Negli ultimi 20 anni 2.5 milioni di persone sono emigrate dal Sud, soprattutto giovani, partiti per studiare o lavorare.
L’isola spesso decantata per le sua indiscussa bellezza, ad un certo punto sembra essere così ostile e inospitale da spingere tante e tanti a fare i bagagli. Il risultato è un territorio sempre più sterile e impoverito, con piccoli paesi destinati a scomparire e città svuotate.
Oggi, rimanere al Sud, in Sicilia, è un atto di resistenza.
Resistiamo in mezzo ad una matassa di macro e micro poteri, resistiamo ad una mentalità comune abituata alla rassegnazione e all’accettazione, resistiamo ad un sistema capitalista in cui sfruttare è l’unico verbo riconosciuto, resistiamo a politici che lucrano ogni giorno sulla nostra pelle.
Che fare quindi? Prima di tutto scegliere.
Scegliere di rimanere, che non è scontato, né per lo più facile.
Porselo come imperativo se si pensa che a rimanere invece è il peggio della politica e dell’economia nostrana che negli anni questa terra l’ha solo affossata.
Chi ha deciso che al Nord si deve studiare, lavorare, vivere meglio che qui? Vogliamo tutto! Vivere e lottare a scuola, a lavoro, in quartiere, ovunque per difendere il mio territorio, per cambiarlo e migliorarlo.
Domandarsi costantemente:“Ma se non lo faccio io, perché dovrebbe farlo qualcun altro?”
E poi ancora rompere la gabbia dell’isolamento, mettersi in comune e resistere insieme.