Oggi in piazza Roma ci siamo ritrovati in tante e tanti in occasione della manifestazione cittadina indetta da studentesse e studenti, precarie e precari, disoccupate e disoccupati. Dietro lo striscione “istruzione, casa, reddito, diritti civili, spazi sociali – TUTTO PER TUTT*”, è partito un corteo spontaneo che ha bloccato alcune importanti arterie della città.
Rivendicare il diritto ad un’istruzione libera, gratuita e di qualità; denunciare la mancata assegnazione di alloggi popolari da anni, a fronte delle migliaia di richieste di alloggio; chiedere a gran voce spazi sociali e di aggregazione; schierarsi contro al muos e alla militarizzazione della Sicilia; esprimere solidarietà ai migranti del CARA di Mineo in mobilitazione e contro le galere etniche che li tengono rinchiusi per mesi e anni: questi i temi affrontati.
Questo corteo, così variegato nei temi, eppure così compatto e determinato, è arrivato poi al quartiere che per circa un mese ha ospitato il Centro Sociale Occupato Ex Collegio, sgomberato pochi giorni fa, per portare solidarietà a un gruppo di compagne e compagni anarchici che avevano, la mattina stessa, occupato gli uffici dell’ex Sert, chiusi ormai da cinque anni. Arrivato davanti le porte del nuovo spazio occupato, ha subito l’intervento fisico della polizia che, con strattoni e gomitate, ha spezzato il corteo costringendo chi era già entrato a chiudersi dentro.
Fra le persone chiuse all’interno, molti minorenni.
Dopo qualche ora di presidio sotto i vecchi uffici, si è riusciti a far uscire i manifestanti dalla struttura. Riunitosi, il corteo è ripreso ed è continuato fino a Piazza Duomo, dove è finito a seguito di un momento assembleare.
Quella di oggi è l’ennesima dimostrazione di come la volontà delle autorità sia quella di soffocare e reprimere legittime manifestazioni del pensiero, azzardando gestioni della pazzia pericolose e irresponsabili.
Nonostante questo, continueremo a vivere questa città con gli occhi di chi la vuole cambiare.
TUTTO PER TUTTI!
Studentesse e studenti, lavoratrici precarie e lavoratori precari, disoccupate e disoccupati.
Alle 5:30 del mattino di Martedì 17 dicembre, Celere in antisommossa, Digos, Carabinieri e Vigili del Fuoco hanno sgomberato il CSO Ex Collegio con un dispiegamento di forze impressionante, come se dovessero catturare il mafioso più ricercato d’Italia.
L’avvio dei lavori
La motivazione ufficiale di questo sgombero sotto Natale è l’avvio di alcuni «lavori di completamento di locali al quarto cortile […] da destinare a sede della Biblioteca Regionale». Citiamo il foglio incollato a mo’ di cartello dalla Sovrintendenza al portone di via Gesuiti 1, in cui si cita la somma ad essi destinata, ovvero 49.446,45 €, e il tempo massimo di esecuzione, ovvero 90 giorni. Non sono questi i lavori che aspettavamo, avviati a una settimana da Natale. Ci sembra più che altro un pretesto per non “averci tra i piedi” e per far sì che non potessimo vigilare sulle operazioni che si svolgeranno all’Ex Collegio.
Ci chiediamo dov’è la gara per assegnare questi lavori a due ditte, o se la cifra è stata volutamente ribassata per evitare di avviare le procedure d’appalto.
Se ieri non ci fossero state le tenaci pressioni rivolte dai ragazzi e dalle ragazze del Collettivo Aleph alla Sovrintendente Caffo giunta insieme alla Digos in mattinata, probabilmente non avrebbero nemmeno esposto quello “straccio” di cartello stampato in tutta fretta sotto le pressanti richieste di trasparenza.
