Pochi giorni fa, ad alcuni compagni sono state notificate delle denunce per alcuni fatti avvenuti il 12 Aprile a Roma, durante il corteo nazionale contro austerity e la precarietà, contro il piano casa e Jobs Act. Ennesima pioggia di denuncia questa, a seguito di autunno caldo che ha attraversato tutta Italia. La piazza del 12A era di tutti e a tutti appartengono le pratiche di assedio ai palazzi del potere messe in atto durante quella giornata. Più che “incappucciati”, ricordiamo la presenza delle famiglie in testa al corteo, dei migranti, dei disoccupati. Una piazza quella del 12A piena e molto diversa, accomunata da esperienze simili di resistenza. Esprimiamo piena solidarietà a chi è stato denunciato, rigettando ancora una volta la logica dei “buoni” e dei “cattivi”: siamo tutti compagni, buoni e cattivi allo stesso modo. Riportiamo di seguito il comunicato congiuto delle realtà promotrici di quella giornata.
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Non inizia e non finisce nulla il 12A
Le nostre considerazioni sul 12 Aprile a Roma non riguardano la cronaca della giornata né la violenza della polizia a cui siamo purtroppo abituati. Nostro interesse è rimarcare i contenuti del 12A e rielaborarli in un ottica di “spinta” verso il vertice europeo sulla disoccupazione che si svolgerà l’ 11 Luglio a Torino, quello stesso vertice che era previsto proprio per 12 aprile a Roma e improvvisamente spostato di tre mesi.
Rivendichiamo le pratiche e i contenuti del 12 Aprile così come quelle del 19 Ottobre scorso. L’espressione dei Movimenti, che ritornano in piazza ad inaugurare la Primavera e soprattutto a esprimere contrarietà al governo Renzi, si articola su un piano molto reale della lotta, delle istanze e del conflitto. I passaggi concettuali e fisici sono molto semplici e soprattutto empirici, dunque tutti provenienti da esperienze vissute sulla pelle di centinaia di persone che, da tempo, si impegnano su diversi fronti di lotta. Parte dei Movimenti scesi in piazza il 12A sono partiti con una “richiesta d’ intervento” da parte delle istituzioni su temi importanti ma decisivi, come l’assegnazione delle case, l’integrazione e la precarietà. Se da un lato si sono aperti dei tavoli di discussione dall’altro il prezzo di questa apertura era la forzata acquiescenza. “Sappiamo che avete bisogno di case, sappiamo che volete reddito, sappiamo che volete maggiore integrazione e meno discriminazione, sappiamo che volete un diritto allo studio garantito. Sappiamo tutto questo e vi accontenteremo, a modo nostro e coi nostri tempi“. Dunque aspettare che queste istanze sociali, di un certo peso, venissero affrontate dalla politica governativa e parlamentare, regionale e comunale, in agende che mettono ai primi posti la costruzione del TAV, i pareggi in bilancio, i tagli ai servizi. Agenda politica espressione di un modo di vedere il mondo e la società, con le relative esigenze, totalmente al contrario. Ricevuta questa risposta, è stato automatico il passaggio al blocco degli sfratti dal basso, alle occupazioni di case per famiglie e studentati, alla creazione di micro società in cui si tenta di rispondere dal basso e in assenza di delega ai bisogni, alle esigenze, alle aspirazioni. Così le piazze si sono riempite nuovamente, animate da nuova consapevolezza. Se da un lato la manovra dei mass media orchestrati a dovere è quella di far credere che certe pratiche appartengano solo a “zoccoli duri antagonisti, perlopiù dei centri sociali”, dall’altra la realtà è che in piazza, come ai picchetti e alle occupazioni, certe pratiche sono invece condivise da molti “insospettabili”. Pratiche antagoniste e conflittuali che sono in grado di rendere concrete delle soluzioni e che parlano di contestazione e riappropriazione contemporaneamente.
In questo quadro, la piazza del 12A ha visto esprimersi il disagio di chi quotidianamente è costretto a “resistere” per avere un tetto sopra la testa, una borsa di studio o un alloggio che consenta di studiare, per arrivare con qualcosa in tasca a fine mese, per sopravvivere a leggi esclusive e respingenti. Il 12A è stata una nuova occasione di esprimere in maniera più decisa e diffusa pratiche di “assedio” verso quei ministeri responsabili del disagio diffuso. La crisi, questa entità astratta causa di tanti disastri concreti, in realtà ha nomi e cognomi e precisi scopi politici: tagliare il più possibile servizi e diritti per tenere sotto scacco le masse.
Non inizia e non finisce nulla il 12A.
Siamo partiti dal 19 Ottobre, siamo passati dal 12 Aprile per arrivare, sempre più consapevoli e decisi, al vertice sulla disoccupazione giovanile a Torino l’11 Luglio.
E’ finito il tempo di farsi determinare, è arrivato il momento di determinarsi.
Non abbiamo paura della repressione, siamo vicini ai compagni fermati sabato e… ci vediamo a Torino.
Fino a quel momento, continuiamo il nostro percorso di lotta in città.
Matteo, Lorenzo, Simone, Ugo LIBERI!
#19O: le nostre considerazioni
Il nostro 19 ottobre inizia a mesi fa. Parte da una folta assemblea romana nella scorsa primavera, passa dalla due giorni in Val Susa e arriva poi a questo ultimo mese, fatto di assemblee, incontri, date e mobilitazioni locali. In tutti questi mesi il 19O è diventato per sempre più realtà non solo una data in cui scendere in piazza ma anche la possibilità di rilanciare il movimento. Da qui la nascita di una piattaforma dai toni antagonisti, ma davvero, del tutto scevra da rappresentanze sindacali e partitiche, che invita la gente alla sollevazione generale e all’assedio dei palazzi del potere.
