Negli ultimi mesi Niscemi non è più conosciuta solo per la base militare della U.S. Navy nel bel mezzo della sughereta, per le oltre 40 antenne installate al suo interno e per l’imminente installazione del MUOS. Da qualche mese a questa parte, infatti, Niscemi è diventata la culla di un grande movimento popolare contro l’installazione del MUOS, la presenza americana nel territorio e quelle logiche che portano la politica di palazzo a fare orecchie da mercante.
Che il MUOS faccia male lo sappiamo: ce lo dicono gli studi dei professori Zucchetti e Coraddu del Politecnico di Torino; ce lo dicono le altre installazioni esistenti, tutte effettuate in zone desertiche; ce lo dice soprattutto il fatto che tutti gli studi e le perizie richieste siano sempre state fatte da periti e professori “di parte”, rifiutando la collaborazione della controparte; ce lo dice il fatto che la Marina Militare americana abbia deciso di spostare l’installazione delle antenne da Sigonella a Niscemi. Si, perché queste onde non fanno male soltanto alle persone ma c’è l’alta probabilità che interferiscano con le frequenze aeree e apparecchiature elettroniche di vario tipo (dai computer ai peacemaker). Ed è proprio per permettere la realizzazione di questo strumento di morte che i confini della sughereta sono stati modificati, che ettari ed ettari di riserva naturale sono stati devastati, che le autorizzazioni sono state concesse senza degli studi precisi, che gli sbagli sono stati nascosti, camuffati e le responsabilità insabbiate. Che il MUOS serva per rendere gli strumenti di guerra sempre più informatizzati e meccanizzati, aggressivi e mortali, permettendo la deresponsabilizzazione di qualsiasi funzionario per sbagli o malfunzionamenti lo sappiamo pure.
Tutto questo è noto ormai da tempo. Ciò che è davvero nuovo, inaspettato, è che qualcuno ha iniziato ad opporsi a questo stato di cose. Sempre di più.
Da mesi, infatti, il movimento NoMuos presidia in maniera permanente la base. Il presidio è diventato un luogo di ritrovo per molti, i Comitati nascono ormai ovunque, i cancelli delle basi non sono lasciati mai scoperti, persone da tutta la Sicilia si mobilitano per partecipare ai blocchi. Ed è proprio grazie a questi blocchi che la Regione ha deciso di avviare le procedure per l’arresto della costruzione delle antenne e che il console statunitense ha promesso di bloccare i lavori fino a quando la situazione non si sarebbe chiarita. È sempre grazie a questa presenza sempre più massiccia del movimento che sono iniziate ad arrivare anche le prime intimidazioni: identificazioni immotivate, fogli di via sempre più numerosi, fino ad arrivare alle manganellate nella notte fra il 10 e l’11 gennaio (per aprire il blocco degli attivisti e far passare la gru della Comina utilizzata per la costruzione del muos), e alle MammeNoMuos strattonate e spinte via dalla polizia per fare passare militari e operai diretti alla base. Tutte intimidazioni però cadute nel vuoto perché se ad ogni foglio di via ricevuto il presidio diventava sempre più popolato, se dopo le manganellate avute si è costituito uno dei comitati più attivi e conosciuti del movimento (quello delle MammeNoMuos), se quello che vuole ottenere il movimento non è solo lo smantellamento del muos ma di tutta la base nella sughereta, allora è chiaro che non c’è nessuna intenzione di fare un passo indietro da parte delle attiviste e degli attivisti. Anzi, si allarga il campo del presidio, diventato troppo stretto nel tempo. E si allarga anche il campo della solidarietà e della rete fra movimenti. La rete NoPonte, il movimento NoTav e quello NoMuos hanno lanciato da diverso tempo un appello comune che ribadisce i loro “no”, tutti in realtà legati dagli stessi motivi, dalle stesse speranze, dalle stesse prospettive. Da qui l’inizio di un cammino che vedrà in piazza a Messina la rete NoPonte il 16 marzo, il movimento NoTav in Val Susa il 23 marzo e quello NoMuos alla base il 30 marzo. Tutte date di rilevanza nazionale, tutte date comuni, legate l’una all’altra come gli anelli di una catena che si completano.
In questi mesi quindi se la repressione e le risposte del governo si sono intensificate, per numero e tipo, con lo scopo di proteggere interessi stranieri di tipo militare ed economico, è anche cresciuto un movimento di protesta, e non solo in termini numerici. È cresciuta la voglia di stare insieme, è cresciuta la voglia di raggiungere degli obbiettivi comuni, è crescita la capacità di immaginare un domani diverso, costruito da migliaia di mani. E’ cresciuta la consapevolezza che insieme, un movimento può pensare di vincere, davvero.
Dire “NO” al muos significa dire “Si” ad una vita sana, lontana dal rischio di essere contaminata dalle emissioni di onde nocive; significa dire “Si” ad un territorio non stuprato, vissuto nel rispetto delle riserve e del patrimonio naturalistico; significa dire “Si” alla smilitarizzazione e “No” alle guerre allo stesso tempo; significa dire “Si” alla sovranità popolare che ha trovato modi diversi di esprimersi dal voto e che vuole essere rispettata per quello che decide.
NO MUOS per noi significa dire tutto questo.
Come sempre vicine e vicini alle attiviste e attivisti del presidio, parteciperemo il 30 marzo alla manifestazione nazionale di Niscemi e invitiamo tutte e tutti a farlo, in virtù di tutti quei “si” che si celano il quel “no”.