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COSTRUIAMO L’ASSEDIO – mercoledì 3 ottobre, Pzza Asmundo

Dalle scuole e le università alla Tav ed al Muos.
Dai quartieri, dagli stadi alle palestre e gli spazi sociali.
Dal posto di lavoro ai trasporti, alla salute.
In una città come Catania, barbara, in cui speculazione, mafia e capitalismo si intrecciano perfettamente in giochi finanziari visibili a tutti, e in un contesto nel quale il sapere e gli spazi giovanili sono appaltati a gruppi legati ai poteri politici ed economici sentiamo l’ esigenza di costruire spazi reali di socialità.
Un socialità che si affaccia all’ austerity ed alla precarietà imposteci in maniera conflittuale, con umiltà, ma senza timidezza.
Intendiamo “costruire l’ assedio ai palazzi del potere” e non parliamo solo di una giornata, ma di un percorso, che ci faccia tornare i protagonisti delle nostre vite.
Vogliamo essere noi tutti, a partire dai bisogni reali ad esercitare pratiche di riappropriazione concreta di tutto ciò che giorno dopo giorno ci portano via.
Un percorso di lotta aperta, che si generalizzi incrociando i percorsi, mettendo fianco a fianco giovani precari ed esodati, sfrattati, occupanti, senza casa, migranti, studenti e rifugiati, no tav, no muos e cassintegrati, chiunque si batte per affermare i propri diritti e per la difesa dei territori.”
 
O.d.g. della prossima riunione:
-Report dell’ assemblea nazionale alla Sapienza: “Verso il corteo del 19Ottobre”
-Dalle mobilitazioni del 9Agosto e del 28Settebre:
proposte e prospettive per il Movimento NoMUOS
-4 e 15 Ottobre: studenti soggetto attivo del conflitto sociale.
-12Ottobre: Catania, nuova giunta comunale e diritto alla casa negato.  
-19Ottobre: TUTTI a ROMA! (come, quando e perchè partire)

Non sarà una passeggiata ma nemmeno un parco giochi, la sollevazione è una cosa seria e così si  

rappresenterà. Andremo dove vogliamo andare, faremo ciò che abbiamo deciso di fare.

Ci vedremo in Piazza Asmundo alle ore 18.00, per costruire, insieme, l’ assedio.

 

Meridione: tra test d’ingresso e forze armate

 

Come ogni anno in tantissimi ci si ritrova a studiare e sperare, vedendo in quelle “risposte a crocette” il proprio futuro. Peccato però che quel futuro poi non solo non si realizzi ma addirittura nemmeno cominci, facendo svanire sogni ed attitudini di chi poi si ritrova con un pugno di mosche in mano: checchè se ne dica, per quanto si possa faticare e studiare, sappiamo tutti che fortuna e raccomandazioni giocano un ruolo principale nei test d’ingresso all’ università.Così, dopo i soldi spesi e gli sforzi fatti succede, per la maggior parte di noi, di non riuscire ad entrare nell’ università che vorremmo fare.

E’ chiaro che è impossibile tollerare un sistema generale a forma di imbuto, che preclude a molti l’accesso all’istruzione pubblica e alla maturazione di proprie attitudini. E’ altrettanto scontato che in un Sud già povero ed in cui ogni manovra dei governi passati non ha che peggiorato le cose, i test d’ ingresso sono solo l’ ultimo anello di una combinazione fatta ad hoc per creare sfruttamento e sottomissione.
test-di-ammissione

 
L’alternativa valida agli studi universitari diventa dunque iniziare a lavorare, ma trovare un posto di lavoro, anche temporaneo, è ormai una cosa quasi impossibile. Altro che lavoro a tempo determinato! Oggi trovare un lavoretto sottopagato, senza contratto e che duri più di un mese è il sogno più grande a cui un giovane meridionale può aspirare.
Senza un soldo e senza la possibilità di accesso ai corsi di studi per cui si è portati, lo sconforto ed il sentirsi mani e piedi legati diventano i compagni di vita di un giovane che non vede futuro.
È proprio in questo contesto di crisi sociale ed economica che entrano in gioco le nostre care forze armate: ebbene sì, lo stipendio garantito e la possibilità di fare carriera dentro l’esercito o carabinieri e polizia sono la scelta più ovvia per molti.
Non è un caso che la grandissima parte dei “volontari” siano meridionali.
Eccolo il nostro orgoglio nazionale, i nostri fieri militari che vanno ad esportare democrazia a suon di morti e le nostre bellissime forze dell’ ordine che difendono politicanti ed imprenditori senza scrupoli, forti coi deboli e deboli coi forti: ragazzi senza futuro a 20 anni rassegnati ad una vita di cieca obbedienza e sfruttamento.
 

militare

Noi non ci stiamo!
Crediamo che l’alternativa stia
nell’ autorganizzazione e nella lotta.
 
Non chiediamo, ma prendiamo.
Non aspetteremo tempi migliori,
lotteremo ADESSO.
Contro test d’ingresso ed università-azienda.
Per un’ università libera, gratuita e di qualità.
Per la pace e contro ogni esercito.
Contro forze del (dis)ordine ed a fianco di chiunque lotti.
Contro lo sfruttamento del capitale, per casa e reddito garantiti.
Per la possibilità di sognare… ancora.

Sghino finalmente LIBERO!

