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#IoResto per #FareTerritorio: verso il 24 maggio

mezzogiorno_300_202Se è vero che la politica dal basso deve partire dalle esigenze reali, è pure vero che, per chi vive il Sud, parlare di “emigrazione” è più che mai necessario. Basta un solo dato, un solo numero per capire la portata del flusso migratorio che, negli ultimi anni, ha visto giovani e non, studenti e disoccupati, fare le valigie e partire. Ci riferiamo all’ultimo rapporto Svimez 2014 sull’economia del mezzogiorno che registra, negli ultimi venti anni, circa 2.3 milioni di persone emigrate dal Sud al Centro-Nord.

Nei mesi passati il tema ci si è riproposto davanti più volte. L’ultima volta, a dicembre scorso, in un incontro regionale titolato “Dalle città a Niscemi, da Niscemi alle città” avevamo avuto modo di confrontarci con altre compagne e compagni sull’importanza della politica dal basso nel territorio e sull’impatto negativo dell’emigrazione per lo stesso territorio. L’abbandono delle proprie città e dei propri paesi da parte di tante persone, ormai di età molto diverse, è una grana con cui il Sud Italia tutto fa i conti, ma su cui ci si è interrogati davvero poco in maniera produttiva, almeno non in un momento comune di incontro. Eppure i numeri della gente che emigra aumentano.

Se da un lato la politica istituzionale ha solo marginalmente, e in maniera fallimentare, toccato la tematica, chi come noi resta fuori dai palazzi del potere non può non porsi delle domande sul tema. Domande che non hanno ancora trovato risposta ma che hanno fatto crescere in noi la volontà di capire meglio e analizzare il cuore della questione. A questo punto, le statistiche, le semplici percentuali in relazione a diversi periodi storici non sono stati più sufficienti. Abbiamo quindi voluto iniziare un percorso di conricerca a livello regionale, che possa analizzare la relazione tra la militanza politica e le scelte di emigrazione e non-emigrazione.

I focus di questo esperimento sono fondamentalmente tre. Prima indagare la relazione tra la militanza politica di tante compagne e tanti compagni di tutta la regione e le loro opinioni sull’emigrazione e il rimanere in Sicilia. In secondo luogo, confrontare questi risultati con le opinioni e le scelte di chi forse non è molto attivo politicamente o magari ha un senso di appartenenza politica minore. Infine, arrivare a chi, seppur militante attivo in collettivi studenteschi, comitati territoriali o centri sociali, ha comunque deciso di partire, di andar via dalla propria terra.

Il primo step di questa conricerca riguarda strettamente “noi”, militanti e attivisti, coloro i quali spesso danno per scontato che per chi ogni giorno si attiva sul proprio territorio è automatico non solo vedere l’emigrazione come un male ma anche non prendere l’emigrazione come possibilità. Da Catania a Palermo, passando per Niscemi e Messina e molte altre città di tutta l’isola, da circa un mese la nostra conricerca è passata di città in città per raccogliere le esperienze e le “voci” di realtà diverse.

Ci sembra essere arrivato il momento di incontrarsi in un primo momento di confronto sul primo dei tre step della conricerca, che senza dei momenti di analisi comune e confronto perderebbe certamente il suo senso.

Domenica 24 maggio quindi dedicheremo un’intera giornata a questo tema e non solo. Infatti, per l’occasione, nella stessa giornata si terrà un incontro di studenti provenienti da diverse città del Sud. Studenti questi che, incontratisi in altre occasioni, hanno sentito l’esigenza di confrontarsi su alcuni temi come studentesse e studenti meridionali, consci che tematiche attuali (dalla buona scuola, all’emergenza abitativa) hanno al Sud un impatto sociale spesso diverso che nel resto d’Italia.

La giornata del 24 maggio vuole essere un punto di partenza per esprimere un comune #IoResto, affinché, seppur nelle diversità, si riparli ancora dell’importanza di essere e fare territorio.

5000 in piazza: 4 aprile no muos!

Oggi in occasione della manifestazione no muos 5000 persone hanno attraversato Contrada Ulmo. Il corteo, partito dopo le 14.00 dal presidio permanente, si è dimostrato fin da subito gioioso, colorato ma deciso. Molti infatti gli interventi che hanno ribadito come una sentenza del TAR e un sequestro della stazione non sono sufficienti per il movimento, che ha ancora come obbiettivo la smilitarizzazione della Sughereta.

