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SCIENZE POLITICHE OCCUPATA

Oggi un corteo di centinaia di studenti è partito da Piazza Roma, attraversando la città di Catania. Arrivato in Piazza Stesicoro, il corteo ha deviato il percorso imboccando Corso Sicilia, arrivando davanti alla Banca d’Italia dove è stato effettuato un folto lancio di carta igienica. Da lì, il corteo ha continuato deciso fino ad arrivare al plesso di Via Gravina del dipartimento di Scienze Politiche, dichiarato occupato dagli stessi studenti.

Direttamente dal comunicato del KAOS (Koordinamento AutOrganizzato Studentesco)

Il KAOS rivendica questa occupazione come l’inizio di un autunno di lotta che vedrà la componente studentesca non più disposta a dialogare ma a pretendere degli edifici scolastici sicuri, un diritto allo studio realmente garantito a fronte di tasse universitarie e libri scolastici sempre più salati, un’offerta formativa valida accompagnata da una maggiore qualità d’insegnamento. Siamo convinti che un’istruzione migliore ed eccellente sia possibile garantirla se gli stessi studenti che vivono e abitano le scuole e le università sono disposti a mettere in pratica le idee che alimentano: dunque una formazione libera e accessibile a tutti, che permetta e si alimenta dei momenti di aggregazione degli studenti. Da oggi ci riprendiamo ciò che è nostro, iniziando un percorso che ci rivedrà in piazza il 15 ottobre e poi ancora il 19 ottobre a Roma ad assediare i palazzi del potere.

Il programma, in continuo aggiornamento, delle prime attività di occupazione è il seguente:

– venerdì 4 ottobre (oggi)
h 17.30 Assemblea studentesca “COSTRUIAMO LE PROSSIME GIORNATE DI LOTTA”
h 19.00 “DIMENSIONE TRANSNAZIONALI DEI MOVIMENTI STUDENTESCHI” a cura del Prof. Gianni Piazza
h 21.00 Djset

– sabato 5 ottobre
h 10.00 Cineforum
h 17.00 mini workshop di grafica, cultura rap, break dance
h 21.00 Djset

– domenica 6 ottobre
h 10.00 Riunione collettivi e gruppi autorganizzati di scuole e università
h 18.00 Proiezione “COME IL FUOCO SOTTO LA BRACE”

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“RIPRESA ECONOMICA SOLO A PAROLE,

RIPRENDIAMOCI UNIVERSITA’ E SCUOLE!”

Meridione: tra test d’ingresso e forze armate

 

Come ogni anno in tantissimi ci si ritrova a studiare e sperare, vedendo in quelle “risposte a crocette” il proprio futuro. Peccato però che quel futuro poi non solo non si realizzi ma addirittura nemmeno cominci, facendo svanire sogni ed attitudini di chi poi si ritrova con un pugno di mosche in mano: checchè se ne dica, per quanto si possa faticare e studiare, sappiamo tutti che fortuna e raccomandazioni giocano un ruolo principale nei test d’ingresso all’ università.Così, dopo i soldi spesi e gli sforzi fatti succede, per la maggior parte di noi, di non riuscire ad entrare nell’ università che vorremmo fare.

E’ chiaro che è impossibile tollerare un sistema generale a forma di imbuto, che preclude a molti l’accesso all’istruzione pubblica e alla maturazione di proprie attitudini. E’ altrettanto scontato che in un Sud già povero ed in cui ogni manovra dei governi passati non ha che peggiorato le cose, i test d’ ingresso sono solo l’ ultimo anello di una combinazione fatta ad hoc per creare sfruttamento e sottomissione.
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L’alternativa valida agli studi universitari diventa dunque iniziare a lavorare, ma trovare un posto di lavoro, anche temporaneo, è ormai una cosa quasi impossibile. Altro che lavoro a tempo determinato! Oggi trovare un lavoretto sottopagato, senza contratto e che duri più di un mese è il sogno più grande a cui un giovane meridionale può aspirare.
Senza un soldo e senza la possibilità di accesso ai corsi di studi per cui si è portati, lo sconforto ed il sentirsi mani e piedi legati diventano i compagni di vita di un giovane che non vede futuro.
È proprio in questo contesto di crisi sociale ed economica che entrano in gioco le nostre care forze armate: ebbene sì, lo stipendio garantito e la possibilità di fare carriera dentro l’esercito o carabinieri e polizia sono la scelta più ovvia per molti.
Non è un caso che la grandissima parte dei “volontari” siano meridionali.
Eccolo il nostro orgoglio nazionale, i nostri fieri militari che vanno ad esportare democrazia a suon di morti e le nostre bellissime forze dell’ ordine che difendono politicanti ed imprenditori senza scrupoli, forti coi deboli e deboli coi forti: ragazzi senza futuro a 20 anni rassegnati ad una vita di cieca obbedienza e sfruttamento.
 