Abbiamo più volte cercato il dialogo con la Sovrintendenza: abbiamo ripetuto più volte che non sarebbe servito uno sgombero se fossero iniziati i lavori. Eppure come al solito hanno preferito esibirsi in una prova di forza anziché dialogare con chi esige la trasparenza dalla Pubblica Amministrazione. Nonostante la fretta nell’iniziare questi lavori e la modalità scelta per allontanarci, siamo soddisfatti di essere riusciti a smuovere le acque sull’Ex Collegio.
Stamattina abbiamo appreso che questi lavori, seppur estremamente parziali, hanno effettivamente avuto avvio. Se “un qualcosa” è stato finalmente avviato su quest’edificio storico dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, è sicuramente merito dell’occupazione.
Tuttavia, anche se soddisfatti dell’avvio dei lavori, sulle operazioni che si svolgeranno all’interno dell’Ex Collegio non possiamo che rimanere comunque diffidenti. Promettiamo all’intera città di rimanere vigili sul destino di questo edificio. Ci porremo a controllori e annunciamo fin da ora che terremo il fiato sul collo della Sovrintendenza perché questi lavori vengano completati nei tempi e nelle modalità stabilite, e che si giunga infine a restituire alla città l’Ex Collegio.
Lo sgombero e l’esperienza dell’occupazione
Nonostante l’avvio di alcuni lavori ci veda soddisfatti, non possiamo non essere sbalorditi e indignati dalle modalità del nostro allontanamento dall’Ex Collegio. Da cosa deriva questa fretta, con il Natale alle porte, di far finire un entusiasmante progetto che aveva riportato la vita all’interno di un edificio storico abbandonato e lasciato al degrado da più di quattro anni?
Nonostante la “giustificazione” dell’avvio dei lavori, per noi lo sgombero ha motivazioni prettamente politiche. Questo luogo si era riempito di esperienze positive e formanti, come, solo per citarne alcune, l’aula studio a disposizione di tutti fino a mezzanotte, la galleria d’arte permanente e il doposcuola. Il C.S.O. Ex Collegio era un luogo di aggregazione libero dalla logica del commercio e del lucro. I Centri Sociali sono luoghi di cui a Catania si sente disperatamente la mancanza, in un clima di vergognoso e colpevole silenzio delle “istituzioni” che dovrebbero invece incoraggiare iniziative del genere.
La fretta di attuare lo sgombero deriva dalla paura di un risveglio della Città, delle centinaia e centinaia di persone che hanno popolato il C.S.O. in questi 24 giorni di occupazione. Un luogo che faceva paura a chi è complice di un sistema degradante.
Secondo i detrattori del C.S.O. Ex Collegio, lo sgombero ci annulla totalmente. Ovviamente non è così. L’Ex Collegio, seppur bello e degno, rimane un involucro, un contenitore delle nostre idee e della nostra creatività.
Le modalità dello sgombero, la sua gestione e le denunce a carico degli occupanti: il meschino comportamento della Digos.
Un ruolo cruciale nello sgombero è sicuramente quello della Sovrintendenza, che se non per malafede, probabilmente per inesperienza politica ha avuto paura dell’occupazione del C.S.O. Ex Collegio e delle persone che lo frequentavano. Dopo anni di inerzia e di mala gestione del bene pubblico, si è trovata in mano la “patata bollente” che le ha dato una potente scossa. La sovrintendenza si è arroccata e ha dato vita a tentativi di dialogo che – dato l’esito finale – sicuramente non erano onesti e veritieri e non degni di essere così chiamati. La Sovrintendenza si è inserita in un circolo vizioso di “cattivi consiglieri” e di strumentalizzazione (reciproca) delle persone spesso mosse dall’invidia e dall’ignoranza. Persone che non hanno capito o non hanno voluto capire le motivazioni dell’occupazione.