In testa al corteo il coordinamento dei comitati e le mamme no muos, seguiti da collettivi, centri sociali e infine associazioni di diverso tipo. Presente inoltre una cospicua delegazione dalla Val di Susa e molti no triv. Sparse in tutto il corteo diverse persone vestite da indiani d’America, per ricordare come il democratico popolo americano nasce dall’ingiusto sterminio e ghettizzazione di un intero popolo.

A ribadire i toni gioiosi ma decisi della manifestazione, una performance goliardica ma di alto valore simbolico. Un piccolo gruppo di coniglietti “pasquali” giunti fin dall’inizio del corteo ha, in maniera giocosa, distrutto durante il corteo tre modellini di antenne MUOS. La performance goliardica dei coniglietti ha comunque un alto valore simbolico. Infatti, nonostante le denunce e le molte altre misure cautelari rivolte ad alcuni militanti nomine, nel malcelato tentativo di dividere e “isolare i violenti”, si è voluto dimostrare così che il movimento è ampio e composito, capace di esprimersi in diversi modi senza perdere di vista l’obbiettivo ultimo: lo smontaggio del MUOS e la smilitarizzazione della sughereta.

Le 5000 persone che, da tutta la Sicilia e dal resto d’Italia, hanno deciso di partecipare alla manifestazione di oggi dimostrano non soltanto una unità delle diverse lotte territoriali, ma anche l’ostinata volontà di non demordere su Niscemi e la base di Contrada Ulmo.

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Testa del corteo
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Coniglietti “pasquali”
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Distruzione antenne

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Tra sentenze e sequestri: 4 aprile no muos!

10991425_908999299167790_5348896420729829607_nIl 13 febbraio scorso il TAR ammette, in una lunga sentenza, che il MUOS è abusivo. Dopo i primi giorni di esultanza da parte di molti, presto si è capito che questa sentenza è solo una tappa, una delle tante e importanti conferme di come il movimento tutto ha sempre avuto ragione a non volere il MUOS. Da qui l’esigenza di indire una manifestazione nazionale che non soltanto pretende il rispetto della sentenza, ma che ricorda a tutti che essere contrari al MUOS significa anche essere contro ogni guerra e contro la militarizzazione del territorio.

Da quando la manifestazione è stata indetta ad oggi, alle porte del 4 aprile, sono successe molte cose. I lavori alla stazione MUOS hanno continuato il loro normale corso, richiamando in Contrada Ulmo la presenza attiva delle attiviste e degli attivisti no muos che hanno quindi ripreso a bloccare l’accesso alla base. Inoltre, come se ce ne fosse ancora bisogno, ad ulteriore conferma di quale è la posizione del governo italiano in tutta questa vicenda, arriva repentino il ricorso della sentenza in CGA da parte del Ministero della Difesa italiano, affermando così che il governo preferisce tutelare gli interessi di una super potenza invece che quelli di un intero popolo.

In questo quadro quindi, l’esigenza di partecipare, di scendere nuovamente in piazza si è fatta sempre più forte. Arriva poche ore fa la notizia del sequestro della stazione MUOS per ordine della procura di Caltanissetta. Notizia che può certamente essere letta in modi diversi. Da un lato come una conquista dopo il duro lavoro degli avvocati e settimane di pressante richiesta da parte dei comitati affinché la sentenza venga rispettata per quella che è. Dall’altro come parte di una storia già scritta e già vissuta, almeno dal movimento no MUOS. Non è molto lontano l’ottobre 2012 quando,a pochi giorni prima di una delle prime grandi manifestazioni no muos in Contrada Uomo, la stessa procura di Caltanissetta ordinò il sequestro del cantiere; sequestro revocato pochi giorni dopo, senza nessuna degna motivazione, senza che nulla fosse di fatto cambiato. Il fatto che questo sequestro arriva a più di un mese dalla sentenza del TAR, nonostante da settimane continuano i lavori alla stazione con la sola presenza degli attivisti a “disturbare” il normale corso delle cose, a pochi giorni di una manifestazione nazionale, fa credere che la vera intenzione della procura è quella di disincentivare la partecipazione delle persone alla manifestazione del 4 aprile, facendo appello al “senso di fiducia” nelle istituzioni.

