Da più di un anno come Centro Sociale ci troviamo a confrontarci quotidianamente con la realtà del quartiere Antico Corso: ci confrontiamo con piccoli e grandi attraverso un doposcuola gratuito ed iniziative di quartiere, condividendo tanti momenti di crescita. Ci sentiamo perciò coinvolti direttamente quando il dibattito cittadino, cogliendo l’occasione di una lite a colpi di pallone tra bambini del quartiere e coetanei ennesi in gita al Monastero dei benedettini, riporta al centro il “degrado” dei quartieri popolari. La discussione subisce continue e prevedibili oscillazioni tra derive “civilizzatrici” (sembra che nei quartieri vivano orde di barbari da civilizzare) o peggio, dichiaratamente securitarie (polizia e controllo pronti a risolvere tutti i problemi sociali dei quartieri).
Di questo degrado però ci è sempre premuto individuare i responsabili, ed è sempre ai piani più alti che li abbiamo rintracciati. Chiamiamo perciò all’appello le amministrazioni che i quartieri popolari li hanno privati dei servizi, delle scuole, degli spazi, così come chiamiamo all’appello i politici che nella miseria dei quartieri hanno trovato bacini sempre vivi di voti. Se una bravata dei bambini dell’antico corso è il pretesto per parlare dell’inciviltà e della barbarie di questa popolazione di serie B, allora vorremmo che fosse anche il pretesto per parlare dell’abbandono e del silenzio che regna sul quartiere e sugli abitanti, per parlare degli spazi negati, della mancanza di alternative. Facciamo che le pallonate della discordia diventino il pretesto per parlare dei bambini cattivi, di quei bambini così cattivi che durante tutto l’anno, in tutti gli angoli del loro quartiere, in qualunque stagione e sotto l’imperversare di tutti gli agenti atmosferici continuano a calciare un pallone, anche se scuola non ce n’è, servizi non ce ne sono, sport gratuito e per tutti non ce n’è. Contro chi lascia che i quartieri vengano privati di tutto e messi in croce alla prima occasione, contrapponiamo la voglia di rispondere dal basso alle esigenze collettive, di riappropriarci insieme degli spazi e creare nuovi fronti di autorganizzazione e resistenza di quartiere. Contro un sistema che vuole i quartieri emarginati e colpevolizzati, contrapponiamo la voglia di viverle quelle strade, quelle piazze, piazzette, voglia di viverle e non di giudicarle.
Centro Sociale Liotru