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14N – Vogliamo Tutto!

Lo Sciopero Europeo dei Popoli del 14 novembre ha visto scendere in piazza un’Europa diversa da quella della Troika e della BCE, un’Europa fatta di popoli sfruttati, repressi e, per questo, pronti a reagire con forza. Simultaneamente in Spagna, Italia, Portogallo e Grecia decine di migliaia di studenti, lavoratori, disoccupati e precari hanno riempito le strade dei loro corpi e l’aria delle loro voci, ribadendo ancora una volta la loro netta insofferenza nei confronti di politiche economiche e sociali inique e deleterie.

Come nel resto del mondo, anche a Catania un grosso pezzo di società civile e strutture organizzate sono scese in piazza. È qui che gli studenti delle scuole superiori e universitari si sono ritrovati in unico spezzone, dando vita ad una moltitudine colorata e unita che ha percorso le arterie principali della città. Gioiosi ma sicuri, ridenti ma consapevoli, studentesse e studenti hanno attraversato la città al grido di slogan che non lasciavano equivocare nulla: “Cosa vogliamo?! Vogliamo tutto! Sapere liberato dal profitto!”. Lontano da partiti e sindacati, autorganizzato e con crescente consapevolezza, lo spezzone “Vogliamo Tutto!” era espressione di insofferenza verso gli ormai estenuanti tagli alla Cultura, la disattenzione nei confronti del mondo della formazione e lo svilimento del Sapere, frutti di scelte politiche vecchie di almeno vent’anni ma che, anche nell’ultimo anno di “governo dei professori”, non sono state che confermate.

Riprendere gli spazi dentro scuole e università, riempirli di contenuti collettivi, creare una cultura alternativa, che parta dal basso, socializzare i bisogni e creare rete sono alcuni degli imperativi con cui studentesse e studenti sono scesi in piazza il 14 Novembre a Catania. “Vogliamo Tutto!” dunque era lo slogan di chi ha scelto di stare lontano da qualsiasi bandiera di partito e sindacato: da sindacati come la CGIL che, almeno in Sicilia (ma siamo sicuri anche a livello nazionale), fa un doppio gioco gravissimo: appoggia apertamente un partito, il PD, che è nella maggioranza di governo e che appoggia Monti e le sue politiche repressive di austerity. Studenti e studentesse hanno deciso di non abbandonarsi a queste ambiguità, prendendone le distanze. In questo la graduale presa di coscienza, da parte di intere generazioni, della visione di queste strutture politiche come elementi del Sistema stesso e quindi non utili al cambiamento, ma bensì pezzi di quel muro da abbattere.

È l’ora di reagire con forza, non è più il momento di proteste simboliche e blande che lasciano il tempo che trovano. In tutta Europa abbiamo assistito alle violenze del braccio armato dei banchieri e dei padroni, che tramite la polizia cercano di reprimere la giusta rabbia della gente che non vuole pagare un debito e una crisi di cui non è responsabile.

Non ci piegheremo a queste violenze e a queste intimidazioni e ci riprenderemo gli spazi e i diritti che ci appartengono.

E’ per questo che c’è la necessità che questo percorso continui, si ampli e possa continuare ad esprimersi in modi sempre nuovi e sempre più diretti ed antagonisti al Sistema.

“IL NOSTRO FUTURO NON LO DELEGHIAMO, QUELLO CHE CI SPETTA CE LO PRENDIAMO!”

14-17 novembre: 4 giorni di lotte. Vogliamo tutto!

Oggi più di ieri, in piena crisi del sistema capitalista-finanziario, è necessario creare e costruire alternative concrete, e per questo crediamo che il Mondo del Sapere sia oggi l’unico a poter rendere concreto il cambiamento.

Aprire le menti a nuovi orizzonti, eliminare gli schemi dentro cui spesso siamo costretti a ragionare, conoscere, approfondire e comprendere tutti i danni che il capitalismo comporta ed ha comportato, per inventare il nuovo.

È di Sapere Altro che c’è bisogno, e di lotte quotidiane che aprano spazi mentali e fisici in cui questo sapere possa svilupparsi.

Il percorso intrapreso il 23 Ottobre, insieme ad alcuni collettivi studenteschi ed universitari, va proprio in questa direzione: un percorso che oggi ci ha portato a definire 4 giornate di lotta che concretizzino le nostre parole.

È con – e nello – spezzone Vogliamo Tutto che scenderemo in piazza a Catania dal 14 al 17 Novembre. Uno spezzone, autonomo da partiti e sindacati, che esprima la voglia di chi come noi crede che da questa crisi si possa uscire solo con l’abbattimento del sistema attuale.

