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Muro pulito, Popolo muto

 

Qualche giorno fa è apparsa una foto sul  profilo facebook di Via Etnea Catania (CCN) che ritrae una scritta su un muro di Largo Paisiello col nostro sito e il nostro nome. La foto  viene pubblicata con un commento molto critico, in cui veniamo additati  come facenti parte del teppismo impunito della città. In un ulteriore  commento viene citato un punto del nostro manifesto, riguardante i beni  comuni, e si continua con una simpatica battutina.

 

Mettiamo delle cose in chiaro.

Come dice la stessa didascalia della foto postata “dietro una scritta c’è una persona, la sua  vita e il suo background”:  ciò significa che per qualcuno scritte e  graffiti sono espressione di sé stessi, un mezzo per comunicare dei messaggi, un modo per far vivere la città e la sua cultura urbana. Criminale per noi è il Comune o chi ha deciso di cancellare tutte le opere d’arte di giovani e meno giovani che in quella piazza come in altre avevano voluto esprimersi. Per noi, dunque, una scritta su un muro è espressione  di un pensiero che, fino a prova contraria, nel caso preso in considerazione, non crediamo rechi danno alla dignità o alla libertà personale di nessuno, tantomeno della città.
Non stiamo qui certo parlando di edifici storici o beni culturali, sui quali si può impostare un’altro discorso, ma di una delle più sterili piazze di Catania.Se poi volete considerarci dei “teppisti” per  questo motivo…  noi non ci sentiamo per nulla offesi.

Ringraziamo il gentile commentatore per essere andato sul nostro blog e aver letto i nostri documenti. Si, noi parliamo di bene comune, della sua tutela e della riappropriazione degli spazi che ci vengono di giorno in giorno tolti, dimezzati.
Per questo ci stupiamo del fatto che invece di parlare della nostra “intollerabile” scritta, non si parli dello spazio comune che è stato mortificato e “buttato giù nella fogna”, la piazzetta accanto (denominata squib): prima spazio pubblico a disposizione della collettività, prontamente venduto qualche anno fa ad un privato e oggi chiuso da un cancello (che fortunatamente i ragazzi scavalcano; perché, per noi, alcuni gesti sono legittimi seppur illegali: della serie, patti chiari  amicizia  lunga). Quindi, vi preghiamo, la prossima volta, di indignarvi e  accalorarvi se volete pure sulla nostra “deficienza” e la nostra mancanza di rispetto ma di controllare bene anche quelle cose, sicuramente più gravi, che accadono ma non si vedono e su cui nessuno dice niente, quelle cose di cui dovreste avere le “palle piene”, oltre le scritte sui muri (che sembrano farvi incazzare molto).

Sulla battuta, poco da dire: degli  “onesti cittadini”  non vanno in giro con dei martelli e sono persone abbastanza  intelligenti da usare la parola per comunicare e non le martellate  (cosa  di cui dubitiamo siano capaci i fascisti, dati i loro noti  metodi di comunicazione). A noi sta bene il confronto (tant’è vero che  stiamo rispondendo alle critiche sollevate). A tal proposito: la faccia  l’abbiamo mostrata per molte delle cose che abbiamo ritenuto  importanti.

L’ultimo pensiero va alla citata “maggioranza”:  con tutto il rispetto, se seguire la maggioranza significa ritrovarsi  in una città, in un paese e in un sistema globale del genere… bè,  siamo fieri di essere minoranza e di trovare ancora modo di mettere in  moto il cervello ed esprimere il nostro dissenso verso lo status quo. Se non si fosse già capito dal manifesto, non cerchiamo bacini elettorali da “rappresentare” ma cerchiamo di riprenderci ciò di cui siamo stati  privati per troppo tempo: corpo, mente, luoghi, pratiche e saperi. Se per fare  questo dobbiamo utilizzare i nostri corpi e, in questo caso, le nostre bombolette, siamo disposti a farlo.
Con il sincero invito a incanalare la  vostra indignazione e di volgere la vostra lente di ingrandimento dove se ne sente davvero il bisogno, orgogliosamente “teppisti“,

Collettivo Aleph

L’ Università della Valle

Può sembrare un’assurdità paragonare la Val Susa all’ università, o ancora si può pensare che ci si riferisca alle fantasiose dichiarazioni di politici e giornalisti che in questi mesi hanno definito il campeggio di Chiomonte come “campo di addestramento paramilitare”, “sede dell’ eversione” e così via.

