Ci abbiamo provato tra Aprile e Maggio, quando dicemmo che, in questo mondo globalizzato, le lotte andavano estese oltre ogni confine, perchè NoMUOS si può esserlo anche non vivendo in Sicilia o in Italia.
Così prese forma un tour NoMUOS in Portogallo con incontri e banchetti nelle principali città.
Non avevamo, inizialmente grosse aspettative, ma, sin da subito, questa lotta si è rivelata, a causa dell’ ampiezza e diversità delle sue istanze, possibile elemento aggregante tra compagni e non, di diversi paesi.
Insomma, l’ entusiasmo e la voglia di partecipare, di portare solidarietà che si è creata in quegli incontri e nei giorni a venire, ci ha dato la spinta per immaginare un proseguo.
Così, dopo due mesi, eccoci di nuovo a superare barriere fisiche e mentali per approdare in Spagna con un nuovo NoMUOS tour.
A causa della vastità del paese abbiamo voluto concentrarci su una specifica aerea, nella quale verrano fatti incontri “ufficiali” e numerosi banchetti.
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18G: mobilitazione nazionale contro gli sfratti
Agli inizi di giugno a Roma una folta assemblea fatta di tutte le realtà italiane di lotta per la casa hanno indetto una giornata di mobilitazione locale a livello nazionale contro gli sfratti e gli sgomberi per il 18 giugno.
Negli ultimi anni, infatti, gli sfratti (principalmente per morosità, ovvero mancato pagamento dell’affitto mensile) sono aumentati esponenzialmente: è chiaro come all’aumentare degli affitti sono aumentate anche le difficoltà nel pagarli per famiglie, studenti e migranti colpiti sempre e sempre di più da crisi e disoccupazione. Solo nel 2012 gli fratti emessi sono stati 70 mila a fronte di un aumento del 130% del prezzo dell’affitto: insomma, un vero salasso. Mentre le liste dei richiedenti per un alloggio popolare aumentano (solo nel 2012, 650 mila le famiglie in attesa di una casa) più di 88 mila case private sono sfitte, non usate, abitabili.
La situazione, nel complesso, è certamente di emergenza.
La risposta a questo stato di cose è stato un aumento delle occupazioni a scopo abitativo, così come le reti anti-sfratto attive sul territorio. I tanti sportelli per la casa, molti dei quali nati proprio dei centri sociali occupati, danno da molto tempo supporto legale e militante durante gli sfratti, tentando di contrastare le irregolarità e, quando necessario, impedendo fisicamente gli sfratti. Molti i casi di proroga ottenuti. Ormai non ha più importanza la natura della proprietà, se pubblica o privata: davanti ad un’esigenza così importante, l’organizzazione e la mutua solidarietà riescono a scavalcare persino i vecchi convenevoli.
Se la situazione italiana è così grave, altrettanto è quella cittadina. Il Comune di Catania infatti non emette bandi per assegnazioni di case popolari dal 2006. Però le liste delle richieste vedono incolonnati centinaia e centinaia di nomi. Catania è anche la città dove gli affitti, quasi sempre in nero, non possono essere pagati da studenti, costretti a non frequentare l’università per vivere con i genitori in provincia, a chilometri di distanza; non possono essere pagati nemmeno da chi un lavoro non ce l’ha; per non parlare di chi si ritrova ai margini della società perché malato o, peggio ancora, perché non ha un pezzo di carta con scritto “permesso di soggiorno”.
Ecco quindi che ci ritroviamo in una città che sgombera il palazzo delle poste, il palazzo di cemento, il palazzo Bernini e Corso dei Martiri senza prevedere delle soluzioni efficaci e tempestive, costringendo intere famiglie a dormire per strada o dentro carcasse di auto abbandonate.
Per questo oggi abbiamo deciso di lanciare un segnale, seppure simbolico, da un luogo che recentemente è stato sgomberato dal Comune, ovvero le cosiddette “fosse” di viale dei Martiri, dove il modus operandi è stato lo stesso, ovvero “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”. Le persone che abitano questi luoghi vengono semplicemente allontanate e lasciate al loro destino, troppo spesso senza offrire una soluzione alternativa. Quindi la storia si ripete, il problema si ripresenta in altri luoghi e in altri quartieri.
Le “fosse” di viale dei Martiri, considerate una “ferita” al centro della città, sono probabilmente destinate al solito progetto di speculazione edilizia. Il palazzo Bernini, le “fosse” e ogni altro edificio pubblico abbandonato sono per noi oggi un simbolo della tremenda amministrazione che non guarda in faccia i bisogni, che preferisce giocare sulla pelle degli altri per salvaguardare le apparenze, che non riesce a sfruttare le sue risorse e preferisce il degrado. Questi luoghi però ci hanno insegnato tanto e significano per noi non solo quello che riteniamo sbagliato e vorremmo cambiare, ma anche e soprattutto quello da cui vorremmo ripartire. Abbiamo imparato che – seppure provenienti da diverse culture – le persone, socializzati i bisogni, possono fare della diversità una risorsa e delle similitudini un punto su cui fondare una piccola comunità. Da quell’esperienza abbiamo ideato il “Piano Abitazioni Bianche” che tenta di mettere in relazione chi una casa non ce l’ha con degli spazi vuoti, inutilizzati eppure abitabili.