“Vogliamo Tutto” esprime le istanze di una riappropriazione diretta di spazi e saperi e di tutto ciò che ci spetta.

Calendario delle lotte:

 

-calendario in continuo aggiornamento-

Governo dei professori: BOCCIATO!

Poco meno di un anno fa cadeva il governo Berlusconi e il governo Monti prendeva il suo posto. Governo, questo, di professori che avrebbe dovuto risanare la precaria situazione economico-finanziaria del paese, col PIL in calo, la disoccupazione in crescita e lo spread arrivato a livelli record. Quasi tutti i partiti parlamentari hanno, fin da subito, costituito le fondamenta di questo governo tecnico, appoggiando e sostenendo la sua presenza in parlamento. Per mesi, se da un lato c’erano i Bersani, gli Alfano e i Casini che giustificavano il loro comportamento presentandolo come “atto di responsabilità” e “unica via possibile” per il paese, dall’altro Monti e il suo governo promettevano sviluppo e crescita dopo aver “messo a posto” i conti. Dopo quasi un anno possiamo permetterci di fare un bilancio e possiamo anche permetterci di puntare il dito contro qualcuno.

– Il PIL è in calo, con stime che arrivano anche al -2,5%;
– la disoccupazione bussa pericolosamente all’11% e un giovane su tre è disoccupato;
– il tanto temuto spread, dopo una breve pausa, sembra non scendere volentieri;
– di soldi investiti in una qualsiasi attività che possa aiutare e incentivare non se ne vede l’ombra.
L’imperativo di quasi un anno di governo tecnico è stato “TAGLIARE!”: tagliare in nome dell’Europa (incarnata in frau Merkel), tagliare in nome della BCE, tagliare in nome del fiscal compact, tagliare in nome del pareggio in bilancio. Tra i tagli anche aumenti delle imposte spaventosi, oltre che l’introduzione di nuove tasse, per cui i servizi sono stati ridossi all’osso, l’incubo delle privatizzazioni è sempre in agguato e per qualsiasi persona normale, con uno stipendio normale (o un non-stipendio normale) è diventato praticamente impossibile vivere.A fronte di questa situazione, diverse aree di movimento (e non) hanno lanciato un’importante data nazionale, il 27 ottobre, per dire che non possiamo stare più a queste regole del gioco, che dopo un anno di tagli chiamati “riforme” l’esasperazione è arrivata a livelli estremi e che, se un anno fa la situazione economica reale del paese era difficile, ora è disastrosa. “No Monti day” è il giorno in cui si dice no alla riforma delle pensioni, no alla riforma del lavoro, no a questa finta lotta contro i privilegi, no al rincaro delle tasse per le solite fasce di reddito, no al taglio di servizi statali primari, no allo svilimento e alla disperazione.Se la realtà nazionale sembra già così complessa, quelle locali lo sono ancora di più, soprattutto se si volge lo sguardo a sud. In una città come Catania, umiliata e sfruttata da anni, il linguaggio della crisi e del sacrificio si parla da tempo, prima ancora che i telegiornali si accorgessero che “c’è la crisi”. I lavoratori sono già da anni sfruttati, magari in nero, e sottopagati, le istituzioni sono sempre state assenti, volgendo lo sguardo dalla parte opposta dei quartieri popolari, quelli che hanno più bisogno, quelli che sono stati lasciati alla mercé mafiosa. Quando si vive in una città dove la dispersione scolastica è molto diffusa, dove le risposte a domande e bisogni spesso vengono da chi ha interesse a mantenere la città nel degrado, dove o ti arruoli con la mafia o ti arruoli nell’esercito, le risposte del governo nazionale sono improponibili, impossibili da sostenere.

Anche Catania deve scendere in piazza il 27 ottobre per reagire ad anni di governi locali irresponsabili e impreparati, ad un anno di governo delle banche, a sciacalli che offrono precari posti di lavoro o buste della spesa per essere votati, guadagnando sulle difficoltà altrui. I nostri “no” sono in realtà dei “sì”, delle spinte propositive che portano a vedere la scuola e l’istruzione in generale come l’unico modo per riscattarsi, che pensano che delegare ad altri la responsabilità di migliorare le cose non sia più possibile e che sia ora, insieme, di prenderci le attenzioni che ci spettano e di crearci delle opportunità.

Facciamo appello alle realtà di movimento della città e ai singoli individui di mettere in piazza idee, desideri, mani e corpi, di costruire insieme un movimento di opposizione sociale dal basso, che punti alla riappropriazione delle proprie esistenze e delle proprie scelte, non più disposti a sottostare a nessun tipo di diktat.

(Per adesioni aleph@paranoici.org)