Spesso e volentieri la sveglia e i ritmi di chi ha deciso di schierarsi e prendere posizione, di chi ha deciso i contrastare i poteri forti riappropriandosi di spazi, fisici e ideali, condividendo bisogni e speranze, sono spaventosamente strani e totalmente anormali. Ti potrebbe capitare di fare cose impensabili, quel tipo di cose che probabilmente nessun medico o amico che tiene un po’ alla tua salute, mentale e fisica, ti consiglierebbe di fare. Potresti ritrovarti a chiacchierare in una stanza con dieci persone, sedute rigorosamente in cerchio, fino alle due di notte; alle quattro del mattino rinchiusa in una stanza piena di fumo a scrivere un articolo; con 48, se non 72, ore quasi non stop di attività frenetica e, se sei fortunata, due pasti nello stomaco. Si, insomma, una vita salutare, certamente poco noiosa o caotica al punto di diventare quasi monotona.
Una delle ultime avventure in cui ci siamo imbarcati ha a che fare con un popolo che ha deciso che il proprio territorio deve essere rispettato, così come la salute di chi lo abita, da poltrone, poltroncine e poltronette dei palazzi, palazzotti e palazzetti. Il caso in questione è l’aberrante vicenda che da anni si consuma in contrada Ulmo, vicino Niscemi, che prende il nome di Muos e che nelle ultime settimane sta tornando a far parlare di sé. Dopo il dissequestro da parte della magistratura del sito militare, inizia a girar voce dell’imminente ultimazione della mega antenna: subito si mette in moto la macchina popolare del dissenso. Innumerevoli i blocchi e le attività partite in tutta la Sicilia, dove i Comitati NoMuos non si contano nemmeno più; davanti la base di Niscemi un presidio permanente e crescente tiene d’occhio la situazione e tenta di attirare su di se le attenzioni labili della stampa e della società civile: come spesso accade in queste occasioni, vita e morte si fronteggiano, nei loro sensi più ampi e complessi. Contestualmente, militanti e cittadini da tutta la Sicilia, come tante piccole formichine, vagano a tutte le ore del giorno e della notte, coordinandosi in una rete sempre più ampia, dandosi il cambio in una staffetta i cui premi sono Pace e Libertà.
In questo contesto dunque ci siamo dati al “birdwatching notturno”: un raro esemplare di gru pare essere in emigrazione verso Niscemi per finire di costruire la mega-antenna! Non potendo sfuggire a cotanto divertimento e spasso, ci rimbocchiamo le maniche e, alle 3.30 del mattino, partiamo alla volta del profondo sud, fermandoci ad un chilometro non precisato, di una strada statale non precisata, in una piazzola di sosta non ben identificata. Il posto perfetto, per perfetti pedinatori, professionisti dello spionaggio internazionale. A facilitare le lunghe ore di appostamento, l’ora e il gelo invernale, che di certo non mettono a proprio agio la tipica sicilianazza e il tipico sicilianazzo appena usciti dai 15 gradi di pochi giorni fa. Tra un “perché non ho portato il plaid?!” e un “la prossima volta una calzamaglia in più o, come minino, tre paia di calze ai piedi!”, prende avvio il gioco “spanniamo i vetri appannati” che, per quanto rendevano l’ambiente molto “padano”, di certo non erano utili ai fini della nostra presenza lì. Accovacciati dentro i nostri giubbotti, tra manifesti e striscioni in una macchina diventata, come spesso accade, l’armadietto di questo piuttosto che di un altro collettivo, ci sentiamo un po’ in trincea, in uno di quei momenti di stallo, in cui si aspetta che il nemico faccia un passo, si faccia vedere e tu, in questo caso armato di cellulare, sei pronto per il “contro attacco”.
Nel silenzio di quella strada buia, pur imprecando (ammettiamo!) a intervalli regolari, non puoi non riflettere e pensare che alla fine, nonostante tutto, ti senti al posto giusto, nel momento giusto. È una sensazione questa che non è così semplice da provare. Eppure, per chi ha deciso di contrastare i poteri forti e di farlo mettendosi in gioco in prima persona, accade spesso (almeno tanto quanto le volte in cui ci si ritrova in una stanza, con gente seduta in assetto circolare!). E stanotte, nel buio di quella strada statale imprecisata, ammettiamo di essere stati un po’ soddisfatti, forse felici, di essere lì al freddo e con la “nebbia padana”, perché sentivamo su di noi il calore di un movimento, la gratitudine di libere cittadine e liberi cittadini, il supporto di compagne e compagni e il senso di appartenenza ad una lotta sensata in cui la bandiera della ragione la portiamo noi. Pensando ai NoTav, agli operai dell’Ilva, agli studenti delle scuole in mobilitazione in tutta Italia ci sentivamo un po’ tutti loro, messi assieme, connessi dagli stessi obbiettivi che, seppur nella forma diversi, sostanzialmente uguali e complementari.
Ad alleviare le nostre sofferenze e pene (oltre che a porre un freno a sentimentalismi diabetici), il primo sole di dicembre che, per quanto poco caldo, ci ha non poco rincuorati, permettendoci di godere della bella Etna innevata e di verdi campi coltivati.
Arrivata “l’ora ics”, mettiamo in moto, pronti a ritornare ad un clima decente, desiderosi di un piumone e un materasso, per niente delusi di non aver avvistato il prezioso esemplare di gru, forse banalmente convinti di aver contribuito, seppur in minima parte, a bloccarlo lì dov’è.
Poi ha iniziato a piovere… ma questa la possiamo bollare come “un’altra storia”.