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Nuova provocazione fascista nelle scuole

Riportiamo il comunicato del KAOS in merito alla nuova ondata di provocazioni che hanno colpito alcune scuole cittadine.

“Ancora una volta ci svegliamo con i muri delle nostre scuole imbrattati da scritte razziste e fasciste, firmate dall’associazione studentesca neofascista “Assalto Studentesco”, legata al Cervantes.

Non cadiamo in queste becere provocazioni e continuiamo il nostro lavoro, portando avanti un antifascismo che sia militante su tutti fronti, con la cultura e la controinformazione nelle nostre scuole e con la presenza costante in città.

Una delle varie scritte cita “Riprendiamoci tutto”, e vogliamo ricordare che chi quest’anno si è davvero ripreso tutto non ha avuto bisogno di scriverlo a caratteri cubitali sui mri di questa città, ma lo ha dimostrato coi fatti: manifestazioni, banchetti, autogestioni e occupazioni nelle scuole.

Invitiamo tutte le scuole a non abbassare la testa savanti a queste provocazioni,  ma a continuare a dichiararsi a gran voce antifasciste.

Fuori i fascisti da scuole e città!

Koordinamento AutoOrganizzato Studentesco”

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#renziscappa anche da Catania

Oggi, la passerella di Renzi al Sud non è andata come pensava.

Da un paio di giorni eravamo a conoscenza dell’intenzione del premier di  mettere piede a Catania. In soli due giorni decine i cambiamenti dell’agenda delle visite e sempre meno il tempo da dedicare alla visita della città. Ma la voglia di contestarlo, di cacciarlo aumentava. Dopo le follie del piano casa, dopo il Jobs Act e l’ultimo voto alla Camera alla legge delega, dopo la sua idea di buona scuola, dopo gli sfratti e gli sgomberi che aumentano… non potevamo non accoglierlo a modo nostro.

La passerella al Sud, tra Catania e Reggio Calabria che è riuscita… se non con tante contestazioni.

Come non accogliere a dovere Renzi a Catania, città che soffre da anni una crisi spaventosa. Tassi di sispersione scolastica altissima, 13.000 e più le persone che attendono una casa popolare dal 2006, senza aver ricevuto ancora risposta, città dove le scuole cadono a pezzi, dove il tasso di disoccupazione è altissimo e l’unica alternativa per i giovani è farsi sfruttare e sottopagare in un call centre (o andare all’EXPO a Milano e lavorare gratis): questa è la catania che viviamo. Catania gestita da un’amministrazione oggi, ma anche ieri, incapace di rispondere alle esigenze della città, che taglia ai servizi (come nel caso degli asili nido) o da risposte inadeguate alla città. La Catania che aspettava Renzi quest’oggi, la VERA Catania, era questa, fatta di precari, disoccupati e studenti, non quella di Bianco e la sua giunta in giacca e cravatta, fiera di avere un premier che ha tagliato milioni di fondi a tante città, comepresa la nostra.

Al momento della visita al Palazzo Comunale le centinaia di manifestanti sono state, inizialmente, confinate lontano dalla visita.
Quando gli studenti, di scuole e università, e i precari hanno raggiunto la piazza in corteo si sono trovati subito uno schieramento di celere a bloccare l’accesso alla piazza. Con decisione nessuno è indietreggiato e, metro dopo metro, tra gli scudi e i manganelli degli sbirri, la piazza è stata raggiunta. Immediatamente il NO a Renzi si è diventato anche un un “NO alla chiusura della piazza”, improvvisamente blindata e resa inaccessibile, se non sul fondo. Era impensabile rimanere così lontani, accettare di essere relegati ad un angolo di una città che è nostra. Così al grido “Questa piazza è pubblica!”, metro dopo metro,  è stato  raggiunto l’accesso del palazzo ormai chiuso e protetto. Visto lo stato delle cose e la piazza sempre più calda, Renzi ha deciso di entrare ed uscire dal retro, evitando ogni possibile confronto con la “città reale” (manovra che è costretto a fare in ogni suo tour fuori da palazzo chigi).
Una volta andato via Renzi, la protesta è diventato un nuovo corteo che ha attraversato la “pescheria” di Catania, in cui tanta è stata la solidarietà ricevuta, per arrivare dentro l’Università di lettere e lingue.

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Corteo di studenti e precari vuole raggiungere il Comune

Renzi, prima di arrivare nella nostra città, ha dichiarato (riferendosi a noi, i “manifestanti”) che prima o poi ci saremo stancati. Invece no caro Matteo, non ci siamo stancati dei tuoi cambiamenti di programma, non ci siamo stancati ad essere strattonati dagli sbirri che, ancora una volta, ti fanno da guardia e ti salvano dal “paese reale”, non ci siamo stancati di scendere in piazza, di fare i nostri picchetti antisfratto, di resistere agli sgomberi e di dire “no”. Ci siamo stancati però di essere sfruttati, sottopagati e resi precari; ci siamo stancati dell’iniquità e dell’ipocrisia di certa politica; ci siamo stancati di essere continuamente ignorati, come hai fatto tu oggi, barricato dentro un palazzo circondato da poliziotti.

