Quelle che state per leggere sono le nostre riflessioni a caldo scaturite dalla lettura di questa notizia stamane sui quotidiani locali.
Non è utile in questo momento parlare della cronaca dei fatti, anche se sarebbe interessante capire un paio di cose. Per esempio, capire come possa essere avvenuto uno “scontro a fuoco” tra delle pistole giocattolo dei ragazzini rapinatori, e le pistole vere dei poliziotti; o ancora, sarebbe interessante capire il numero di colpi esplosi dalle pistole vere dei poliziotti, che pare siano stati numerosi. Tutto questo, e molto altro, vorremmo capire. Ma non è questo adesso il punto.
Perché leggendo la cronaca locale, la prima cosa che ci viene in mente è se si può accettare che un ragazzo muoia, freddato dalla pistola di un poliziotto fuori servizio, e un altro a 15 anni sia in fin di vita all’ospedale per lo stesso motivo. Ce lo chiediamo perché, tra lo stupore generale di tutti, nessuno pare porsi questa domanda.
A Catania però succede che si muore. Si muore e ci si ferisce; si rapina e si spaccia… insomma, a Catania la vita non è un gioco. Nemmeno per i bambini.
Povertà e miseria, ricatto e minaccia: questo è che quello che tanti vivono quotidianamente.
Molti invocano a gran voce più legalità, ma al momento l’unica legalità vigente in certe zone della città è quella di un sistema, di un governo, che non aiuta, che reprime e spesso lascia morire; alle volte ne è anche causa, per mezzo di quegli uomini in divisa che fanno morti a suon di pistole e manganelli.
Eccola la legalità a cui siamo abituati.
E così succede che un ragazzino a Catania, non lo ritrovi a giocare alla Playstation o a fare sport, ma dietro la cassa di un benzinaio, con una pistola giocattolo, a tentare di rapinarla.
Noi non conoscevamo Francesco e non sappiamo perché fosse lì. Forse era solo una ragazzata, forse aveva davvero bisogno di quel denaro. Il punto è che è stato ucciso perché sparato da un poliziotto fuori servizio, che ha deciso di difendersi da una pistola giocattolo con dei proiettili veri.
Questa è la giustizia che vogliamo? Questa la giustizia che invochiamo? Libertà per gli uomini in divisa di uccidere senza pietà, senza se e senza ma?
Adesso, chi se ne assume la responsabilità?
Così, a caldo, dopo aver letto la notizia, siamo sbigottiti. E arrabbiati. Perché lo Stato in certi quartieri popolari è l’esattore delle tasse, l’ ufficiale giudiziario venuto a intimare lo sfratto, il poliziotto che minaccia e spesso spara. Questa non è per noi giustizia, e chi vive un quartiere sa quante sono le difficoltà e le contraddizioni che si è costretti ad affrontare quotidianamente.
Noi non conoscevamo Francesco e non sappiamo perché abbia deciso di prendere una pistola giocattolo e tentare di rapinare un benzinaio. Però sappiamo che un poliziotto ha deciso di premere per più volte un grilletto, davanti a un giocattolo di plastica.
Per noi, Francesco è l’ennesima vittima dello Stato.