Da settimane a Catania si fa un gran parlare di violenza gratuita, spaccio, abusivismo, prostituzione, e chi più ne ha più ne metta. Solo gli ultras in questo momento si salvano, ma non ci sorprenderebbe se venissero tirati in ballo anche loro.
Tutto buttato lì in un calderone che persino la migliore strategia della tensione ne apprezzerebbe.
E così in tanti si indignano per lo stato della città, in tanti invocano polizia a protezione della sicurezza.
Ma di quale sicurezza parliamo? Sicurezza di chi?
Non vogliamo qui screditare o non dar peso agli episodi di violenza accaduti nel centro storico. Vogliamo piuttosto dargli più peso rispetto le “letture” approssimative fatte da molti quotidiani locali, così come dall’ amministrazione, in cui la soluzione individuata, in maniera semplicistica e sbrigativa è “più sicurezza”.
La sicurezza richiesta a gran voce è la sicurezza del centro storico, che dev’essere bello all’ occhio, tranquillo ed accogliente per I turisti, i consumatori della movida e dunque protetto da un ingente schieramento di forze dell’ ordine.
Non vogliamo qui esprimerci sull’ ovvietà del fatto che polizia e carabinieri non ci rendono più sicuri, considerando che in Italia “la divisa” è sopra ogni legge (vedi caso Cucchi, Aldrovandi, ed una lunga lista).
La domanda che vogliamo porci è “perchè?”.
Perchè esistono quartieri lasciati totalmente a se stessi, alla criminalità organizzata e disorganizzata?
Perchè a Catania l’evasione scolastica è tra le più alte in Italia?
Perchè donne, costrette o volontarie, si prostituiscono e nell’ illegalità rischiano tra un “pappone” violento e la galera?
Perchè abusivi, venditori o parcheggiatori, passano giornate all’ acqua, il sole, il vento nella speranza di fare qualche soldo?
In effetti, quali sono gli interventi strutturali ed effettivi fatte dalle istutizioni nei quartieri popolari? Dov’è e cosa è lo “Stato” a Picanello, Antico Corso, San Cristoforo, Librino (e la lista continua). Quando lo “Stato” si presenta in questi luoghi solo con una divisa e mai con un piano serio per garantire casa, lavoro, istruzione e servizi (dal trasporto alla sanità), come può essere garantita la dignità? Se le grosse spese vengono fatte per eventi come la visita della NATO a Catania, dove stanno poi le spese per il welfare? Non c’è da meravigliarsi poi se, in questa situazione, si creino condizioni in cui la rabbia, il disagio e la marginalità generano delle vere e proprie “guerre fra poveri”.
Forse non è noto il fatto che il 70% dei servizi sono forniti da associazioni di volontariato e gruppi autorganizzati che vivono i quartieri popolari della città; doposcuola, sport, recupero beni o aree verdi, cultura e arte, sbarchi degli immigrati nelle nostre coste, sono solo alcuni dei campi in cui si supplisce alle mancanze dell’amministrazione.
Noi non abbiamo tutte le soluzioni ma viviamo Catania come studenti, lavoratori e precari, attraversandone i diversi quartieri, e vogliamo spostare il focus da i fatti ad alcune delle cause.
Dal canto nostro, crediamo che l‘autorganizzazione dal basso possa essere una delle soluzioni, con i centri sociali occupati ed autogestiti, con la riappropriazione di spazi di socialità come la Peschereal, con la creazione di collettivi dentro le scuole e le università, con sportelli come quello anti sfratto; si recupera dove è abbandonato, si alimenta cultura, si mette in campo impegno civico e politico senza magagne di soldi dietro, si mettono in comune le difficoltà e i bisogni, nonché i sogni, per trovare risposte comuni.
È già chiaro che l’amministrazione, quella attuale, come quelle passate, non sia in grado e non abbia voglia di mettere le mani sui problemi veri della città.
Sta alla gente che vive ogni giorno Catania prendersi cura della propria città, ancora una volta, sta a noi cambiare le sorti del gioco.