Piazza e palazzo blindati: Renzi entra dal retro
Piazza e palazzo blindati: Renzi entra dal retro

Oggi come Catanesi, studenti, precari, disoccupati, lavoratori e sfruttati abbiamo dimostrato che la città è di chi la vive e che un morso alla volta ce la riprendiamo se ci viene negata!
#EatTheCity è un modo di vivere la città!

JOBS ACT: dove ci eravamo lasciati

Ci eravamo lasciati qualche tempo fa con uno studio approfondito del Jobs Act e delle sue conseguenze nel mondo del lavoro.

Oggi il Jobs Act torna a far parlare di sé, proprio perché in questi giorni è in discussione la legge delega al Governo che lo riguarda, ovvero quella legge che delega al governo tutta una serie di “poteri extra” che gli permetteranno, senza passare dal Parlamento in futuro, di attuare con altri atti legislativi il fantomatico Jobs Act.

Leggendo anche questo testo, sono saltati fuori altri bluff del governo Renzi… questa volta scritti in maniera esageratamente generica.

Ma andiamo per ordine.

Anche in questo caso, ci siamo trovati davanti 6 articoli, i quali toccano diversi punti nevralgici del mondo del lavoro: dalle tipologie contrattuali, agli ammortizzatori sociali, passando per la maternità.

L’articolo 1 (“Delega al Governo in materia di ammortizzatori sociali”) riguarda appunto gli ammortizzatori sociali. Da un lato mettono mano alla CIG (Cassa Integrazione Guadagni) e dall’altro all’ ASpI (Assicurazione Sociale per l’Impiego). Per quanto riguarda il primo aspetto, si ridimensionano le possibilità di ricorrere alla CIG, (non è più permesso ricorrere ad essa per cessazione dell’attività dell’azienda); inoltre, si auspica per le piccole aziende che non possono accedere alla CIG una compensazione con i contratti di solidarietà (cosa già prevista fra l’altro) ma… non si prevedono ulteriori finanziamenti per i contratti di solidarietà. Della serie: so bene che i soldi non sono sufficienti però… io ti ricordo che esiste anche questo ammortizzatore, se ci arrivi usalo!

L’articolo 2 (“Delega al Governo in materia di servizi per il lavoro e politiche attive”) praticamente intende riordinare le agenzie del lavoro, mettendole sotto una unica grande agenzia. Bella idea. Peccato che sia anche questa una manovra a costo zero per cui si spaccia un semplice riordino come l’investimento del secolo per i servizi al lavoro e le politiche attive. L’Italia quindi continuerà a spendere lo 0.03 % del PIL contro lo 0.25% in Europa per questo tipo di politica. Grande contraddizione questa per il governo Renzi, che non fa altro che promuovere la Garanzia Giovane come la soluzione per la disoccupazione giovanile… ma poi non investe un euro per migliorare le agenzie del lavoro, “base” del grande disegno europeo per garantire i giovani.

L’articolo 4 (“Delega al Governo in materia di riordino delle forme contrattuali”) prevede il riordino delle forme contrattuali (fino ad oggi più di 40), con eventuale cancellazione di alcune di esse, ma prevede anche la possibilità di crearne delle altre, se servono. Introduce inoltre il contratto a tutela crescente, secondo cui un nuovo assunto, per i primi tre anni di lavoro, avrà un contratto con tutele al minimo storico: salario basso, tutele previdenziali e lavorative quasi nulle, sempre a rischio di licenziamento. Al termine di questo calvario, che può durare dai due a i tre anni, allora si raggiungono standard minimi di dignità, per cui il salario si rende pari agli altri, arrivano un pizzico di tutele in più. Alcuni lodano questo colpo di genio, che sa tanto di meritocrazia. Peccato che quello che non si dice sulle tutte crescenti è che, grazie alle decine di contratti atipici (a tempo determinato) e al Jobs Cct nuovo di zecca, arrivare a lavorare tre anni nello stesso posto di lavoro è davvero difficile. Ancora più difficile pensare che, allo scadere di questo primo periodo, effettivamente venga rinnovato un contratto con tutte le sacrosante tutele, compreso un salario decente, pari a quello degli altri. Perché, si sa, la scelta del datore di lavoro è quella che sa di risparmio. E un lavoratore appena assunto, grazie alle tutele crescenti, costa meno rispetto ad uno più “anzianotto”.

La chicca è l’ultimo articolo, il sesto, che mette un freno a tutte le belle parole: tutto questo è possibile farlo se non si prevedono ulteriori voci di spesa nel bilancio dello stato.

