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Irene e Sergio ai domiciliari – solidarietà!

In questi ultimi giorni d’agosto le misure repressive contro la lotta per il diritto all’abitare sono riprese, indiscriminate e violente, come sempre. Dallo sgombero dello studentato occupato a Roma, Degage, al divieto di dimora a Bologna per un attivista che si era opposto allo sgombero di un’altra casa occupata, Labas. In questo contesto, di pochissime ore la notizia dell’ennesimo abuso subito da una compagna e un compagno di Messina, attivisti alla Ugo Foscolo Occupata, attualmente entrambi agli arresti domiciliari.

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Stamane a Messina si è svolto un presidio in solidarietà a dei senzatetto, in cerca di alloggio, accampati vicino all’università in segno di protesta. Vigili, carabinieri e digos, accorsi a smontare l’accampata e rispedire tutti a casa, hanno incontrato la resistenza passiva di compagni e solidali, decisi nell’impedire lo smantellamento del presidio. Dopo un breve consulto tra le forze dell’ordine presenti, digos compresa, Irene e Sergio sono stati portati in questura per “essere identificati” (come se non fosse sufficiente, in questo caso, la consueta identificazione sul posto tramite la consegna del documento d’identità). Dopo svariate ore passate in questura (da mezzogiorno a quasi le sei del pomeriggio), a Irene e Sergio è stato comunicato di essere agli arresti domiciliari, in attesa del processo per direttissima che si svolgerà mercoledì mattina. I reati contestati ai due sono resistenza a pubblico ufficiale e lesione, nello specifico ai danni di un vigile urbano che si è fatto male mentre provava a smontare una tenda, in un momento in cui i due accusati erano decisamente lontani dal suddetto vigile.

Da nord a sud si riconosce come il clima, circa la questione abitativa, si riscaldi sempre più ad estate nemmeno finita, e come ogni pretesto sia buono per colpire, in un modo o in un altro, compagne e compagni in maniera quasi “scientifica”. Persino resistere in maniera passiva diventa un reato, talmente grave a quanto pare da meritare misure come gli arresti domiciliari. In questo caso poi, digos e carabinieri hanno dovuto prima discutere da parte chi prendere dal mucchio del presidio mattutino. La scelta è ricaduta “a caso” su due compagni attivi alla Ugo Foscolo Occupata, ex scuola occupata da diversi mesi a Messina e fonte di grande dibattito cittadino, teatro anche di tentativi “a basso tono” di sgombero. Insomma, una situazione paradossale e di grave abuso che, appunto, si accosta con troppa facilità ai contesti di gravi abusi che in questi giorni si sono vissuti a Roma e Bologna.

Oltre allo sgomento per l’assurda situazione verificatasi stamattina a Messina, esprimiamo la nostra solidarietà ad Irene e Sergio, certi che da mercoledì saranno liberi di uscire di casa e continuare i loro percorsi di lotta.

Assemblea Abitare nella Crisi – 24 luglio, Venaus

Venerdì 24 luglio, al presidio di Venaus durante il campeggio resistente no tav, si è svolta un’ assemblea di Abitare nella Crisi sul tema del diritto all’abitare. La partecipazione è stata molto alta e gli interventi molto ricchi. Presenti diverse esperienze di sportelli e occupazioni abitative: Roma, Firenze, Pisa, Brescia, Torino, Palermo, Catania e molte altre città, da quelle metropolitane a quelle “provinciali”.

È emerso dalle analisi di tutti i partecipanti la palese incapacità, e spesso disinteresse, da parte del governo di risolvere in maniera definitiva e adatta l’emergenza abitativa. Emergenza questa che continua ad aumentare, prendendo forme di disagio sociale sempre più feroci (basti pensare alle ultime notizie di cronaca che raccontano di suicidi avvenuti pochi giorni prima di sfratti e pignoramenti). Il merito del movimento per il diritto all’abitare sta nella presenza nei territori sottoforma di sportelli, permettendo così una presenza e una costanza che, se certamente va migliorata, ha anche il merito di aver intercettato molte situazioni limite e averle rese storia di emancipazione comune attraverso il blocco degli sfratti e le occupazioni abitative comuni.  Agli sfratti, che per molti sono diventati una triste quotidianità, si aggiungono gli effetti dell’art. 5 del piano casa. La risposta istantanea del movimento in questo caso è stato quello di iniziare una campagna per il blocco dei distacchi delle utenze e l’inizio della pratica degli allacci abusivi per le abitazioni di decine e decine di famiglie. 

