Da tempo ormai abbiamo familiarizzato con la “delocalizzazione” di aziende italiane: imprenditori di varie aziende decidono sempre più spesso di spostare la produzione dei propri prodotti in paesi dove i costi di produzione (manodopera, pressione fiscale, ecc.) sono più bassi e permettono un guadagno maggiore.
La Fiat è una di quelle imprese che spesso utilizza questo termine. Marchionne non fa altro che minacciare da più di un anno uno spostamento repentino delle fabbriche in Serbia se non gli fosse stato permesso di fare ciò che voleva (ignorare il contratto collettivo nazionale; non reintegrare, dopo la cassa integrazione, gli operai tesserati FIOM). In realtà, come è tristemente prevedibile, la Fiat non è l’unica impresa che intende esplorare nuovi territori.
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