E così è stato.
Sabato 19 ottobre siamo partiti dalla stessa Piazza San Giovanni lasciata due anni prima, nello stesso periodo. La piazza è stracolma. La composizione sociale del corteo è fin da subito chiara a tutti e stupisce per la sua diversità e per la sua bellezza particolare: aprono la via quelle famiglie che, non avendo una casa, l’hanno occupata insieme ad altri. E ci sono tutti, dai romani, ai migranti, fino ad arrivare ai rifugiati politici. A seguire, i movimenti territoriali NoTav e NoMuos, poi i tanti spazi sociali occupati di tutta Italia… siamo in 70.000, con picchi di 100.000. Invadiamo Roma e sanzioniamo il sanzionabile: dal ministero dell’economia, alla cassa depositi e prestiti, passando per la sede di Trenitalia. Nonostante la presenza provocatrice dei fascisti di Casa Pound (chiaramente protetti dalla polizia), nonostante delle cariche spezzano in due il corteo davanti al ministero dell’economia, tutti riescono a raggiungere Porta Pia, da dove ha preso via l’acampada che durerà fino a martedì.
In assemblea domenica mattina la soddisfazione era generale. È emersa la volontà di voler continuare, senza se e senza ma: Porta Pia è dunque solo una tappa di avvio. È stata inoltre ribadita la volontà di non voler più mediare con nessun attore istituzionale e non, avendo chiaro che qualsiasi cosa, dalla casa, al reddito alla liberazione dei territori dalle opere inutili e dannose passa da una conquista fisica e politica portata avanti dal basso, senza deleghe o contrattazioni a ribasso. Il prossimo appuntamento è per metà novembre per continuare a costruire, come si è fatto fino ad oggi, altre tappe.
Sulla giornata di sabato non possiamo che essere soddisfatti. La presa di Porta Pia con un corteo così variegato e pieno di sfaccettature sociali è un fenomeno da non sottovalutare. Rivendichiamo tutto quello che è successo, perché la piazza era unica e così gli obbiettivi. Riteniamo del tutto sproporzionata la risposta repressiva che ha portato a 15 fermi, almeno la metà trasformatisi in arresti. Non esprimiamo semplice solidarietà con le compagne e i compagni fermati e arrestati, ingiustamente, ma ci diciamo complici delle azioni della piazza, in quanto tutte espressione della stessa rabbia e dello stesso disagio comune.
Infine, ci preme sottolineare che queste decine di migliaia di persone sono scese in piazza con una piattaforma e delle parole chiave totalmente slegate da qualsiasi partito o sindacato: noi con questo 19O abbiamo dimostrato che non abbiamo bisogno delle grandi firme per lanciare delle grosse mobilitazioni, che non dobbiamo elemosinare scioperi generali e non dobbiamo nascondere la nostra identità antagonista per paura di risultare incomprensibili… o minacciosi alla gente. Siamo scesi in piazza invocando un assedio ai palazzi del potere e così abbiamo fatto, insieme alle compagne e i compagni ed anche famiglie intere.
Questo ci fa intendere che i tempi sono maturi per poter iniziare un percorso, per cui, distinti metodi e pratiche, fissati degli obbiettivi, si costruisca in maniera comune con quei soggetti sociali che vivono sulla propria pelle la crudeltà della crisi e della mala politica, senza per questo snaturarsi o diluire la propria identità antagonista.
Ci auspichiamo che anche Catania, a livello cittadino, sia pronta a questa nuova ondata di movimento, in cui pratiche da sempre demonizzate, anche da realtà che in teoria dovrebbero comprenderle e tollerarle, riescano invece a diventare di tutti e diventino una soluzione possibile.
Sabato abbiamo assediato Roma. Adesso, assediamo ogni città.
UNA SOLA GRANDE OPERA: CASA E REDDITO PER TUTT*!
Il terrorismo di stampa e polizia sul corteo del 19 ottobre a Roma
Ci siamo, ci stiamo preparando all’assedio di domani. E… tra uno striscione e l’altro, tra un volantino e una chiacchiera, non possiamo esimerci dal leggere i giornali e la stampa online. Certo, non ci sorprendiamo e, anzi, sorridiamo nel leggere come le varie testate nazionali siano esperte nel criminalizzare il dissenso sociale. Se inquesti giorni le ragioni del corteo e la rabbia che ci spinge a scendere in piazza, non hanno sfondato la cortina di ferro della stampa mainstream, le uniche notizie che sono uscite sulla giornata di domani sono state in termini di gestione dell’ordine pubblico. Martellante è stato il bombardamento: “gli spaccavetrine scendono a Roma”, “i Notav -entità che ha sostituito nell’immaginario la fantomatica figura del black block- assedieranno la città”. La macchina della paura è partita in pompamagna. E con essa anche la macchina della repressione, oggi infatti a Roma il clima si è scaldato, ma certo non a causa di black block o presunti terroristi!
La mattina è iniziata con la notizia del fermo preventivo di cinque francesi che ieri notte, dopo esser stati identificati in centro, sono stati portati nel commissariato di Trevi – Campo Marzio e da lì trasportati all’ufficio immigrazione da dove verranno direttamente rimpatriati. Misure che nulla hanno a che fare con la “sicurezza” o “l’ordine pubblico” infatti a questi ragazzi non viene imputato alcun reato.
Già avuta questa notizia abbiamo cominciato a pensare si trattasse di uno scherzo, ci siamo chiesti se si trattasse del teatro dell’assurdo o se, senza essercene accorti, siamo diventati i protagonisti di un romanzo distopico con tanto di polizia segreta e processi alle intenzioni.
Ma non è finita qui.
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