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Noi non ci stiamo!
Crediamo che l’alternativa stia
nell’ autorganizzazione e nella lotta.
 
Non chiediamo, ma prendiamo.
Non aspetteremo tempi migliori,
lotteremo ADESSO.
Contro test d’ingresso ed università-azienda.
Per un’ università libera, gratuita e di qualità.
Per la pace e contro ogni esercito.
Contro forze del (dis)ordine ed a fianco di chiunque lotti.
Contro lo sfruttamento del capitale, per casa e reddito garantiti.
Per la possibilità di sognare… ancora.

19 Aprile a Catania: spazi e reddito per tutt*!

Oggi, in occasione della giornata nazionale di mobilitazione per il reddito garantito, insieme al Collettivo Lettere e Filosofia e Collettivo Scienze Politiche e ad altri compagni, abbiamo portato avanti un volantinaggio itinerante per la città, in luoghi che per noi sono dei simboli: lo studentato chiuso “Toscano Scuderi” di Via Etnea, l’ufficio del lavoro in via Giannetta, le fosse di Corso dei Martiri e i dipartimenti di Scienze Politiche e Lettere e Filosofia.

Luoghi e spazi che rappresentano per noi  le sconfitte di un sistema e di una città che non riesce a garantire il diritto all’abitare di cittadine e cittadini, di un Ateneo che ha dimenticato il diritto allo studio e continua a lasciare chiusi i suoi studentati, di uffici e burocrati che si nascondono dietro false promesse ma riescono solo prendere tempo su tempo con corsi di formazione… ma il lavoro non arriva. E’ necessario ripartire proprio da questi luoghi, ribaltandone i significati e creare alternative.

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Stare dentro la città, a contatto con i suoi problemi e le sue contraddizioni è sempre un piacere. Di lavoro da fare ce n’è tanto, il nostro percorso per costruire dal basso il “bene comune” continua al di fuori di partiti e sindacati…

Non ci stanchiamo di organizzare la rabbia, partendo dall’ autorganizzazione e dalla riappropriazione.

Collettivo Aleph

Collettivo Lettere e Filosofia

Collettivo Scienze Politiche

 

ps. I l Collettivo Aleph ringrazia di cuore i carabinieri che, sempre con tanta premura, ci ricordano come nella nostra città fare persino un volantinaggio è un “atto sovversivo”

Spazi e reddito per tutt*!

La situazione ad oggi è di grande incertezza.

A mesi dalle elezioni non esiste ancora un governo e la stasi della politica di palazzo, a tutti i livelli, spaventa molti. Mentre vecchi e nuovi parlamentari e capetti si passano la patata bollente della responsibilità, accusandosi l’un l’altro e tentando accordicchi in tutte le salse, l’esigenza di risposte ad esigenze reali aumenta. La disoccupazione avanza, arrivando al 40% di disoccupazione solo giovanile nel sud Italia, lasciando dietro di se una scia di famiglie e giovani (studenti e non) sempre più piegati dai conti da pagare e dunque esposti a ricatti di qualsiasi tipo. Se da un lato dunque il lavoro non c’è e non è garantita nessun tipo di tutela a chi lo cerca o ce l’ha (in nero e sottopagato), dall’altra i conti da pagare restano. L’affitto, le bollette, la vita di ogni giorno.
Quando gli sfratti aumentano ogni giorno, quando gli affitti diventano un salasso e non importa a nessuno se, fuori da quella che è casa tua, non hai davvero dove andare è ovvio che gli svaghi, legati alla cultura o al semplice socializzare svaniscono. Proibitivo è diventato comprare un libro, andare al cinema o a teatro, passare semplicemente una sera fra amici, o fare una gita fuori porta. Persino l’istruzione è diventata un privilegio. Non deve stupire se nel giro di pochi anni le iscrizioni all’università sono diminuite di quasi il 20%: tra i numeri chiusi, le tasse che ogni anno aumentano,  superando spesso e volentieri i limiti di legge, i libri, i pasti, i trasporti e l’affitto di una stanza molti sono tagliati fuori. Le borse di studio mancano e gli idonei a non riceverla aumentano; le mense sono sempre meno e non riescono a garantire un servizio a tutti. E chi dentro è entrato deve fare i conti con un sistema universitario sempre più competitivo e atomizzato, facendo venire meno il senso di una cultura condivisa per lasciare spazio a crediti e ritmi serrati: ecco che i fuori corso diventano demoni per un università che è meritevole se “sforna” quanti più laureati in regola all’anno; ed ecco che molti decidono di gettare la spugna, non vedendo un domani, e ritirarsi a casa, sperando di costruirsi in altro modo un futuro.  
In questo contesto, l’incapacità dei partiti politici e dalla democrazia rappresentativa di rispondere a queste esigenze è l’unica risposta ricevuta e l’unica certezza maturata in questi mesi.

