#IoResto #IoResisto

Negli ultimi 20 anni 2.5 milioni di persone sono emigrate dal Sud, soprattutto giovani, partiti per studiare o lavorare.
L’isola spesso decantata per le sua indiscussa bellezza, ad un certo punto sembra essere così ostile e inospitale da spingere tante e tanti a fare i bagagli. Il risultato è un territorio sempre più sterilemanifesto e impoverito, con piccoli paesi destinati a scomparire e città svuotate.
Oggi, rimanere al Sud, in Sicilia, è un atto di resistenza.
Resistiamo in mezzo ad una matassa di macro e micro poteri, resistiamo ad una mentalità comune abituata alla rassegnazione e all’accettazione, resistiamo ad un sistema capitalista in cui sfruttare è l’unico verbo riconosciuto, resistiamo a politici che lucrano ogni giorno sulla nostra pelle.
Che fare quindi? Prima di tutto scegliere.
Scegliere di rimanere, che non è scontato, né per lo più facile.
Porselo come imperativo se si pensa che a rimanere invece è il peggio della politica e dell’economia nostrana che negli anni questa terra l’ha solo affossata.
Chi ha deciso che al Nord si deve studiare, lavorare, vivere meglio che qui? Vogliamo tutto! Vivere e lottare a scuola, a lavoro, in quartiere, ovunque per difendere il mio territorio, per cambiarlo e migliorarlo.
Domandarsi costantemente:“Ma se non lo faccio io, perché dovrebbe farlo qualcun altro?”
E poi ancora rompere la gabbia dell’isolamento, mettersi in comune e resistere insieme.

Contro Crocetta e il PD

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Ieri, nella ricorrenza della rivolta del Vespro, siamo scesi in piazza contro Crocetta ed il PD. 

Ieri, come tante altre volte, abbiamo deciso di schierarci in maniera netta a difesa dei territori.                    

Essere e sentire la Sicilia come comunità, come soggetto ferito ma in lotta, è oggi necessario per chi, come noi, crede che i nodi di espressione più esplicita dei meccanismi di sfruttamento del capitale si palesino nella concretezza dei territori, per chi vede nella dimensione regionale un’arena di conflitto reale che non dimentica i processi di globalizzazione o gentrificazione ma li evidenzia nelle sue espressioni più palesi, più comprensibili.

Quella di Palermo è stata una piazza composita, piena e variegata, da attraversare per comprenderne la radicalità delle rivendicazioni. Contro un governo regionale bugiardo, che a promesse di rivoluzione ha sostituito miseria, tagli e svendita dei territori, sono scesi a manifestare tutti coloro i quali non vogliono più sentirsi schiavi di politiche percepite lontane, lontanissime nelle decisioni ma vicinissime negli effetti devastanti. Il corteo diretto a Palazzo d’ Orleans, sede della Presidenza della Regione, ha ben scandito gli infiniti atti del governo Crocetta e dei precedenti, tutti a discapito dei siciliani: tagli alla sanità, alla cultura ed al sistema scolastico, uso clientelare o approssimativo delle risorse.

Come Gela, Niscemi, Marsala, Comiso, Sigonella e tanti altri luoghi in cui ci siamo sentiti chiamati alla difesa dei territori, in cui abbiamo voluto, insieme a compagni da tutta la Sicilia, allargare le istanze e coltivare i conflitti, così ieri a Palermo abbiamo creduto in una risposta dal basso a questo governo fantoccio. Per noi che continuiamo a dire che andare via significa desertificare le proprie città, i propri territori e darla vinta a chi ci vuole sradicati e flessibili, manovrabili come le pedine della dama, pronti a partire senza colpo ferire, mettendo in discussione così la capacità di costruire rapporti, progetti durevoli di vita; per noi forse è più semplice pensarla così. Siamo attivisti e militanti di collettivi studenteschi, centri sociali, comitati di lotta per la casa, realtà più o meno organizzate e strutturate, e da tempo abbiamo imparato cosa significa condividere difficoltà, esigenze e bisogni. Molte scelte politiche a livelli di governo regionale e nazionale hanno, se non incentivato, nemmeno contrastato apertamente la desertificazione verso cui sta andando il Sud, il depauperamento delle sue risorse, lo svilimento del suo capitale umano. Insieme abbiamo capito che la messa in comune di esigenze e l’organizzazione della rabbia collettiva possono essere delle risposte, possono creare delle opportunità, altrettanto valide a quelle che spingono migliaia a partire. Questo e molto altro ci tiene legati alla nostra terra, questo e molto altro ci permette di credere che, in fondo, ha un senso rimanere, questo e molto altro ci permette di urlare a gran voce “Crocetta vattinni” ed affermare che il PD, come altri, rappresenta “criminalità organizzata” ai nostri danni.

Non è certo il tempo di facili sogni, ma di ricomposizione.

Un’ azione collettiva che si può conquistare solo nella pratica, fatta di scelte, errori e successi.

Rispondere colpo su colpo, senza timore

Dare vita allo Spazio Recuperato Uzeta è una scelta di campo, non solo un esigenza.

Come nella leggenda catanese, immortalata in uno dei lampioni di piazza Università, in cui un ragazzo del popolo, Uzeta per l’appunto, si schiera a difesa della città contro i giganti Ursini, così crediamo si debba oggi aver coraggio nella lotta ed affrontare le controparti nonostante la disparità ed il disequilibrio.

Gli incessanti sgomberi e sfratti, lo scardinamento di ogni tipo di welfare e tutele sociali, l’arretramento nei diritti sul lavoro, i tagli alla cultura, ci danno la misura dell’attacco che stiamo subendo. Il capitale, i sistemi di potere sono oggi in dichiarato e serrato attacco(offensiva), ma la nostra resistenza non può essere passiva, non può essere pensata come barricamento ma come costante controffensiva.