Allo stato attuale, il movimento per il diritto all’altare continua il suo lavoro nei territori, giornaliero e costante. Molte occupazioni abitative sono nate e altre sono state sgomberate, in alcuni comuni la pressione degli sportelli e degli occupanti hanno costretto alla resa amministrazioni che hanno assegnato alloggi a intere famiglie. Ma i tempi del 19 ottobre e degli tsunami sembrano troppo lontani. La repressione, feroce e accanita, verso queste forme di autorganizzazione e autodeterminazione, non ha risparmiato nessuno: sgomberi, manganellate e anche arresti. È innegabile però riconoscere il valore di quelle giornate di mobilitazione comune, sul piano fattuale e simbolico. Se quindi è fondamentale il lavoro costante e giornaliero nei territori, senza il quale non esisterebbe nessun movimento, è anche comune l’esigenza di ritornare a costruire momenti comuni di mobilitazione, allargando il tema della casa ad altri strettamente collegati ad esso. Parlare dell’emergenza abitativa infatti non significa occuparsi solo di sfratti e occupazioni ma coinvolge, oggi più di ieri, i temi dei mutui, dei pignoramenti e della fiscalità. Inoltre, emerge con prepotenza l’esigenza di occuparsi degli effetti dell’art. 5 del Piano Casa non solo in termini di distacchi delle utenze ma anche rispetto alla negazione di altri servizi fondamentali, quali istruzione, sanità e trasporti, per dirne alcuni. Inoltre, un ulteriore compito che deve coinvolgere tutte e tutti riguarda la potenziale rimonta di soggetti di estreme destre, come Casa Pound, Lega Nord e Forza Nuova che, seminando odio razziale e diffidenza, raccoglie in certi luoghi l’esigenza di intere famiglie portandole a temi nazionalisti e razzisti. Sta quindi a tutte e tutti costruire el proprio lavoro territoriale, i giusti anticorpi a queste ancora piccole, eppure esistenti, derive fasciste.

La centralità della lotta per il diritto all’abitare così non dipende solo ed esclusivamente dall’emergenza abitativa in sé o dalla variegata composizione sociale che la attraversano, ma anche dalla potenzialità che questa lotta, estendendosi in questi termini, esprime come fulcro di molte altre lotte comuni presenti nei territori. Lotta alla casa quindi come centro del conflitto in senso più largo, “luogo” di ricomposizione di un blocco sociale unico che possa rivendicare diritti perduti e corrosi.

Decisi a ritornare di comune accordo a una posizione di “attacco”, rifiutando quel subdolo tentativo di ridurre gli atti di resistenza ed autorganizzazione per avere una casa come meri problemi di ordine pubblico, l’intenzione è quella di ritornare a vivere momenti comuni di lotta ed analisi. Nessuna ricetta pronta dunque per i singoli territori, che comunque devono continuare a lavorare nel proprio contesto. 

Dopo due anni dall’ultima volta, dalla Val di Susa riecheggia un unico coro: VOGLIAMO UNA SOLA BRANDE OPERA, CASA E REDDITO PER TUTTE E TUTTI! 

Le attività settimanali del CSO Liotru

Ogni settimana al CSO Liotru si svolgono delle attività fisse.

Ogni lunedì e giovedì, dalle ore 18.30 alle ore 20.00, sportello anti sfratto CasaXTutti.

Ogni martedì e giovedì, dalle 15.30 alle 17.00, doposcuola popolare.

Ogni martedì e giovedì dalle 18.30 alle 24.00, aula studio serale.

Ogni mercoledì, alle ore 13.30, pranzo studentesco.

Ogni domenica, dalle 17.30 alle 22.30, domenica ludica.

Occupare uno spazio non significa solo frequentarlo ma anche contribuire alla sua autogestione, proponendo iniziative e prendendosi cura dei luoghi comuni.

Ogni venerdì, alle 17.00, assemblea di gestione del centro sociale.

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Vivi lo spazio occupato della tua città, partecipa e contribuisci alla sua autogestione!

PIANO CASA: cos’è e ultimi aggiornamenti

Le follie del governo Renzi non finiscono mai.

Dopo aver messo le mani sul mondo del lavoro, con un decreto che più che salvare ammazza definitivamente le garanzie per i lavoratori, tocca adesso al così detto “piano casa”.