Niente di tutto questo, noi facciamo riferimento a quell’ idea di università vera, collettiva, profonda, libera e  spontanea.
Spontanea, perchè nasce dalla voglia di mettersi in gioco, dalla ricerca di significati altri da quelli che banalmente riceviamo quotidianamente, da gesti semplici ed impulsivi ad altri complessi e meditati, come la battitura delle reti da parte di una bimba di 2 anni(con tanto di agenti in tenuta antisommossa evidentemente spaventati dalla pericolosa black block) o l’occupazione della sede di equitalia simbolo dell’impatto della crisi sulle vite di ognuno di noi.
Libera, perchè aperta a tutti, senza numeri chiusi o test d’ingresso, senza obbligo di frequenza o spazi separati per classi o per categorie, tutti si sta insieme, si mangia, si discute, ci si documenta, si decide insieme, ma soprattutto “si parte e si torna insieme” ad ogni azione contro la Tav e il cantiere.
Profonda, perchè profonde sono le lezioni di vita che impari giorno dopo giorno, profondi sono i rapporti che si creano tra tutti, anche i più fugaci, con persone di ogni parte d’ Italia e d’ Europa, profondi sono i temi che vengono trattati, snocciolati, discussi, appresi (debito, crisi, rete e social media, beni comuni e spazi sociali e tanto altro).
Collettiva, perchè mai individuale, sempre basata sul confronto, mai gerarchica e sempre scandita dalla condivisione, ininterrotta, delle esperienze e conoscenze personali in un qualsiasi campo (dai trucchi in cucina delle signore della Valle ai consigli dei giovani su come impostare un’articolo su internet).
Vera, perchè questa è l’università che vorremmo.

Non ci resta che ripetere, non come pappagalli ma con fermezza e convinzione, la nostra richiesta, il nostro imperativo: Val Susa in ogni città!

Chi ama lo sport, odia il razzismo.

Dal 24 al 27 luglio, in piazza Carlo Alberto, si è tenuta l’edizione 2012 del Torneo di Calcio a 5 Antirazzista organizzato da: Arci, Cpo Experia,Gapa, Rete Antirazzista Catanese, Collettivo Aleph.

Anche quest’anno lo sport è divenuto uno strumento di reciproco riconoscimento, di cultura della resistenza, di rispetto della dignità delle persone. Gli incontri di calcio si sono alternati a momenti di solidarietà e di sensibilizzazione verso la condizione dei migranti e delle politiche repressive che governi di centrodestra e centrosinistra portano avanti da anni nei loro confronti, incentivando misure di sfruttamento estremo imposte da padroni senza scrupoli, con la scusa della crisi. Il Cara di Mineo è il vergognoso esempio delle politiche segregazioniste e clientelari messe in atto per giustificare il megabusiness della pseudo-accoglienza.
Poche settimane fa abbiamo assistito ai vergognosi scandali del calcio scommesse e agli scontri ai grandi magazzini “Il Gigante” di Basiano, dove lavoratori – soprattutto pakistani ed egiziani – hanno reagito con determinazione allo scippo dei loro diritti, divenendo così vittime di una repressione violentissima degna della peggiore dittatura (due immigrati con le gambe spezzate e quindici feriti). Per non parlare dello sgombero del Palazzo Bernini, tema trattato abbondantemente.

Per questo vogliamo diffondere con fermezza la cultura di uno sport autorganizzato, popolare, antifascista e antirazzista. Questo torneo rappresenta per noi un simbolo di sostegno a tutti quei migranti che non sono più disponibili a sottostare alle barbare dinamiche dello sfruttamento e del      caporalato.
La forza dello sport, della solidarietà e della difesa della dignità dell’essere umano, sono anche i valori che Mahmoud Sarsak, calciatore venticinquenne della nazionale palestinese, prigioniero nelle carceri israeliane da ben tre anni senza alcuna motivazione reale, a parte quella di essere orgogliosamente palestinese, ha voluto affermare con uno sciopero della fame durato 92 giorni, insieme a centinaia di altri detenuti palestinesi.
Per questo eleggiamo il coraggioso giocatore a simbolo dell’iniziativa e scegliamo di devolvere l’intero ricavato del torneo al centro di aggregazione e recupero giovanile IBDA del campo profughi di  Betlemme.

Sono stati costituiti tre gironi: maschile, femminile e under 14.
Ogni giornata di campionato è stata accompagnata da birra, frutta fresca e musica.
Il torneo si è, infine, chiuso con una festa popolare con premiazione, proiezione di video, dibattiti, cena, performance teatrali a cura del laboratorio teatrale interculturale  dell’Arci e diggieiset.