In questo contesto si inserisce il meschino (come al solito) comportamento delle Forze dell’Ordine e in primis della Digos, alla quale come sempre viene delegato il compito del “dialogo” con la piazza. Non intendiamo dialogare con chi ricatta e con chi si pone con un atteggiamento vile e prepotente nei confronti dei cittadini. Dopo la vergogna e la violenza dello sgombero del C.P.O. Experia (in cui, guarda caso, era sempre coinvolta la Sovrintendenza nella persona di Gesualdo Campo, salito agli “onori” della cronaca per la sua mala gestione della cosa pubblica), questa volta hanno cercato di compiere uno sgombero “chirurgico” per fare il minimo rumore possibile, cercando di isolarci ed intimidirci con sporchi giochetti ed espedienti vergognosi. Parliamo di come gli occupanti denunciati siano stati (de)portati alla Scientifica e schedati alla stregua di assassini o stupratori: prelievo di impronte, foto segnaletiche e “informali” interrogatori dal piglio intimidatorio. Poi le fantomatiche denunce per interruzione di pubblico servizio: quale “pubblico servizio” se quello della biblioteca regionale è solo un deposito di libri non aperto al pubblico e quale “interruzione” se i funzionari della biblioteca sono sempre stati fatti entrare? Ancora più ridicola, paradossale e assurda è la denuncia per imbrattamento: è stata proprio l’occupazione a ripulire quell’edificio, a metterlo in sicurezza e a renderlo nuovamente fruibile dopo anni di degrado. Anni in cui i cortili si erano riempiti di terra che non permetteva più il drenaggio delle acque piovane. Anni in cui la mancata chiusura degli infissi (un lavoro a costo zero, che avrebbe richiesto poche ore) ha fatto sì che le stanze si trasformassero in “lettiere” per piccioni, colme di escrementi e di volatili morti, e che le pareti assorbissero tutta l’umidità necessaria a scrostare i pochi intonaci rimasti integri e incolumi. Ciliegina sulla torta, il ricatto della mancata restituzione degli effetti personali degli occupanti, che in un primo momento ci era stata prospettata come immediata dagli stessi funzionari della Digos, ma effetti personali che adesso sono tenuti in “ostaggio” con la scusa di un fantomatico “sequestro” ancora all’interno dei locali dell’Ex Collegio, con la motivazione che – a detta stessa della Digos – il corteo di protesta che è seguito allo sgombero ha avuto «l’ardire di passare da piazza s. Nicolella», sede della Questura.
Diciamo fin da ora che le lotte non si arrestano, non si denunciano e non si processano. Questo sgombero non fermerà il flusso positivo di idee, di creazione e di aggregazione ma anzi ci farà tornare più forti di prima. Nonostante lo sgombero, il bilancio di 24 giorni di occupazione è più che positivo. Siamo “cresciuti” insieme a tutte le persone che hanno popolato un edificio restituito alla città. Un’esperienza che ci ha fatto diventare più forti e coesi, un’esperienza che sicuramente lo sgombero non fermerà.
APPUNTAMENTI:
CONFERENZA STAMPA
Giovedì 19 dicembre, ore 10:00, via Crociferi (altezza ingresso Ex Collegio)
Già da tempo si è aperta una stagione repressiva intensa per alcuni compagni e compagne catanesi. A partire dalle manganellate di quattro anni fa davanti al portone del CPO Experia da parte di polizia & co ad oggi. Denunce, segnalazioni, identificazioni, fogli e foglietti per occupazioni, presidi, blocchi stradali e “invasioni” di basi militari, finanche per cortei o presidi “non comunicati” in questura.
Dall’intimidazione pura e semplice di fogli e fogliettini, per la macchina repressiva il passo spesso è breve per arrivare a rinviare a giudizio i militanti che combattono e non intendono piegarsi ad essa. Questo è il caso di otto di noi, che a giorni entreranno in un aula di tribunale a quattro anni esatti dello sgombero del CPO Experia per inesistenti reati commessi durante quella notte.
Ricordiamo bene la notte e l’alba di quattro di anni fa, così come ricordiamo bene ogni volta che abbiamo deciso di scendere in piazza, fare un corteo e deviarne il percorso, occupare uno spazio abbandonato o contrastare fisicamente un’opera inutile e devastante.