A giugno 2012, alle 4 del mattino, i ROS iniziavano l’ “Operazione Ardire” (ordinata da un PM di Perugia), entrando in una quarantina di case di alcune compagne e compagni anarchici e arrestandone circa 10. Tra questi Peppe, accusato di “partecipazione ad associazione terroristica con finalità eversive e istigazione a delinquere”. Secondo gli inquirenti, i comunicati e i documenti pubblicati da Peppe su Parole Armate erano troppo vicini alle reti anarchiche FAI (Federazione Anarchica Informale) e FRI (Fronte Rivoluzionario Internazionale), le stesse che, a loro dire, avevano a che fare con la gambizzazione di Adinolfi. Insomma, scrivere su un sito è sembrato sufficiente al PM per ordinare il sequestro del computer e di alcuni libri di Peppe, compreso il suo arresto in assenza di condanna definitiva. Da qui, la storia di Peppe è fatta di lunghe attese nel carcere di Alessandria prima e Ferrara dopo, sempre in alta sorveglianza: attese in cui si vede rifiutata più volte la richiesta di domiciliari; attese in cui gli rifiutano persino il trasferimento al carcere di Catania; attese in cui il suo arresto viene confermato dopo mesi, seppur in assenza di pena; attese fatte di trasferimenti da un carcere ad un altro, sempre troppo lontano da casa. “Si dice che lo stolto, invece di puntare gli occhi sulla luna, si soffermi a rimirare il dito che la indica. Eppure, senza voler giustificare lo stolto o reputarmi tale, credo sia difficile alzare lo sguardo al cielo quando questo non fa che coprirsi sempre più di sbarre. Dire ciò potrà sembrare scontato dato che la luna, da dove mi trovo adesso, posso solo immaginarla ma le sbarre di cui parlo non caratterizzano solo la prigione bensì sono parte integrante, sotto varie forme, dell’intero dominante che ammorba l’esistente.” Scrive così Peppe da Alessandria dopo tre mesi di carcere.

L’ultima volta che abbiamo visto Sghigno eravamo tutti stipati in un’aula del tribunale di Catania. Era Gennaio di quest’anno. Aveva in corso un processo per un attacchinaggio e una multa che non aveva intenzione di pagare. Eravamo tutte e tutti lì, stretti, quasi contenti di avere quell’occasione per vederlo ma, soprattutto, per fargli sentire la nostra presenza, la nostra solidarietà. Erano passati quasi otto mesi dal suo arresto e la distanza che ci separava la sentiva lui come noi. Anche in quell’occasione abbiamo potuto assaporare l’amaro sapore della repressione: ammanettato e circondato da sbirri in borghese, non è stato possibile stabilire che un brevissimo contatto visivo, mentre la Digos, in maniera del tutto non autorizzata, riprendeva i nostri volti e le nostre voci. Dopo mesi di libertà gli hanno voluto negare anche la possibilità di assaporare la solidarietà dei suoi compagni, finalmente presenti fisicamente, dopo mesi e mesi di lettere.

Con questa immagine impressa nella mente arriva qualche giorno fa la bella notizia della scarcerazione di Peppe: all’ennesima richiesta di proroga degli arresti finalmente una risposta negativa. DOPO UN ANNO IN CARCERE IN ATTESA DI GIUDIZIO, SGHIGNO E’ ORA LIBERO!

Notizia questa che ci fa gioire ma non deve farci dimenticare chi, tra tante compagne e compagni, è ancora dentro, ingiustamente: tra gli ultimi Jimmy, arrestato qualche settimana fa dopo un anno di latitanza. Non dimenticarci di loro significa ricordarsi che la Solidarietà, quando messa bene in atto, è un arma contro ogni forma di repressione.

Siamo tutte e tutti carcerati, poiché una società che ha bisogno del carcere, di rinchiudere ed escludere, è essa stessa carcere. Ma non sarà mai incarcerabile la gioia del sogno della libertà dai padroni e dalle loro galere, la gioia di una solidarietà in lotta” [Marco Camenisch]

Sghino libero… finalmente!

Liberi tutt*!

Arrestato Francesco dopo un anno di latitanza. Libertà per tutt*!

 

Luglio scorso venivano condannati tante compagne e compagni per i fatti accaduti a Genova, durante il G8 del 2001. A undici anni dall’assassinio di Carlo per mano di una divisa, dalla macelleria messicana della Diaz, dagli scandali del Bolzaneto, dopo le assoluzioni ingiustificate e le prove insabbiate, la repressione continua il suo percorso. “Devastazione e saccheggio” l’imputazione principale, reato creato in epoca fascista per punire i dissenti politici del regime. E proprio per questo reato tante compagne e compagni sono stati condannati fino a 15 anni di carcere, per qualche vetrina rotta o bancomat dato alle fiamme, mentre l’assassino di Carlo è stato assolto e i macellai della Diaz pure. Proprio pochi giorni fa sono stati notificati ad Ines 3 anni e più di reclusione.

 

Dei condannati di luglio, uno che aveva iniziato a latitare per evitare la pena più grossa è stato arrestato oggi a Barcellona. Lo pensavamo lontano, gli mandavamo un platonico sostegno , durante questa latitanza dovuta ad un’immeritata sentenza. Quasi un anno di latitanza ha vissuto Francesco, per aver manifestato 12 anni fa il suo no al sistema capitalista. 15 anni di carcere lo aspettano.

 

La notizia si somma a quella della sentenza del caso (noi preferiamo chiamarlo “assassinio”) di Stefano Cucchi. Arriva oggi questa sentenza in cui i poliziotti vengono scagionati da tutte le accuse. Ecco come ammazzare due volte una persona.

LIBERI-TUTTI

 

La giornata di oggi è dunque molto pesante da digerire. Sappiamo perfettamente che chi prende certe decisioni nella vita dovrà affrontarne le conseguenze, prima o dopo. Sappiamo anche che la giustizia ha un senso tutto suo nell’essere attuata. Però per ogni compagna e compagno che finisce in carcere anche un pezzo di noi finisce lì con loro.

 Genova davvero non è finita, i suoi fiori nascono ancora… e continueranno a nascere e crescere.

 Libertà per tutte e tutti, subito!