Se una soluzione esiste sta nell’auto-organizzazione.
BLOCCA GLI SFRATTI – OCCUPA GLI SFITTI
Sghino finalmente LIBERO!
A giugno 2012, alle 4 del mattino, i ROS iniziavano l’ “Operazione Ardire” (ordinata da un PM di Perugia), entrando in una quarantina di case di alcune compagne e compagni anarchici e arrestandone circa 10. Tra questi Peppe, accusato di “partecipazione ad associazione terroristica con finalità eversive e istigazione a delinquere”. Secondo gli inquirenti, i comunicati e i documenti pubblicati da Peppe su Parole Armate erano troppo vicini alle reti anarchiche FAI (Federazione Anarchica Informale) e FRI (Fronte Rivoluzionario Internazionale), le stesse che, a loro dire, avevano a che fare con la gambizzazione di Adinolfi. Insomma, scrivere su un sito è sembrato sufficiente al PM per ordinare il sequestro del computer e di alcuni libri di Peppe, compreso il suo arresto in assenza di condanna definitiva. Da qui, la storia di Peppe è fatta di lunghe attese nel carcere di Alessandria prima e Ferrara dopo, sempre in alta sorveglianza: attese in cui si vede rifiutata più volte la richiesta di domiciliari; attese in cui gli rifiutano persino il trasferimento al carcere di Catania; attese in cui il suo arresto viene confermato dopo mesi, seppur in assenza di pena; attese fatte di trasferimenti da un carcere ad un altro, sempre troppo lontano da casa. “Si dice che lo stolto, invece di puntare gli occhi sulla luna, si soffermi a rimirare il dito che la indica. Eppure, senza voler giustificare lo stolto o reputarmi tale, credo sia difficile alzare lo sguardo al cielo quando questo non fa che coprirsi sempre più di sbarre. Dire ciò potrà sembrare scontato dato che la luna, da dove mi trovo adesso, posso solo immaginarla ma le sbarre di cui parlo non caratterizzano solo la prigione bensì sono parte integrante, sotto varie forme, dell’intero dominante che ammorba l’esistente.” Scrive così Peppe da Alessandria dopo tre mesi di carcere.
L’ultima volta che abbiamo visto Sghigno eravamo tutti stipati in un’aula del tribunale di Catania. Era Gennaio di quest’anno. Aveva in corso un processo per un attacchinaggio e una multa che non aveva intenzione di pagare. Eravamo tutte e tutti lì, stretti, quasi contenti di avere quell’occasione per vederlo ma, soprattutto, per fargli sentire la nostra presenza, la nostra solidarietà. Erano passati quasi otto mesi dal suo arresto e la distanza che ci separava la sentiva lui come noi. Anche in quell’occasione abbiamo potuto assaporare l’amaro sapore della repressione: ammanettato e circondato da sbirri in borghese, non è stato possibile stabilire che un brevissimo contatto visivo, mentre la Digos, in maniera del tutto non autorizzata, riprendeva i nostri volti e le nostre voci. Dopo mesi di libertà gli hanno voluto negare anche la possibilità di assaporare la solidarietà dei suoi compagni, finalmente presenti fisicamente, dopo mesi e mesi di lettere.
Con questa immagine impressa nella mente arriva qualche giorno fa la bella notizia della scarcerazione di Peppe: all’ennesima richiesta di proroga degli arresti finalmente una risposta negativa. DOPO UN ANNO IN CARCERE IN ATTESA DI GIUDIZIO, SGHIGNO E’ ORA LIBERO!
Notizia questa che ci fa gioire ma non deve farci dimenticare chi, tra tante compagne e compagni, è ancora dentro, ingiustamente: tra gli ultimi Jimmy, arrestato qualche settimana fa dopo un anno di latitanza. Non dimenticarci di loro significa ricordarsi che la Solidarietà, quando messa bene in atto, è un arma contro ogni forma di repressione.
“Siamo tutte e tutti carcerati, poiché una società che ha bisogno del carcere, di rinchiudere ed escludere, è essa stessa carcere. Ma non sarà mai incarcerabile la gioia del sogno della libertà dai padroni e dalle loro galere, la gioia di una solidarietà in lotta” [Marco Camenisch]
Sghino libero… finalmente!
Liberi tutt*!
NoMUOS – fermo violento, ancora repressione.
Dal Presidio Permanente arriva la notizia di un fermo ai danni di uno dei militanti NoMUOS.
Ma non finisce qui, perché, uscito dal Commissariato di Niscemi, il compagno é dovuto ricorrere a cure mediche al pronto soccorso, riportando un’ ecchimosi alla fronte.
E’ ancora una volta una repressione infima e piena di abusi di potere, ma che non scalfisce il Movimento, anzi lo unisce.
Solidarietà al compagno fermato e sdegno per quegli uomini(?) in divisa.