Ricordiamo bene i motivi per cui spesso abbiamo usato pratiche tante volte considerate illegali da un codice di origine fascista e applicate da zelanti funzionari dello Stato, per altre volte e per altre cose troppo spesso completamente e colpevolmente assente. , portate avanti vivendo strade e quartieri, attraversando vite e riempiendo l’aria con i nostri slogan. Ricordiamo tutto questo e lo rivendichiamo come atto politico.
Mercoledì 30 ottobre si apre la stagione dei tribunali per alcuni di noi. Che si tratti di un centro popolare, che si tratti di famiglie senza casa, che si tratti di contrastare la militarizzazione della Sicilia, per noi nessuna lotta va processata, in nessun tribunale da nessun giudice.
Allo stesso tempo però, più verremo perseguitati e più avremo conferma di essere sulla strada giusta: la strada che dà fastidio al Sistema.
A ogni denuncia recapitata ci stringeremo attorno alle nostre compagne e ai nostri compagni. A ogni processo saremo presenti fuori dai tribunali a portare il nostro sostegno. Mai finiremo di scendere per strada, presidiare, occupare e contrastare.
LE LOTTE DELLE COMPAGNE E DEI COMPAGNI NON SI PROCESSANO!
Nella giornata di oggi, 27 settembre, diverse attiviste e attivisti nomuos sono stati raggiunti nelle loro abitazioni dalla polizia per vedersi notificata una semplice comunicazione, ovvero di presentarsi all’inizio della prossima settimana in commissariato. Di cosa si tratti esattamente non si sa, almeno fino alla prossima settimana.
Non ci stupisce né il modo in cui queste notifiche sono avvenute né la tempistica, perfetta come sempre. Infatti è ormai prassi che proprio a ridosso di importanti e grosse mobilitazioni nazionali del movimento, prenda avvio la macchina del terrore, con l’unico scopo di intimidire e dunque diminuire la partecipazione della gente. Siamo passati da revoche fasulle fatte ad hoc per calmare gli animi, abbiamo sopportato i comunicati pieni di falsità in cui si paventava l’arrivo dei famigerati “black block”, ci sono stati pure sequestri di materiale “pericoloso” certamente appartenente al movimento e perquisizioni delle macchine di molti di noi e molto altro. Quello che mancava, in effetti, era un folto dispiegamento di sbirri che passa tutta la giornata di venerdì a bussare porta per porta, non per vendere l’ultimo modello di aspirapolvere, non per lasciare i volantini pubblicitari nella cassetta delle lettere, non per annunziare l’arrivo dell’apocalisse… ma per comunicare una chiamata in commissariato. In alcuni casi intere famiglie sono state invitate lunedì in commissariato a Niscemi.
Che qualcuno sia un pò allarmato possiamo capirlo. Questo movimento cresce ogni giorno sempre più. Si è appena conclusa un’estate di lotta che ci ha visti entrare in mille e più dentro la base, la stessa base militare che ormai violiamo ogni qual volta ci pare e piace, come quando abbiamo abbiamo voglia di un tranquillo picnic con amici e familiari. Nessuna rete e nessun divieto ormai riescono a fermarci. Lo abbiamo capito noi e lo ha capito pure chi vuole fermarci. Tant’è che dopo aver impedito a Crocetta il suo rientro a Palermo (“per motivi di sicurezza”), il giorno prima della manifestazione nazionale che ci attende a Palermo ecco spuntare l’ennesimo tentativo intimidatorio nei confronti del movimento, utilizzando i soldatini vestiti in blu, del tutto assoldati agli interessi americani.
Se pensano di fermare così un movimento allora si sbagliano di grosso.
A chiunque abbia dovuto subire l’ennessima manovra repressiva esprimiamo la nostra solidarietà.
Domani a Palermo saremo in tanti e saremo determinati. Tutti questi tentativi di bloccarci e spaventarci ci fanno capire che siamo sulla buona strada. E così continueremo.