Lo S12596273_1561306584160361_1517356547_npazio Recuperato Uzeta rappresenta una risorsa per la città di Catania non solo in termini di spazio fisico, ma soprattutto politico.

Nel momento in cui ogni sorta di conflittualità sociale è posta in discussione, è annullata, è ridotta a sporadici momenti di piazza, crediamo sia la costanza ed una serrata organizzazione antagonista a fare la differenza.

Sovvertire quella che sembra, anche se così non è, la naturale tendenza ad essere sudditi e soggetti passivi alla pressione economica, sociale e politica che viene da palazzi, borse e governance, è un passo che necessariamente ha a che fare con il concetto di autorganizzazione, intesa come partecipazione, comunità vissuta e condivisa, prima forza motrice del cambiamento, partendo dai propri territori quotidiani.

Tutto ciò passa certo da una difesa e da un attacco, ma soprattutto da una scelta, quella di “restare” che come dal suo significato etimologico rappresenta l’opposizione ad andarsene, la scelta di non abbandonare, come Uzeta, il campo di battaglia, il proprio territorio di lotta.

                                                     Spazio Recuperato Uzeta

Rispondere dal basso per la difesa dei territori

‘Mi votu e mi rivotu suspirannu
Passu li notti nteri senza sonnu
E li biddizzi tò iu cuntimplannu
Li passu di la notti nsinu a jornu
Pi tia nun pozzu ora cchiù arripusari paci
Nun avvi cchiù st’afflittu cori
Lu sai quannu t’aiu a lassari
Quannu la vita mia finisci e mori’

Viviamo in un periodo storico in cui si sperimentano continuamente nuove fasi e modalità di sfruttamento. Un periodo storico in cui può succedere che il lavoro divenga “volontariato”, che la ricerca diventi un “hobby” e l’emigrazione una “risorsa” ed in cui in cui i processi economici e di sfruttamento fanno saltare la retorica che era in auge non molti anni fa, quella dell’ empowerment ovvero della necessità di ascoltare e coinvolgere la 12648050_1553253931632293_1583660383_ncittadinanza nei processi decisionali. Oggi infatti i governi non mostrano nessuna remora nel palesare la distanza ed il distacco dalle istanze e dai bisogni della popolazione di riferimento: di tutto ciò è oggi espressione il governo Crocetta che, tra i rimpasti di poltrone, lo svilimento delle risorse, la svendita dei territori e la sottomissione abulica ai poteri economico-politici nazionali e sovranazionali, rappresenta a pieno il distacco dalle reali esigenze della popolazione.
Le responsabilità non sono da ricondurre solo alla giunta Crocetta, benché questa non se ne faccia mancare una, ma anche alle giunte precedenti e al trattamento che i governi locali e nazionali nel tempo hanno riservato alla regione Sicilia.

E’ chiaro, il quadro è limitato, ma lo riteniamo sufficiente per esplicitare come sia, a nostro avviso, il tempo della territorialità.
Se il territorio può essere il nostro campo di battaglia, lo è ancora grazie a due importanti fattori: la comunità, l’appartenenza e la concretezza dell’esplicitazione dei processi di sfruttamento, siano essi ambientali, umani, lavorativi.
Dicevamo già mesi fa:
<“Territorio” diventa il quartiere in cui si abita, le scuole e le università che si frequentano, i (tanti e vari, spesso vacui) luoghi di lavoro precario e sottopagato. Questo il nostro territorio, al di fuori dai contesti rurali dei movimenti territoriali a cui siamo legati, questo il terreno da cui nasce e si sviluppa la nostra esigenza di resistere. Sovvertire quella che sembra, anche se così non è, la naturale tendenza ad essere sudditi e soggetti passivi alla pressione economica, sociale e politica che viene da palazzi, borse e governance, è un passo che necessariamente ha a che fare col concetto di autorganizzazione, intesa come partecipazione, comunità vissuta e condivisa, prima forza motrice del cambiamento e della creazione di “altro”, partendo proprio dai propri territori quotidiani.”>
In quest’ottica, la costruzione di un percorso di mobilitazione condivisa, che veda proprio questi territori a confronto, nelle loro specificità e concretezze, può oggi rompere alcuni argini che, in Sicilia, siamo abituati a seguire.
Spazzata via dalla memoria collettiva quella parte di storia che vede il popolo siciliano, e non solo, protagonista di un tentativo di riscatto, l’andazzo generale è sempre stato quello di vedere la Sicilia, ma anche in resto del Sud, come un bacino da cui attingere pieno di pedine da poter spostare e sfruttare a seconda delle contingenze.
Ecco perché riteniamo utile che la gente si senta e si mostri “soggetto attivo”: comunità pensante e in lotta.

Momenti di confronto regionali oggi possono dare corpo a questo soggetto, farlo vivere ed animarlo.
Il prossimo passo sarà quindi quello di ritrovarci a Catania domenica 31 gennaio perché si possa creare ancora una volta un’arena di respiro regionale che, seppur nelle differenze, ritrovi nella lotta e nella voglia di riscatto comuni denominatori per creare comunità e movimento verso mobilitazioni nei singoli territori e verso la manifestazione del 30 marzo contro l’operato del governo Crocetta.

Assemblea Regionale – domenica 31 gennaio ore 15:00 al Centro Sociale Liotru (via Montevergine 8)

Manifestazione Regionale contro Crocetta: https://www.facebook.com/events/215313882145935/