Il “piano casa” aveva già fatto parlare di sé un mesetto fa, quando Lupi (Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti), Padoan (Ministro dell’Economia e delle Finanze) e l’immancabile Renzi hanno presentato il decreto “Misure urgenti per l’emergenza abitativa, per il mercato dellecostruzioni e per Expo 2015.” Già in quell’occasione abbiamo potuto saggiare la ratio alla base di questo piano per “salvare l’emergenza abitativa”. L’art. 5 del suddetto decreto recita: “Chiunque occupa abusivamente un immobile senza titolo non puo’chiedere la residenza ne’ l’allacciamento a pubblici servizi in relazione all’immobile medesimo e gli atti emessi in violazione di tale divieto sono nulli a tutti gli effetti di legge.” Infatti, se prima era possibile chiedere e ottenere la residenza nella casa occupata e dunque poter stipulare i contratti per le utenze, grazie a questo decreto non sarà più possibile. Inoltre, nello stesso decreto, si rende possibile la vendita di tutti quegli immobili di proprietà pubblica per solo il 50%.

Mosse assolutamente logiche queste, tipiche di chi è capace, dall’alto dei suoi palazzi, di leggere i segnali che arrivano dalla società e prendere delle decisioni consone e utili. Dopo innumerevoli “tzunami” a livello nazionale, ovvero giornate in cui in diverse città d’Italia si sono occupate case per famiglie e studenti; dopo centinaia di picchetti antisfratto nell’ultimo anno; dopo il 19 ottobre scorso in cui 100.000 persone hanno chiesto a gran voce casa e reddito per tutte e tutti, questa la risposta.

Ma non finisce qui. Come da prassi, ciò che nasce come decreto deve essere approvato dal Parlamento, prima o poi. E dunque approda in Commissione Bilancio il suddetto decreto per essere valutato, eventualmente modificato, e poi spedito in Parlamento.

Poteva la Commissione lasciare così com’è questo già disastroso testo? Giammai! Al peggio non c’è mai fine. La proposta accettabile, per quanto altamente moderata e poco incisiva nel complesso, di prevedere sgravi fiscali per gli affitti dei meno abbienti, è stata bocciata per dar posto ad un’altra proposta, l’aumento del costo dei prodotti energetici usati come combustibili per uso civile. Si prevede che tale aumento frutterà 13 milioni di euro, che serviranno per coprire parte dei 25 milioni di spesa per l’EXPO 2015 a Milano. Ancora non si sa la quantità in denaro degli aiuti promessi ai meno abbienti per il pagamento degli affitti però sappiamo per filo e per segno quanto ci costa l’EXPO 2015 e quanto verremo spremuti per sostenere tale follia.

E dovevamo forse aspettarcelo da un decreto che mette insieme il diritto all’abitare e l’EXPO 2015. Se apparentemente le due questioni non hanno nulla in comune, nell’Italia oligarchica e mafiosa di oggi tutto è assolutamente collegato. Ancora una volta si taglia e si tartassa chi è in difficoltà per dare spazio e risorse non a servizi sociali, non ai sussidi bensì all’ennesima superflua grande opera, utile solo alle cosche mafiose.399670_176456792510611_42482859_n

Con questa logica naturalmente non vogliamo avere niente a che fare. Se Renzi & co. non riescono (o non vogliono) capire l’emergenza abitativa per quella che è, noi invece la capiamo perché la vediamo coi nostri occhi e la viviamo sulla nostra pelle.

La scelta del governo, e non solo, è quella di garantire speculazioni, svendite del patrimonio immobiliare pubblico, giochi a ribasso e il lavoro dei grandi colossi, palazzinari di professione. Che non si sorprenda nessuno se le case vuote continueranno ad essere occupate, se la luce o l’acqua verranno recuperate da allacci abusivi, se le piazze continueranno ad essere riempite da gente di ogni tipo che chiede un diritto basilare, quello di avere un tetto sotto il quale dormire. Ancora una volta, la scelta dello stato è quella di reprimere e, ancora una volta, la repressione non veste solo la veste del manganello usato durante gli sgomberi ma quello della legge, pensata bene, approvata a larga maggioranza e applicata.

Così come abbiamo imparato a resistere ai manganelli, resisteremo anche a quella legge ingiusta, infrangendola.

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