiani locali, così come dall’ amministrazione, in cui la soluzione individuata, in maniera semplicistica e sbrigativa è “più sicurezza”.

La sicurezza richiesta a gran voce è la sicurezza del centro storico, che dev’essere bello all’ occhio, tranquillo ed accogliente per I turisti, i consumatori della movida e dunque  protetto da un ingente schieramento di forze dell’ ordine.

Non vogliamo qui esprimerci sull’ ovvietà del fatto che polizia e carabinieri non ci rendono più sicuri, considerando che in Italia “la divisa” è sopra ogni legge (vedi caso Cucchi, Aldrovandi, ed una lunga lista).

La domanda che vogliamo porci è “perchè?”.

Perchè esistono quartieri lasciati totalmente a se stessi, alla criminalità organizzata e disorganizzata?

Perchè a Catania l’evasione scolastica è tra le più alte in Italia?

Perchè donne, costrette o volontarie, si prostituiscono e nell’ illegalità rischiano tra un “pappone” violento e la galera?

Perchè abusivi, venditori o parcheggiatori, passano giornate all’ acqua, il sole, il vento nella speranza di fare qualche soldo?

In effetti, quali sono gli interventi strutturali ed effettivi fatte dalle istutizioni nei quartieri popolari? Dov’è e cosa è lo “Stato” a Picanello, Antico Corso, San Cristoforo, Librino (e la lista continua). Quando lo “Stato” si presenta in questi luoghi solo con una divisa e mai con un piano serio per garantire casa, lavoro, istruzione e servizi (dal trasporto alla sanità), come può essere garantita la dignità? Se le grosse spese vengono fatte per eventi come la visita della NATO a Catania, dove stanno poi le spese per il welfare? Non c’è da meravigliarsi poi se, in questa situazione, si creino condizioni in cui la rabbia, il disagio e la marginalità generano delle vere e proprie “guerre fra poveri”.

Forse non è noto il fatto che il 70% dei servizi sono forniti da associazioni di volontariato e gruppi autorganizzati che vivono i quartieri popolari della città; doposcuola, sport, recupero beni o aree verdi, cultura e arte, sbarchi degli immigrati nelle nostre coste, sono solo alcuni dei campi in cui si supplisce alle mancanze dell’amministrazione.

Noi non abbiamo tutte le soluzioni ma viviamo Catania come studenti, lavoratori e precari, attraversandone i diversi quartieri, e vogliamo spostare il focus da i fatti ad alcune delle cause.

Dal canto nostro, crediamo che l‘autorganizzazione dal basso possa essere una delle soluzioni, con i centri sociali occupati ed autogestiti, con la riappropriazione di spazi di socialità come la Peschereal, con la creazione di collettivi dentro le scuole e le università, con sportelli come quello anti sfratto; si recupera dove è abbandonato, si alimenta cultura, si mette in campo impegno civico e politico senza magagne di soldi dietro, si mettono in comune le difficoltà e i bisogni, nonché i sogni, per trovare risposte comuni.

È già chiaro che l’amministrazione, quella attuale, come quelle passate, non sia in grado e non abbia voglia di mettere le mani sui problemi veri della città.

Sta alla gente che vive ogni giorno Catania prendersi cura della propria città, ancora una volta, sta a noi cambiare le sorti del gioco.