Eccoli i grandi investimenti del governo Renzi nel mercato del lavoro: un semplice riordino di carte, tagli agli ammortizzatori sociali e una mano (se non più) tesa agli imprenditori (poverini!) che sentivano ancora l’esigenza di meccanismi atti a pagare meno la forza lavoro e potersene liberare quando inizia ad essere un pizzico più cara.

Continua quindi la crociera del decreto delega tra Camera e Senato, anche se il buon Renzi ha deciso di dargli un’accelerata: il 1° gennaio tutto deve essere pronto per entrare in vigore.

Mentre attendiamo quindi le sorti di questo decreto e i futuri decreti attuativi, noi continuiamo a vigilare, studiare, informare… e scendere in piazza.

SE IL CENTRO STORICO VIENE TOCCATO

Da settimane a Catania si fa un gran parlare di violenza gratuita, spaccio, abusivismo, prostituzione, e chi più ne ha più ne metta. Solo gli ultras in questo momento si salvano, ma non ci sorprenderebbe se venissero tirati in ballo anche loro.

Tutto buttato lì in un calderone che persino la migliore strategia della tensione ne apprezzerebbe.

E così in tanti si indignano per lo stato della città, in tanti invocano polizia a protezione della sicurezza.

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Ma di quale sicurezza parliamo? Sicurezza di chi?

Non vogliamo qui screditare o non dar peso agli episodi di violenza accaduti nel centro storico. Vogliamo piuttosto dargli più peso rispetto le “letture” approssimative fatte da molti quotidiani locali, così come dall’ amministrazione, in cui la soluzione individuata, in maniera semplicistica e sbrigativa è “più sicurezza”.

La sicurezza richiesta a gran voce è la sicurezza del centro storico, che dev’essere bello all’ occhio, tranquillo ed accogliente per I turisti, i consumatori della movida e dunque  protetto da un ingente schieramento di forze dell’ ordine.

Non vogliamo qui esprimerci sull’ ovvietà del fatto che polizia e carabinieri non ci rendono più sicuri, considerando che in Italia “la divisa” è sopra ogni legge (vedi caso Cucchi, Aldrovandi, ed una lunga lista).

La domanda che vogliamo porci è “perchè?”.

Perchè esistono quartieri lasciati totalmente a se stessi, alla criminalità organizzata e disorganizzata?

Perchè a Catania l’evasione scolastica è tra le più alte in Italia?

Perchè donne, costrette o volontarie, si prostituiscono e nell’ illegalità rischiano tra un “pappone” violento e la galera?

Perchè abusivi, venditori o parcheggiatori, passano giornate all’ acqua, il sole, il vento nella speranza di fare qualche soldo?

In effetti, quali sono gli interventi strutturali ed effettivi fatte dalle istutizioni nei quartieri popolari? Dov’è e cosa è lo “Stato” a Picanello, Antico Corso, San Cristoforo, Librino (e la lista continua). Quando lo “Stato” si presenta in questi luoghi solo con una divisa e mai con un piano serio per garantire casa, lavoro, istruzione e servizi (dal trasporto alla sanità), come può essere garantita la dignità? Se le grosse spese vengono fatte per eventi come la visita della NATO a Catania, dove stanno poi le spese per il welfare? Non c’è da meravigliarsi poi se, in questa situazione, si creino condizioni in cui la rabbia, il disagio e la marginalità generano delle vere e proprie “guerre fra poveri”.

Forse non è noto il fatto che il 70% dei servizi sono forniti da associazioni di volontariato e gruppi autorganizzati che vivono i quartieri popolari della città; doposcuola, sport, recupero beni o aree verdi, cultura e arte, sbarchi degli immigrati nelle nostre coste, sono solo alcuni dei campi in cui si supplisce alle mancanze dell’amministrazione.

Noi non abbiamo tutte le soluzioni ma viviamo Catania come studenti, lavoratori e precari, attraversandone i diversi quartieri, e vogliamo spostare il focus da i fatti ad alcune delle cause.

Dal canto nostro, crediamo che l‘autorganizzazione dal basso possa essere una delle soluzioni, con i centri sociali occupati ed autogestiti, con la riappropriazione di spazi di socialità come la Peschereal, con la creazione di collettivi dentro le scuole e le università, con sportelli come quello anti sfratto; si recupera dove è abbandonato, si alimenta cultura, si mette in campo impegno civico e politico senza magagne di soldi dietro, si mettono in comune le difficoltà e i bisogni, nonché i sogni, per trovare risposte comuni.

È già chiaro che l’amministrazione, quella attuale, come quelle passate, non sia in grado e non abbia voglia di mettere le mani sui problemi veri della città.

Sta alla gente che vive ogni giorno Catania prendersi cura della propria città, ancora una volta, sta a noi cambiare le sorti del gioco.