1871-2015 Ha ancora senso parlare de La Comune?

Molti, troppi, hanno oggi difficoltà nel volgere lo sguardo al passato. Diffidenza o stizza verso ciò che non si ritiene glorioso, verso ciò che non ha potuto o saputo perdurare nel tempo.
A tanti processi storici, episodi o veri e propri fenomeni potremmo riferirci, ma nello specifico, adesso, è de La Comune di Parigi che vorremmo parlare, anzi, riparlare.
Riparlare, si, perché oggi che la difficoltà dei movimenti è più che lampante, e la stretta tra l’incapacità di mobilitare e l’innalzamento della repressione, spesso, anzicchè unire, divide, crediamo sia necessario riprendere le analisi, e farlo con un occhio al passato.
Scriveva Marx a proposito de La Comune: “Essa non ha utopie belle e pronte da introdurre par décret du peuple. Sa che per realizzare la propria emancipazione, e con essa quella forma di vita più elevata alla quale tende irresistibilmente la società odierna per la sua stessa struttura economica, essa dovrà passare attraverso lunghe lotte, per tutta una serie di processi storici che trasformeranno completamente le circostanze e gli uomini. La classe operaia non ha da realizzare ideali, ma soltanto liberare gli elementi della nuova società dei quali è gravida la vecchia società in via di disfacimento.”¹
La Comune fu esperienza spontanea, ma notevolmente avanzata sul piano delle riforme e rivendicazioni, e al tempo stesso non si discostò di un passo dal contesto sociale in cui avvenne.
La Comune non fu “soluzione” ma sperimentazione.
Potrebbe essere giunto il momento di ritornare ad allungare le prospettive di lotta che mettiamo quotidianamente in campo, allungare gli orizzonti e non aver paura di sperimentare forme e tempi nuovi di conflitto e di riappropriazione.
Crediamo che ancora per molto il Movimento “dovrà passare attraverso lunghe lotte, per tutta una serie di processi storici che trasformeranno completamente le circostanze e gli uomini”, daltronde, se forma e contenuto del capitalismo non sono elementi invariati ma, invece, storici e discontinui, allora la nostra lotta non può che, continuamente, evolversi e misurarsi in un’analisi costante, non può che approcciarsi in maniera conflittuale ad un sistema vigente, costruendo l’alternativa nell’oggi e in prospettiva.
Eppure nella difficoltà, non tutto è negativo. Ancora una volta il capitalismo ha mostrato il suo volto più arcigno e crudele, ed il “sogno capitalista” è già svanito da tempo persino in quei luoghi che fino a poco tempo fa erano fortezza del sistema.

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Scriveva Lenin: “Fu un avvenimento senza precedenti nella storia. Fino allora, il potere era stato sempre generalmente nelle mani dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti, cioè dei loro uomini di fiducia formanti il cosiddetto governo. Dopo la rivoluzione del 18 marzo, dopo la fuga da Parigi del governo del signor Thiers, delle sue truppe, della sua polizia e dei suoi funzionari, il popolo rimase padrone della situazione e il potere passò al proletariato. Ma, nella società attuale, il proletariato è economicamente asservito al capitale, non può dominare politicamente senza spezzare le catene che lo avvincono al capitale. Ecco perché il movimento della Comune doveva inevitabilmente assumere un colore socialista, tendere cioè all’abbattimento del dominio della borghesia, del dominio del capitale, e alla demolizione delle basi stesse del regime sociale dell’epoca.”²
L’ esperienza de La Comune porta esempi concreti di contropotere possibile.
L’incompatibilità di un mondo in cui vigono giustizia, uguaglianza, solidarietà con l’esistenza del capitale è sotto gli occhi di tutti, a noi spetta l’arduo compito di riuscire a spezzare quelle catene.

1. Karl Marx, “L’Indirizzo”
2. Vladimir Lenin, “In memoria della Comune”