La legge 107 (Buona Scuola) entrata in vigore lo scorso anno ha sancito l’avvio di un sistema scolastico che stravolge del tutto la funzione della scuola, da sempre luogo di crescita non individuale ma collettiva, di scambio continuo non di competenze ma di conoscenze, riflessioni, idee.
Proprio il carattere di crescita collettiva, di scambio e non di competizione, di luogo di conoscenza e non di accumulo di competenze è uno dei caratteri della scuola che la nuova riforma colpisce più nel profondo. Nel testo della Buona Scuola si parla continuamente di merito, merito per la valutazione di insegnanti, scuole e alunni, merito che, secondo la logica della legge sarebbe utile a premiare i soggetti più impegnati, più talentuosi, senza fare cenno però alle conseguenze che la premiazione di alcuni, le cosiddette “eccellenze”, avrebbe su tutta la restante parte di soggetti comunque appartenenti al mondo della scuola, che si troverebbero in una posizione di sostanziale subordinazione rispetto ai primi.
Dunque un primo obbiettivo della scuola diventa la semplice corsa al primo posto, la necessità di essere al primo posto e la conseguente voglia di prevaricare l’altro, distruggendo così l’ambiente collettivo di scambio e cooperazione che la scuola dovrebbe naturalmente rappresentare. Per stabilire quali siano i fantomatici soggetti “meritevoli” sono necessari metodi di valutazione “oggettivi”, il cui compito in realtà è unicamente valutare competenze apprese acriticamente in un sistema in cui l’unica utilità della scuola è (come conferma il progetto di alternanza scuola-lavoro) crescere soggetti da impiegare in un sistema di precariato e sfruttamento, di cui il Job’s Act (la riforma sul mondo del lavoro) è il chiaro emblema.
Per questo motivo il modello valutativo che ormai da diversi anni si cerca di imporre nel mondo dell’istruzione è il famigerato modello INVALSI, il “test a crocette” che siamo tristemente abituati a conoscere. Questo genere di test, somministrato indiscriminatamente a livello nazionale in tutte le scuole, elementari e medie, istituti e licei, però, non tiene conto di moltissimi fattori, quali i contesti sociali delle scuole e dei singoli alunni, le inclinazioni e le attitudini di questi ultimi, non tiene affatto conto del pensiero critico, dell’approccio individuale all’apprendimento, riducendo così il merito alla semplice conoscenza passiva di una serie di nozioni ritenute “utili” da chi somministra lo stesso test.
Cosa significano quindi merito e valutazione nel sistema scolastico stravolto proposto dalla Buona Scuola? Significano competitività, ricerca dell’individualismo, riduzione della funzione dello studio alla necessità della corsa alla carriera, abolizione del pensiero critico e premiazione del nozionismo. In parole povere, quello che la Buona scuola cerca di introdurre nelle nostre scuole sono una mentalità e un sistema volti a rendere la scuola stessa una fucina per creare individui schematizzati, non persone ma numeri il cui unico obiettivo sia quello di inserirsi al meglio nella società satura di falsi valori individualistici e competitivi.