È chiaro che questo sequestro è anche merito della pressione di attiviste e attivisti. È però anche chiaro che non basta. Se il MUOS è abusivo, il MUOS va eliminato. Il sequestro è un passo importante, tanto quanto la sentenza, ma da solo non ha senso. La partecipazione dal basso, l’impegno e la ripresa della mobilitazione posso dare senso a queste misure, mettere alle strette chi decide e costringerlo a prendere posizione. 

Partecipare sabato a Niscemi per noi acquista dunque maggior senso.

Se “i popoli in rivolta scrivono la storia” allora è tempo di girare pagina e scendere in piazza.

Il 4 aprile sarà colore no muos!

Perché #sui17cimettiamolafirma e non solo

11072271_10206715533112588_735751105_nUna settimana fa la notizia clamorosa di 17 obblighi di firma nei confronti di 17 compagne e compagni di Palermo, dei centri sociali Ex-Karcere e Anomalia. L’accusa è di “associazione a delinquere”, in quanto facenti parte dei due centri sociali costituitisi “al fine di commettere delitti contro l’ordine pubblico, l’incolumità pubblica, il patrimonio e la persona”. Nello specifico, i fatti contestati, e per cui si è arrivata a cotanta fantasiosa accusa, sono per la maggior parte cortei e occupazioni svoltisi tra il 2010 e il 2011 contro la riforma universitaria dell’allora Ministro Gelmini.

Quel periodo è impresso molto bene nella memoria collettiva di un’intera generazione. Moltissime piazze in tutta Italia erano colme di giovani studenti, in pieno fermento politico e sociale, tutti determinati a fermare quella riforma sul mondo dell’istruzione universitaria, ennesimo atto dello smantellamento sia del diritto allo studio che della qualità della formazione (e, col senno di poi, dire che quelle piazze avevano ancora una volta ragione è forse poco). A Palermo, come in molte altre città, si sono svolte tante, tantissime manifestazioni (alcune delle quali certamente non comunicate alla questura), sono stati occupati degli edifici ed è anche successo di scontrarsi fisicamente con la polizia, unica risposta che in mesi di mobilitazione molti studenti hanno ricevuto dal governo.

Ma di questo si è parlato molto e su questo non vogliamo tornare, perché ciò che colpisce l’attenzione è altro.

Non possiamo e non vogliamo ridurre questi 17 obblighi di firma a “l’ennesimo atto repressivo ingiustificato e sproporzionato”, perché sarebbe scorretto, miope. Questi 17 obblighi di firma sono il risultato di un fantasioso quanto infame teorema in cui centri sociali impegnati sul territorio, che promuovono il diritto allo studio attraverso il doposcuola popolare e che lo sport come forma di socializzazione attraverso una palestra, diventano luoghi in cui si delinque. Il tentativo è quindi quello di distorcere il senso reale delle cose, come il valore politico e sociale di uno spazio occupato, e di provare ancora una volta a recidere ogni forma di dissenso attraverso accuse pesanti e misure sproporzionate. Così, il problema politico degli spazi che mancano, del dissenso che diventa rabbia e riempie le strade, dell’esigenza di dover insieme creare delle condizioni per risolvere dei problemi generati crisi e governi viene del tutto svilito, volutamente messo da parte e non considerato. Diventa reato di associazione a delinquere o problema di ordine pubblico. Impianto infame, fortemente sostenuto da una stampa che, senza ritegno, una settimana fa sbatteva i nomi e i cognomi di queste 17 persone tacciate di essere, appunto, delinquenti, violenti.

Criminalizzare il dissenso. Ecco quanto.

Noi sappiamo bene che Ex Karcere e Anomalia non sono associazioni a delinquere, sappiamo anche che dentro la Palestra Popolare non si allenano pericolosi picchiatori e conosciamo quelle 17 persone per quello che sono, compagne e compagni.

In queste occasioni si scrivono molte parole, dettate dal bisogno di colmare spesso delle distanze fisiche e dimostrare, far arrivare in qualche modo il calore della solidarietà, l’attenzione a non voler lasciare solo nessuno. Ed è giusto che sia così.

In questo caso, per noi le parole scritte sono superflue perché, oltre a “metterci la firma”, venerdì saremo a Palermo, alla manifestazione cittadina indetta contro queste misure. Condividere questa piazza è per noi il modo migliore per dire a questi nostri compagni che ci siamo, solidali e complici.

Si parte dal Centro Sociale Liotru, via Montevergine 8, alle 13.00 di venerdì 20 marzo. Chiunque voglia aggiungersi o avere altre info può chiamare il 3276104927.