Catania non è da meno, naturalmente. 

Da sempre tra le prime nella lista delle città con la più alta dispersione scolastica, Catania oggi si presenta come una città nemica degli studenti che l’hanno sempre popolata. Polo universitario di grande importanza, con più di 65.000 studentesse e studenti universitari che la abitano, Catania è l’Ateneo con tutte le facoltà… ops, dipartimenti sottoposti al regime del numero chiuso (a pagamento), anche questo frutto dell’ennesimo primato in Italia. A fronte di questa situazione, nonostante i grossi introiti derivanti dall’aumento delle tasse universitarie e dai numeri chiusi attivi da ormai due anni, molti sono i contratti di ricerca e collaborazione non rinnovati, con la conseguente chiusura di corsi (altrimenti portati avanti in maniera del tutto gratuita e volontaria) e dunque un sensibile calo dell’offerta formativa. D’altro canto, le borse di studio sono sensibilmente diminuite e i posti letto sono scesi di quasi 300 posti nel giro di tre anni, per non parlare delle mense che vengono chiuse e sostituite da soluzioni temporanee, certamente apprezzabili, ma non sufficienti. Eppure tanti gli edifici dell’Ateneo, fra cui anche residenze universitarie, costruiti, ristrutturati e mai aperti poiché non sicuri. E dunque, dopo milioni di euro spesi, di nuovo l’esigenza di spendere altro denaro per sopperire all’incapacità di professionisti e le disattenzioni degli uffici tecnici.

Ma Catania è anche la città dei senza casa e di una politica sociale inesistente. Nell’Italia che ha visto nel 2012 46.000 sfratti effettuati (con 8.500 sfratti in più rispetto al 2011), la nostra città in di due anni è stata teatro di tanti sgomberi di case, come nel caso degli immigrati dell’ex palazzo delle poste, o del palazzo Bernini abitato da 150 famiglie Rom, rumene e bulgare, oppure del palazzo di cemento di Librino, abitato da 40 famiglie da vent’anni. Se da un lato c’è un comune che sgombera, senza pietà, intere famiglie, dall’altro spesso e volentieri non prevede dei piani efficaci per rispondere all’esigenza abitativa, affermando che non bisogna far stare comodi chi ha dei bisogni perché se no “si culla” degli aiuti ricevuti e non cerca di risollevare la propria situazione. Come se non avere una casa e un lavoro per pagare un affitto per sé e la propria famiglia sia una situazione piacevole. Questo il caso delle famiglie di Corso dei Martiri che, dopo essere state buttate fuori dal Palazzo Bernini questa estate, senza aver ricevuto un alternativa (se non tornare nei rispettivi paesi), sono ritornati nuovamente nelle tristemente famose fosse, in cui le condizioni abitative non sono certo piacevoli. Poche settimane fa, queste stesse famiglie hanno nuovamente dovuto subire l’ennesima umiliazione in occasione della (silenziosa) chiusura delle fosse prima che a tutte le famiglie presenti venisse trovata una soluzione.
Catania, inoltre, è la città in cui trovare un lavoro è diventato praticamente impossibile, e chi ce l’ha non viene pagato o tutelato. Come nel caso degli autisti AMT che, mentre la città festeggia la linea BRT, unica linea funzionante a fronte delle altre inadatte, insufficienti e mal funzionanti, non ricevono lo stipendio da mesi.
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In questo quadro è chiaro come, a livello locale, come nazionale, non è possibile aspettare, né questo né il prossimo governo di turno.SPAZI, CASE, REDDITO, LAVORO e DIGNITA’ per tutte e tutti sono le domande giuste ma la risposta non prevede nessun atto di delega. In quelle che ci sembrano le ceneri di oggi e domani, in realtà ci sono focolai fatti di precari, studenti, disoccupati, sfruttati e ricattati da questa crisi, che ha svelato tutte le contraddizioni del nostro tempo. È in questi focolai che i bisogni non sono vergone ma esperienze da condividere, la molla per svelare gli obbiettivi comuni e creare quei progetti che servono a raggiungerli. È in questi focolai che c’è la capacità di costruire nuovi immaginari comuni e il coraggio di mettere sé stessi in gioco per il bene proprio e di una comunità. Per noi bisogna partire da questi focolai e parlando i linguaggi dell’auto-organizzazione e della  riappropriazione ripartire da qui, da queste ceneri piene di forza… rivoluzionaria.